Perché in Italia non è ancora finito il Medioevo digitale
Sullo sviluppo della banda larga e ultralarga, se l’Italia piange gli altri paesi europei non ridono. E’ questo, in estrema sintesi, il messaggio contenuto nello studio pubblicato dal think tank politico-economico Bruegel, il cui titolo è tutto un programma: "Why is Europe lagging on NGA"
Sullo sviluppo della banda larga e ultralarga, se l’Italia piange gli altri paesi europei non ridono. E’ questo, in estrema sintesi, il messaggio contenuto nello studio pubblicato dal think tank politico-economico Bruegel, il cui titolo è tutto un programma: "Why is Europe lagging on NGA (Next Generation Access) networks?". Il rapporto denuncia il ritardo accumulato dai paesi dell’Unione nello sviluppo delle infrastrutture che permettono l’accesso all’alta velocità digitale rispetto ad altre realtà virtuose come Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti. “In alcuni paesi il dispiegamento della banda ultra-larga è partito solo su piccola scala o addirittura non è partito affatto” – si legge nel paper – mentre “gli operatori si concentrano su interventi migliorativi della vecchia linea in rame, molto meno onerosi”, ragion per cui “l’obiettivo della Digital Agenda per la connessione a 100 mbps è ancora ben lungi dall’essere raggiunto”.
Gli obiettivi fissati da Europa 2020 – la strategia di crescita decennale elaborata dalla Commissione Europea – prevedono che entro tale data la totalità della popolazione sia coperta dalla connessione a 30 mbps, mentre almeno la metà da quella a 100 mbps. Nonostante gli innegabili progressi compiuti l’Italia rimane il penultimo paese nell’Europa a ventotto in termini di copertura NGA (36% delle famiglie contro il 68% a livello europeo).
Il Foglio ha voluto parlarne con l’onorevole Stefano Quintarelli di Scelta Civica, presidente del Comitato di indirizzo dell’AgID, l’agenzia che ha il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana e che svolge una funzione di supporto ai vari ministeri per lo sviluppo digitale della PA. “Ci sono diversi fattori che hanno influenzato l’arretratezza digitale in Italia”, esordisce Quintarelli. “Prima di tutto fattori di natura infrastrutturale: la scelta storica di un ultimo miglio più corto da un lato ci ha consegnato allora una delle reti telefoniche migliori d’Europa, dall’altro significa più centrali da coprire”. Ci sono poi cause di natura demografica e legate all’orografia: “a differenza di altri paesi siamo meno inurbati, perciò per raggiungere alte percentuali di copertura bisogna spingersi a coprire anche centri con un numero modesto di abitanti, con ritorno dell'investimento più difficile. Non bisogna poi dimenticare la struttura del nostro territorio che complica le cose”.
E la scarsa cultura digitale? Secondo la Digital Agenda Scoreboard 2015, il documento che raccoglie lo stato d’avanzamento rispetto agli obiettivi Europa 2020, l’Italia è quarto in termini di percentuale di individui che non hanno mai utilizzato internet (18%), mentre è quartultimo se si considera la percentuale di coloro che utilizzano regolarmente la rete (59% contro la media EU-28 del 75%). “E’ vero, in Italia la domanda digitale è più bassa rispetto ad altre regioni d’Europa. Ma non bisogna dimenticare i fattori climatici, che influenzano le preferenze dei cittadini verso altre tipologie di servizi. Da questo punto di vista ci troviamo in una situazione simile a Spagna e Grecia”. “Inoltre – prosegue Quintarelli – se spacchiamo i dati la situazione non è così drammatica: la stragrande maggioranza degli over 55 possiede una scarsa conoscenza dell’inglese, la 'lingua franca' della tecnologia, mentre tra i più giovani le percentuali sono molto più alte”.
[**Video_box_2**]Ma in concreto cosa si sta facendo per colmare il gap accumulato in questi decenni? Lo scorso marzo il governo ha approvato la strategia per la banda ultralarga e per la crescita digitale, e Matteo Renzi ha dichiarato che “entro un triennio saremo leader in Europa”. Proprio in questi giorni la Corte dei Conti ha registrato la delibera del Cipe che eroga i primi 2,2 miliardi per interventi di immediata attivazione, in attesa di ulteriori risorse fino a 4,9 miliardi.
“L’obiettivo del governo è molto ambizioso: senz’altro con questi stanziamenti ci avviamo nel periodo indicato ad uscire dal gruppo degli ultimi; per completare il piano saranno poi necessari altri cinque anni”, afferma Quintarelli. La crescita digitale può portare una crescita quantificabile in un 3 per cento di pil. In gioco però non c’è solo l’economia, ma anche l’ormai improcrastinabile uscita dell’Italia dal medioevo digitale.