Xavier Niel

Un altro arrembaggio francese a Telecom Italia, dopo Bollorè ecco Niel

Ugo Bertone
Cosa c’è dietro l’ingresso in Telecom dell’enfant prodige delle Tlc e perché la politica ha un avversario

Milano. Alleati o nemici? Più facile la seconda. Xavier Niel, 48 anni, l’ex enfant prodige del capitalismo francese che assieme a Matthieu Pigasse controlla il Monde e possiede i diritti di My Way (sì, la canzone simbolo di Frank Sinatra) ha annunciato ieri di possedere, tra opzioni (il 6 per cento circa) e titoli acquistati a temine (poco più del 5 per cento), l’11,2 per cento del capitale e dei diritti di voto di Telecom Italia, grazie a un blitz sui mercati che risale al 21 ottobre; quasi in sintonia con gli ultimi acquisti di Vincent Bolloré che controlla ormai il 20,03 per cento dell’ex monopolista italiano. Esulta la Borsa: più 8 per cento in mattinata, poco meno del 6 nel pomeriggio su prezzi che non si vedevano da un po’. Un asse francese?

 

In realtà, i due sembrano avere ben poche cose in comune, sia nei metodi sia negli obiettivi. La conferma arriva dallo stesso ad di Telecom Italia Marco Patuano. “Non credo – afferma – che ci sia una liaison tra i due”. Così diversi, anzi distanti: Bolloré, patron di Vivendi, vicepresidente di Mediobanca, ben inserito nelle stanze dei bottoni d’Italia, attento a non urtare, se non ad assecondare, i piani italiani sulla banda ultralarga che coinvolgono la società italiana e Metroweb, nella convinzione che alla fine a vincere la partita sarà lui. Di tutt’altro tenore, a giudicare dal passato, l’approccio di Niel, che ha saputo costruire dal nulla un impero che vale 8 miliardi di euro sovvertendo gli schemi tradizionali fin da quando nel 1999 la “sua” Free ha fatto irruzione sul mercato francese offrendo un accesso modem gratuito. Oggi, al vertice di Iliad, sta lavorando assieme al socio Pigasse a un fondo di investimento nel settore media. E Telecom Italia, in cui Niel – proprietario tra l’altro di Monaco Telecom – ha investito 1,7 miliardi di euro, è il suo biglietto da visita. Per la soddisfazione di Patuano, contento perché “l’investimento di soci esperti del mondo delle telecomunicazioni significa che la nostra strategia crea valore”. Ovvero, a pensar male, lieto del fatto che sia arrivato un socio forte in grado di compensare il primato di Bolloré. Ma Niel, che secondo molti sondaggi è l’uomo d’affari più popolare di Francia, non è l’unico ad aver inquadrato nel mirino il vulnerabile impero di Telecom. La brasiliana Oi, il quarto gestore tlc carioca, ha deciso di accettare l’offerta del magnate russo Mikhail Fridman, pronto a investire 4 miliardi di dollari a una sola condizione: la fusione tra Oi e Tim Brasil, la partecipata di Telecom Italia che Bolloré avrebbe voluto sistemare con Telefonica se non ci fossero stati problemi insormontabili di Antitrust. Insomma, in Europa come in sud America ha ormai preso il via la stagione di caccia. E Telecom Italia, priva di un punto di riferimento azionario italiano, sembra il primo tassello ideale per un consolidamento delle posizioni in vista di un’ondata di fusioni/acquisizioni che non tarderà. Non ci si deve stupire: il primo socio italiano è Mediobanca, con il 2,6 per cento, che non fa misteri di volere liquidare il pacchetto, eredità dell’avventura Telco. Per il resto, oltre ai due gruppi francesi, l’azionariato prevede fondi sovrani di Norvegia e Cina, colossi del risparmio come BlackRock, Fidelity e Vanguard. Tutti attenti a scrutare le mosse di Niel, già convocato in Consob, che promette, visto il personaggio, sorprese ed emozioni. Niel, figlio di un avvocato di provincia, fa il suo esordio nel business a soli 19 anni nel 1986. E’ tra i primi, anzi il primo, ad annusare le potenzialità di Minitel, l’antenato transalpino di internet frutto della grandeur tecnologica dell’èra Mitterrand.

 

[**Video_box_2**]Di qui l’idea di dare vita a Minitel Rose, la prima chat-line erotica dell’èra del sesso virtuale. Un grande successo che provocherà a Niel anche qualche noia giudiziaria legata ai sexy shop ma che comunque non frenerà il suo istinto di disruptor pronto a colpire nel business come l’elefante nella cristalleria. Nel 1999 crea Free, il service provider che fornisce l’accesso modem gratuito per poi lanciare, anno 2012, Free mobile che rivoluziona la telefonia mobile in Francia offrendo chiamate illimitate, dati e internet a metà prezzo rispetto ai prezzi dei tre maggiori operatori francesi. Nel frattempo trova modo di mettere le mani sul Monde, garanzia di potere che non guasta nel tout-Paris, e di qualificarsi, grazie alla creazione del fondo Kyma, come uno dei business angel, ovvero dei moderni impresari della finanza, più attivi del pianeta. E’ sempre pronto a dare una mano alle start-up più talentuose: quasi 400 negli ultimi cinque anni, tra cui 101 premiate con un assegno di 25 mila euro al termine di un test maratona condotto da lui in persona;  ogni candidato ha avuto a disposizione un minuto di tempo per presentare la sua idea. Ecco, in sintesi, l’angelo degli affari che si affaccia alla porta di Telecom, azienda penetrabile che sembra condannata all’instabilità perpetua. E da ieri un po’ meno campione nazionale. O, comunque, più distante dal pressing della politica. Il che in fondo non guasta affatto.

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