Cosa si prepara dietro la quinte della visita iraniana a Roma
Roma. L’Italia come porta d’Europa per gli affari iraniani. Forse non c’è espressione migliore di quella utilizzata dall’ambasciatore iraniano a Roma, Jahanbakhsh Mozaffari, per spiegare il perché il presidente della Repubblica Islamica, Hassan Rohani, abbia scelto come prima tappa del suo tour europeo proprio la capitale italiana. Una relazione speciale, conferma anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che assicura come i due paesi stiano lavorando a una serie di accordi economici legati al progressivo allentamento del quadro sanzionatorio. Dietro a formule diplomatiche rituali vi è l’intenzione da parte di Rohani di sbarcare a Roma per chiudere alcuni nodi economici importanti e avviare – questa forse è la vera novità – una nuova strategia commerciale per attrarre non solo le grandi aziende, ma, soprattutto, le Pmi italiane. Non è un caso che il presidente Rohani, terrà l’unico intervento pubblico di tutta la sua missione in Europa domenica mattina in occasione dell’Economic forum per le Pmi italiane (più di duecento quelle già accreditate), organizzato dalla Camera di commercio e dell’industria italo-iraniana.
La scommessa italiana passa dalla meccanica, dice uno studio Prometeia, giacché c’è una domanda di ammodernamento del settore estrattivo e della raffinazione petrolifera notevole. Non solo. L’Italia è passata da una quota di mercato nella meccanica del 26,9 per cento nei primi anni Duemila all’11,9 per cento. A subire il tracollo causa sanzioni, in particolare, le macchine utensili, quelle per la metallurgia a caldo e per la movimentazione usate in edilizia. Le imprese che già flirtano con la Repubblica Islamica sono quelle attese a Teheran a fine mese per una missione, guidata dal vice ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, per riallacciare anche fisicamente i rapporti con il contesto. Ci sono imprese di meccanica, edilizia, apparecchiature medicali e dell’industria agricola. Anche in Confindustria sembra rinato un forte interesse per il paese islamico: i vertici di viale dell’Astronomia si incontreranno con il ministro dell’Industria, Mohammad Nematzadeh, per discutere in particolare di alcuni piani infrastrutturali. L’Iran ha chiesto supporto tecnico all’Italia per la progettazione e la direzione lavori di grandi infrastrutture autostradali. Tuttavia, nonostante la domanda di beni iraniana rimanga favorevole all’offerta italiana, il punto di vista del mondo imprenditoriale interessato all’Iran è attraversato da un lieve pessimismo. Le criticità principali riguardano la stabilità finanziaria del regime degli ayatollah e la debolezza del sistema bancario che potrebbe trovare comunque difficoltà nel risollevarsi, anche dopo la reintroduzione (prevista nel piano di attenuazione delle sanzioni) delle banche iraniane nel sistema internazionale di pagamenti Swift. Per adesso i grandi gruppi bancari italiani restano alla finestra e il supporto alle nostre imprese resta affidato ad alcune banche popolari (di Sondrio e di Vicenza) e a Sace, che però è azzoppata da una esposizione insoluta con le controparti iraniane di parecchi milioni di euro. Già oggi Rohani, accompagnato dal suo potente ministro del Petrolio, Bijan Zanganeh, incontrerà il governo e l’ad di Eni, Claudio Descalzi, per affrontare forse il nodo al momento più delicato: quello energetico.
[**Video_box_2**]A Roma si discute se mantenere gli impegni di autorizzazione all’import del gas azero del progetto Shah Deniz 2 che, attraverso il gasdotto Tap, porterà il gas direttamente in Italia. Gli iraniani detengono, infatti, quote importanti attraverso la National Iranian Oil Company del consorzio che gestisce il giacimento di Shah Deniz, partecipazione che il governo ha tenuto sotto tono perché di fatto già assegna all’Iran un ruolo strategico nella fornitura energetica destinata all’Europa. Inoltre, a Zanganeh è affidato il compito di presentare alle controparti italiane le bozze di proposte dei nuovi contratti petroliferi che le autorità iraniane si sono impegnate a varare in tempi stretti. Una condizione che Eni, insieme ad altre compagnie, considera essenziale per tornare ad investire nei progetti petroliferi degli ayatollah.