Rivoluzione, sì, ma in che senso?
Cosa cambia per le banche con l'ingresso dell'Italia nel club dei tassi a zero
Roma. “Stiamo vivendo mesi decisivi per la ripresa in Italia e in Europa: la ‘rivoluzione bancaria’ è in atto soprattutto in Italia e sta dando frutti”. Lo ha detto ieri Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), alla Giornata mondiale del risparmio, citando il “record di incremento dei mutui” (più 92,1 per cento nel 2015 dall’anno scorso) e dei prestiti alle imprese (più 16,2). Per comprendere quanta parte di questa rivoluzione sia farina del sacco delle grandi banche italiane, conviene osservare che ieri, proprio mentre Patuelli parlava, il Tesoro faceva il pieno all’asta dei Bot a sei mesi, con 6 miliardi di euro di titoli di stato piazzati per la prima volta a un tasso negativo di meno 0,055. Ci sono quindi investitori disposti in linea di principio a rinunciare a ogni remunerazione e anzi a pagare una piccola commissione per acquistare titoli di un paese il cui debito pubblico è pari al 135 per cento del pil. Due giorni fa era già successo per 1,75 miliardi di CTz a due anni, tanto che il Sole 24 Ore ha dedicato all’evento la prima pagina di ieri, e il Financial Times sempre in prima titolava sull’Italia “entrata nel club esclusivo dei tassi negativi”. Un club finora riservato a paesi come Germania, Francia e Svizzera, le cui regole d’accesso hanno molto a che fare con la “rivoluzione bancaria” di cui ha parlato Patuelli. Perché, fuor di retorica, è indubbio che tale rivoluzione del credito sia in ampia parte subìta da molti operatori italiani. I tassi negativi, frutto della politica espansiva di Quantitative easing (Qe) della Banca centrale europea, influenzano il modus operandi delle nostre banche. Da fuori confine, poi, per esempio dal Fondo monetario internazionale, sono arrivate forti pressioni per un superamento dell’attuale assetto delle Popolari. Infine è sempre ad attori internazionali che governo e Banca d’Italia si devono oggi rivolgere per la partita dei crediti deteriorati.
Carlo Milani, analista del Centro Europa Ricerche, riflette sulle conseguenze dei tassi negativi in Europa per le banche italiane, anche dopo che ieri sera la Fed americana ha fatto sapere che ritiene “possibile” un rialzo dei tassi a dicembre, pur lasciandoli nel frattempo invariati e vicini allo zero: “I tassi negativi indotti dalla politica di acquisto di titoli della Bce limano innanzitutto la redditività degli istituti che si trovano ad acquistare titoli di stato che rendono meno – dice Milani al Foglio – Più in generale, si stanno abbassando i rendimenti su tutte le scadenze, come dimostra la discesa sotto i 100 punti dello spread tra Btp decennale e Bund tedesco. Ciò rende meno redditizia la principale attività delle banche che consiste nella trasformazione delle scadenze”. Cioè nel prendere a breve, per esempio dai depositi, e nel prestare a medio-lungo termine.
[**Video_box_2**]Se i margini di guadagno sul fronte del credito si riducono, come conseguenza dello stimolo monetario, una strada da percorrere è quella dei “maggiori volumi” di mutui e di prestiti, strada interdetta però alle piccole banche, ragiona Milani. Da qui il fenomeno di piccoli istituti che iniziano a vendere prodotti per conto dei grandi. D’altra parte gli istituti, con le plusvalenze finanziarie che derivano dalla vendita odierna di titoli acquistati negli scorsi anni con tassi maggiori, possono invece rafforzare i loro bilanci. Ma è difficile dire che questo secondo effetto compensi del tutto la minore redditività di cui sopra – conclude l’economista – specie per le banche più piccole. Sono queste ultime, in particolare, a rimanere appese a un altro dossier che non dipende solo da Roma: perché è difficile smaltire le sofferenze (arrivate al 10,3 per cento di tutti i prestiti in essere) senza una stampella esterna. Per molti la stampella si chiama “bad bank” con garanzia pubblica, ma proprio ieri Ignazio Visco, il governatore della Banca d’Italia, si è limitato a dire che “la fattibilità del progetto verrà definitivamente accertata nelle prossime settimane”. Nel frattempo, “indipendentemente” da quello che deciderà la Commissione Ue, gli istituti si devono adoperare per smaltire il fardello. Anche qui un’altra “rivoluzione”, pronta a mutare direzione in base al responso di Bruxelles.