Cosa sappiamo del viaggio di Descalzi in Israele
Roma. L'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, è volato in Israele per incontrare il premier Netanyahu e discutere con i vertici di Gerusalemme della possibile costruzione di un hub energetico mediterraneo. Al di là dello scarno comunicato con cui l'azienda italiana ha dato notizia della visita israeliana, ci sono una serie di elementi che è possibile leggere tra le righe. L'obiettivo ambizioso di Descalzi è quello di mettere in connessione le risorse gasiere del bacino levantino del Mediterraneo (che coinvolgono sostanzialmente, Egitto, Cipro e Israele) sia attraverso la messa a regime dei campi offhsore, sia attraverso lo sviluppo di una rete di gasdotti che collegando i tre paesi sia capace, in futuro, di collegarsi alla rete continentale dei tubi (vedi Tap e Tanap) che dall'Asia centrale porta il gas in Europa.
La scoperta del super giacimento Zohr – come ha riconosciuto anche la stampa americana – dà il pallino dell'iniziativa diplomatica al Cane a Sei Zampe. Per questo motivo, Descalzi, da ormai un mese, ha messo in campo un vero tour negoziale, incontrando prima il suo interlocutore preferenziale, il presidente egiziano Al Sisi, poi il presidente della repubblica di Cipro, Nicos Anastasiades e, infine, proprio il premier israeliano. Non mancano però le incognite geopolitiche e, soprattutto, quelle industriali. La visita del ceo di Eni avviene dopo il recente scontro avvenuto all'interno del gabinetto di Netanyahu, proprio in merito alle attività di Eni. L'attuale ministro dell'Energia, Yuval Steinitz, è stato infatti accusato pubblicamente dal suo collega Aryeh Deri, a capo del dicastero dell'Economia, di una vera debacle in termini d'intelligence economica. Secondo Deri, infatti, Israele era totalmente all'oscuro del positivo risultato delle ricerche esplorative egiziane relative al giacimento Zohr e si è fatto, così, cogliere impreparato. Un'accusa particolarmente bruciante per Steinitz, visto che, tra gli incarichi governativi ricoperti, è stato anche ministro dell'Intelligence. Nonostante Netanyahu e Descalzi abbiano "convenuto che alla luce della crescente domanda di gas naturale nella regione è necessario esplorare ulteriori possibilità di cooperazione, compreso lo sviluppo congiunto o il trasporto di gas naturale a diversi clienti", come si legge nella nota della presidenza del consiglio israeliana, lo sbocco di un'alleanza energetica tra Israele ed Egitto sembra al momento difficile.
[**Video_box_2**]I negoziati tra il ministro egiziano del Petrolio, Sherif Ismail, e l'omologo israeliano Steinitz procedono a singhiozzo, rallentanti dalla difficoltà a raggiungere un'intesa sui prezzi di vendita del gas e sulla necessità di investire denari sui gasdotti di collegamento in Sinai. Chi sta seguendo i colloqui riporta come che i funzionari egiziani, forti per la scoperta di Eni, abbiano già virato in atteggiamenti più "bullish". Il contesto energetico israeliano è poi ingarbugliato. La principale compagnia locale, la Noble Energy – responsabile dello sviluppo dei più promettenti giacimenti del paese, quelli di Tamar e Leviatano – vive da qualche anno un lungo braccio di ferro con le autorità pubbliche. Una parte della politica israeliana ha accusato la Noble di voler instaurare una posizione di monopolio con lo scopo di mantenere alti i prezzi del gas. Netanyahu sta poi portando avanti una politica di royalties particolarmente aggressiva. L'anno scorso – dati del ministero dell'Energia – le royalties per il solo giacimento di Tamar sono aumentate del 53 per cento, la raccolta totale è stata di un miliardo e mezzo di dollari, con l'obiettivo di raggiungere circa 10 miliardi di dollari di introiti da royalties per attività di estrazione energetica nel 2020. E' un contesto favorevole per l'ingresso di nuovi investimenti? Magari anche da parte di Eni? Steinitz sta facendo di tutto per riportare investimenti stranieri nel suo paese, per completare l'esplorazione almeno di Leviatano. In un appello alle compagnie americane - rilanciato da Reuters - ha detto che il governo è pronto a misure ancora più incisive. Ma c'è chi è più scettico. Amit Mor, amministratore delegato di Eco Energy, una società di consulenza israeliana, si dice preoccupato perchè il tempo per Israele potrebbe essere passato. A meno che il governo non decida di muoversi rapidamente, ricorda, "potremmo aver perso un'occasione".