Mario Draghi (foto LaPresse)

E' già il momento del Qe2?

Draghi, l'idea di un'altra mossa espansiva e i tanti ostacoli fattuali e ideologici

Marco Valerio Lo Prete
La tentazione di una nuova iniezione monetaria, l’ok di Madrid e Roma, ma Weidmann teme le sirene politiche. White e la “trappola del debito”. Tutte le analisi della Bundesbank contro il Qe.

Roma. E’ già arrivato il momento per l’Europa di pensare al Qe2, cioè a una seconda tranche di espansione monetaria straordinaria sotto forma di Quantitative easing? Così sembra, almeno a giudicare dalle attese di Borse, operatori di mercato e analisti che contemplano perlopiù insoddisfatti la ripresa dell’Eurozona. Domani, dalla riunione del Consiglio direttivo della Banca centrale europea che si terrà in via straordinaria a Malta, ci si attendono segnali, anche flebili. Decisioni nessuno se ne aspetta invece, almeno fino alla riunione di dicembre in cui la Bce diffonderà anche previsioni aggiornate su crescita e inflazione. Il Qe o allentamento quantitativo della Bce è stato annunciato nel gennaio scorso, poi avviato a marzo, dopo che già da sei anni la Fed americana aveva iniziato ad acquistare bond e asset vari in quantità. Mario Draghi ha detto che gli acquisti continueranno sicuramente fino a settembre 2016, ma la forza del programma è nel suo carattere “open ended”, visto che il Qe proseguirà in ogni caso se l’aumento dei prezzi non si sarà avvicinato alla soglia del 2 per cento come da statuto della Bce. A 11 mesi dal settembre 2016, però, l’andamento ancora debole dell’inflazione e il nuovo rafforzamento dell’euro rispetto al dollaro inducono a riflettere su un potenziamento del programma. Ieri Luis María Linde, governatore della Banca centrale spagnola, ha sottolineato che alla luce della congiuntura “la Bce, se lo ritiene necessario, può usare la flessibilità conferita al Qe per estenderne l’ammontare o modificarne la composizione”. Alla “possibilità di variare dimensione, composizione e durata” del Qe ha fatto riferimento anche la Banca d’Italia nel suo Bollettino di ottobre. Tuttavia il partito del “no” si fa sentire, con varie ragioni ideali e fattuali dalla sua.  

 

“La Bce, seppure urlando e scalciando, si è fatta trascinare nell’esperimento della moneta ultra-facile in corso in tutto il mondo”, dice al Foglio William R. White, presidente dell’Economic and development review committee dell’Ocse dal 2009, con un passato nelle Banche centrali di Inghilterra, Canada e Stati Uniti prima di approdare alla Banca dei regolamenti internazionali. White, a margine di un convegno dell’Istituto Bruno Leoni presso la Fondazione Roma, ammette che Draghi “si confronta con una difficoltà in più, quella di gestire la politica monetaria di un’area valutaria che rischia di sgretolarsi. Perciò il ‘whatever it takes’ e l’Omt (Outright monetary transactions, ndr) del 2012 furono mosse intelligenti. Il Qe invece non ha come obiettivo la stabilizzazione dell’euro”. Per White la Bce, a differenza della Fed, ha chiaro che i problemi odierni dell’economia “non si risolvono solo stampando moneta”, ma con il Qe “ritarda il processo di disindebitamento di stati e banche, crea incertezza negli animal spirits e in definitiva contribuisce a ridurre il potenziale di crescita dei paesi”. Disintossicarsi da tutta questa liquidità e uscire dalla “trappola del debito”, secondo White, sarà complicatissimo.

 

[**Video_box_2**]Il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, fiero avversario del Qe e dell’ipotetico Qe2, ritiene invece che saranno soprattutto i fattori politici a ostacolare un ritorno alla normalità monetaria. La prova? I governi di molti paesi dell’Eurozona, eliminato il vincolo dello spread rampante, tornano a far lievitare il rapporto deficit/pil. Anche in Italia. Gli economisti della Bundesbank, poi, da settimane riforniscono il loro governatore di analisi che dimostrerebbero l’effetto quasi nullo o addirittura negativo del Qe. La Bce parla di una ripresa del credito e di una maggiore facilità nell’ottenimento dei prestiti da parte delle aziende, la Bundesbank risponde che la quantità di moneta e i prestiti stavano risalendo già a gennaio. La Bce lascia intendere che il Qe aiuta la ripresa attraverso la svalutazione dell’euro rispetto al dollaro, la Bundesbank risponde che le esportazioni tedesche di alta gamma dipendono più dalla domanda esterna che da lievi cambiamenti di prezzo. A Washington c’è chi dice che senza Draghi e il tandem Omt-Qe non avremmo più l’euro, dalla Bundesbank replicano che non abbiamo il controfattuale e che il Qe è partito troppo presto annullando gli effetti di politiche già in campo (Tltro, per esempio). Gli economisti di Weidmann aggiungono che, comprimendo oltremodo i tassi di interesse, il Qe dimezza la redditività di banche e assicurazioni in Germania, penalizzando il tedesco medio che così è spinto a risparmiare di più. Quella verso il Qe2, insomma, non sarà una passeggiata.    

Di più su questi argomenti: