Il dibattito sulla Salute è tradito da tic sindacal-politicisti
Milano. Quando la battaglia politica si fa dura anche i numeri diventano opinioni e i fatti interpretazioni. Solo in questo modo si possono sostenere posizioni contraddittorie come l’accusa delle opposizioni al governo di presentare una legge di Stabilità piena di “tagli selvaggi” ma senza il coraggio di fare la “spending review”, oppure come la definizione da parte del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan di una manovra “espansiva e allo stesso tempo di risanamento”. Il dibattito che più di tutti è stato piegato alle esigenze propagandistiche delle forze politiche è quello che riguarda la sanità: da un lato opposizioni e sindacati denunciano tagli alla spesa di 2 miliardi per il prossimo anno che si aggiungono ai 30 miliardi degli ultimi anni, dall’altro la maggioranza e il governo parlano di un aumento di 1 miliardo della spesa sanitaria, “l’unico settore dove c’è stato un aumento del 40 per cento rispetto al 2002”. Ma la spesa sanitaria aumenta o diminuisce?
La questione è tutta nella differenza tra spesa reale e spesa tendenziale. Per l’anno prossimo il fondo sanitario passerà da 110 a 111 miliardi, quindi aumenterà come dice il governo, ma due miliardi in meno di quanto il governo stesso aveva previsto in estate in accordo con le regioni. Il taglio quindi non riguarda la spesa ma l’aumento della spesa: si spenderà di più, ma meno di quanto inizialmente previsto. Può questo rallentamento della crescita della spesa mettere a rischio la salute dei cittadini? Difficile sostenerlo, visto che la totalità delle forze politiche da anni denuncia l’enorme quantità di sprechi e inefficienze nella Sanità. Secondo la fondazione Gimbe nel 2014 nella spesa sanitaria sono andati sprecati 25 miliardi, il 23 per cento dei 111 miliardi totali, quasi un euro su quattro. La somma delle inefficienze che include servizi inappropriati, frodi, corruzione, acquisti inutili, burocrazia e disorganizzazione, dà anche l’idea di quanto valga in proporzione il risparmio del “decreto appropriatezza” volto a ridurre i cosiddetti “esami inutili”.
[**Video_box_2**]Il giro di vite sulla prescrizione di 208 esami diagnostici deciso dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che secondo i più allarmisti lascerà morire i cittadini senza sapere di essere malati, mira a risparmiare solo 180 milioni, poco più dello 0,1 per cento della spesa sanitaria. La cifra è appena l’1,8 per cento della cosiddetta “medicina difensiva”, ovvero dell’eccesso di trattamenti inutili, sovraprescrizione di esami e farmaci, sovrautilizzo di ricoveri e visite per evitare possibili contenziosi con i pazienti, che il ministero della Salute attraverso l’Agenas valuta 10 miliardi, circa il 10 per cento della spesa sanitaria totale. “Su questo tema si è fatto molto rumore per nulla – dice al Foglio il dott. Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe che ha lanciato la campagna “Salviamo il nostro Ssn” – Se guardiamo la lista dei 208 esami, la gran parte sono test genetici specialistici o di medicina predittiva che giustamente potranno essere prescritti solo da specialisti e non più dal medico di famiglia. Il cittadino non rischia assolutamente nulla”. Il “decreto appropriatezza” poteva essere l’occasione per parlare di questioni più importanti e rischi reali: “C’è un abuso di prescrizioni diagnostiche e di laboratorio che non servono a ridurre né la mortalità né la morbilità – dice Cartabellotta – Fare troppi esami può portare a un eccesso di medicalizzazione e quindi provocare danni al paziente. Non è vero che “più esami faccio meglio sto”, in molti casi “less is more”.
Questa riflessione che riguarda la salute dei cittadini e la sostenibilità del sistema sanitario, le buone pratiche, i conflitti d’interesse e gli incentivi che spingono medici e strutture sanitarie pubbliche e private a prescrivere test e prestazioni superflue, è stata totalmente messa da parte per fare posto a un surreale dibattito sulla libertà di prescrizione incondizionata dei medici e il diritto dei pazienti a ogni tipo di esame. E’ bastato che il governo prevedesse delle sanzioni contro i medici per le prescrizioni inutili per spostare la discussione dal terreno naturale dell’appropriatezza scientifica a quello politico-sindacale: “Il governo ha fatto un pasticcio a mettere insieme appropriatezza prescrittiva e sanzioni ai medici, ma c’è stata una levata di scudi corporativa da parte dei sindacati che hanno usato i proclami sulla libertà professionale incondizionata per difendere alcuni privilegi”. Ed è così che il taglio dello 0,1 per cento della spesa è diventato un attacco ai diritti fondamentali dei cittadini.