Salvatore Rossi, Direttore Generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass

Caro Parlamento, prima di annacquare la Concorrenza ricordati dell'interesse dei consumatori

Salvatore Rossi

Per il direttore generale della Banca d’Italia, approvare ogni anno una legge sulle liberalizzazioni è saggio. Ma conta che sia una buona legge. Il caso RC auto

Ancora quindici anni fa l’Italia era una delle economie meno concorrenziali del mondo avanzato, a causa di pesanti regolamentazioni settoriali poste a difesa del potere monopolistico di soggetti, grandi e piccoli, insediati su molti importanti mercati. Secondo noti indicatori dell’Ocse, l’Italia aveva una tale massa di restrizioni regolamentari alla concorrenza in tutti i settori considerati da quegli indicatori – commercio, professioni, settori a rete – da collocarla agli ultimi posti quanto ad apertura alla concorrenza. La situazione è molto cambiata da allora, grazie a vari interventi che i governi e le legislature che si sono succeduti negli anni hanno introdotto. E tuttavia il nostro paese ancora soffre di restrizioni maggiori di quelle prevalenti in molti altri paesi, in mercati a cui si rivolge una gran massa di consumatori, come il commercio e i trasporti.

 

Ostacolare il libero gioco del mercato e della concorrenza, anche laddove ciò non sia giustificato da interessi pubblici fondamentali come la salute o la tutela del territorio, impone ai consumatori prezzi più alti, proprio come se fosse un’imposta; disincentiva i produttori a ricercare la qualità; frena il progresso della produttività e, in ultima analisi, lo sviluppo economico, risolvendosi in una “tassa occulta” per l’intero paese, come ha sottolineato il presidente dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato nella sua audizione presso questa commissione.

 

La legge annuale per il mercato e la concorrenza è quindi uno strumento cruciale nell’ambito di una politica di sviluppo. Dato il ritardo ancora da colmare nel nostro paese, essa è da considerare come una importante riforma strutturale, che figura non a caso tra quelle indicate nelle Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea all’Italia, indirizzate il 14 luglio 2015 nell’ambito del cosiddetto “semestre europeo”; fa parte integrante di quel pacchetto di riforme in corso che motivano la richiesta italiana di sfruttare i margini di flessibilità offerti dalle regole di bilancio. Inoltre, l’approvazione di una legge annuale per il mercato e la concorrenza come quella in esame attuerebbe per la prima volta l’impegno che il Parlamento prese nel 2009 (legge n. 99 del 23 luglio) di far tesoro ogni anno delle indicazioni dell’Antitrust. E’ un buon segnale, che dà il senso di un impegno continuativo, non episodico o necessitato da forze esogene come una direttiva europea.

 

Ma più ancora che approvare una legge qualsivoglia che porti questo titolo, è importante che sia una buona legge. Che davvero rafforzi la concorrenza ovunque necessario e nella misura massima possibile.

 

In questo mio intervento mi concentrerò sul mercato delle polizze assicurative per la responsabilità civile nella conduzione di veicoli a motore, brevemente: RC auto. Ben un terzo degli articoli del disegno di legge è dedicato a questo mercato; una nostra puntuale analisi del testo del disegno di legge presentato dal governo alla Camera dei Deputati è stata illustrata dal professor Cesari, Consigliere dell’Istituto, nel corso dell’audizione resa dinanzi alle commissioni riunite Finanze e Attività produttive della Camera dei Deputati lo scorso 25 giugno. Focalizzerò, quindi, l’attenzione in questa sede sugli elementi di novità apportati al disegno di legge dalla Camera dei deputati.

 

Il provvedimento si propone di:

 

a) rafforzare la trasparenza e la comparabilità delle polizze offerte dalle compagnie, per favorire la consapevolezza dei clienti e la loro mobilità fra una compagnia e l'altra secondo la convenienza;


b) abbassare i prezzi, specie per gli assicurati più virtuosi;


c) combattere le frodi, molto diffuse in particolare in alcune aree del paese.

 


Sono ottimi propositi. Per conseguirli vengono disegnate norme efficaci che:

 


a) favoriscono l’utilizzo del “preventivatore” Ivass-ministero dello Sviluppo per comparare le diverse offerte sul mercato;


b) prevedono, se un assicurato cambia compagnia, che venga inserito non solo nella stessa classe di merito, come già previsto dalla legislazione vigente, ma anche nella corrispondente classe interna della nuova compagnia;


c) favoriscono l’uso dei “contratti base” previsti da precedenti interventi legislativi (dl “Crescita-bis” n. 179 del 2012), che sono più facilmente comparabili da parte del cliente;


d) rafforzano la banca dati dell’Ivass sui sinistri, i danneggiati e i testimoni, che, interconnettendosi con altri archivi rilevanti (casellario giudiziale, carichi pendenti, anagrafe tributaria, anagrafe popolazione residente e casellario centrale infortuni), costituisce un potente strumento antifrode; in particolare, estendono l’obbligo di alimentazione della banca dati alle imprese estere che operano in Italia secondo i principi europei della libertà di stabilimento o della libera prestazione di servizi;


e) favoriscono la lotta alle frodi, abbreviando i tempi della identificazione dei testimoni di un incidente e meglio precisandone i modi, per ostacolare l’ingaggio di testimoni falsi; rafforzando il valore probatorio delle “scatole nere”; imponendone l’interoperabilità e la portabilità.

 

Altre norme apprezzabili dal punto di vista dell’efficienza generale del sistema di assicurazione obbligatoria sono quelle che impongono maggiori obblighi di trasparenza in caso di vendita di polizze assicurative abbinate a finanziamenti bancari, un terreno sul quale abbiamo riscontrato, come Ivass e come Banca d’Italia, più di un abuso.

 

Su altre norme, in particolare quelle contenute negli articoli 3 e 7 del disegno di legge, devo invece segnalare dei rischi.
Si tratta di emendamenti al testo originario, approvati dalla Camera dei deputati nell’intenzione di favorire gli assicurati, in particolare quelli delle aree ad alto tasso di sinistrosità. Essi prevedono:

 

a) l’obbligo da parte delle compagnie di accordare, al cliente che faccia installare sul suo veicolo una “scatola nera” o un etilometro o che assoggetti a ispezione il suo veicolo, uno sconto non inferiore a una percentuale fissata in via amministrativa dall’Ivass, maggiore nelle regioni a più alta sinistrosità; sconto da rendere adeguatamente pubblico; pena, in caso di inadempienza, una sanzione e l’imposizione automatica dello sconto dovuto, sempre a cura dell’Ivass;


b) l’imposizione da parte dell’Ivass, per ogni singolo contratto stipulato da una qualsiasi compagnia con un cliente residente in una regione a prezzo medio più alto della media nazionale, che abbia installato la scatola nera e che non abbia causato sinistri da almeno cinque anni, dello stesso prezzo che quella compagnia accorderebbe a un analogo cliente residente in una regione a prezzo medio più basso della media nazionale.

 

Un anno e mezzo fa, nelle mie considerazioni pubbliche annuali sull’attività dell’Istituto che presiedo, attirai l’attenzione su un fenomeno che emergeva dalla nuova banca dati Iper realizzata nell’Ivass sui prezzi effettivi delle polizze: nelle province a più alta sinistrosità e fraudolenza si notavano sia un difetto di concorrenza, segnalato dagli indicatori di concentrazione del mercato locale, sia un livello più alto dei prezzi. Avanzai un’ipotesi: che in quelle aree difficili, specie meridionali, finissero con l’affermarsi poche compagnie più specializzate nella lotta alle frodi; che tali compagnie, grazie al loro potere di mercato, non praticassero ai clienti meno rischiosi prezzi bassi abbastanza da tener conto pienamente del minor rischio; che, conseguentemente, in quelle province alti margini di profitto per le compagnie presenti si accompagnassero con una minore efficienza allocativa del mercato. I dati sull’anno 2014 nel frattempo elaborati confermano quelle intuizioni.

 

Il diffondersi delle scatole nere contrasta questo difetto di concorrenza. La scatola nera, monitorando i comportamenti alla guida degli assicurati, permette di separare i guidatori prudenti e onesti da quelli che non lo sono e, conseguentemente, di calibrare il prezzo sulla rischiosità del contraente in modo più accurato rispetto alle tradizionali metodologie attuariali. Un’impresa che offra sistematicamente quei dispositivi può praticare a ragion veduta prezzi più bassi ai clienti virtuosi ed erodere quote di mercato ai concorrenti che non dispongono di quello strumento informativo. Lo sconto dev’essere, ovviamente, alto abbastanza da far superare alla clientela la naturale ritrosia a sostenere il fastidio dell’installazione, pur gratuita, e la riduzione di privacy.
Nostre stime preliminari su un panel di 1,2 milioni di contratti indicano che già oggi il mercato, in media, fa sconti del 13 per cento a chi consente l’uso dei dati della scatola nera a fini di controllo della guida, contro il 5 per cento riconosciuto a chi si limita a far installare il dispositivo per i soli casi di incidente ma senza consentire il controllo continuo.

 

Il problema è che la diffusione delle scatole nere è ancora limitata e progredisce lentamente. Questi dispositivi erano presenti nel 2014 solo nel 14 per cento delle polizze, pur in crescita dal 10 per cento del 2013. Inoltre, poche compagnie le offrono: solo in sei imprese la scatola nera è prevista da più del 10 per cento delle polizze; solo in due, ma di piccola dimensione (meno dell’1 per cento di quota di mercato), essa rappresenta lo standard contrattuale, sicché quasi tutte le loro polizze la prevedono; oltre metà delle compagnie attive nel mercato RC auto, prevalentemente medio-piccole, non la prevedono affatto, perché ne giudicano insostenibile il costo: non solo quello del dispositivo, che la legge pone a carico della compagnia, ma soprattutto quello della necessaria piattaforma informatica. La profilatura della rischiosità dei comportamenti individuali di guida, che rappresenta il vero vantaggio per le compagnie, richiede infatti di raccogliere ed elaborare in tempo continuo i dati trasmessi dalle scatole nere: occorrono notevoli investimenti in informatica per sfruttarle bene.

 

Dal lato della domanda, gli assicurati prudenti e onesti – la gran maggioranza – che risiedono nelle aree dove i prezzi sono più alti sono ovviamente i più propensi ad accettare proposte contrattuali che prevedano la scatola nera, per segnalare il proprio basso profilo di rischio e usufruire del relativo sconto sul prezzo. In Campania, Sicilia, Calabria e Puglia la percentuale di contratti con scatola nera supera il 20 per cento, in qualche caso il 30. Le prime 5 province per diffusione della scatola nera sono Caserta, Napoli, Catania, Reggio Calabria e Salerno.

 

La mobilità dei clienti fra compagnie è la principale leva concorrenziale; la scatola nera sta contribuendo a incrementarla: nel secondo trimestre del 2015 il 15 per cento degli assicurati ha cambiato compagnia al momento del rinnovo della polizza, contro il 12 nel 2014; chi cambia compagnia beneficia di uno sconto quattro volte superiore a quello riservato al cliente fedele (22 per cento contro 5). Un contratto si diffonde se appare vantaggioso a entrambe le parti; l’imposizione forzosa di una condizione che rompa l’equilibrio di mercato induce una delle parti, quella svantaggiata, a cercare di neutralizzarne gli effetti economici negativi.

 

Lo sconto minimo obbligatorio e l’eliminazione, parziale o totale, delle differenziazioni tariffarie territoriali, previsti dagli attuali artt. 3 e 7 del disegno di legge, presentano un ovvio rischio: che le imprese, di fronte a costi complessivamente elevati di acquisto e gestione delle scatole nere e in un contesto di “prezzi imposti”, sviluppino una comune tendenza a ritrarsi dall’offrire questi dispositivi o a innalzare la tariffa media. Ciò anche senza ricorrere ad accordi collusivi espliciti, che sarebbero certo rilevati e sanzionati dall’Antitrust: basta che ciascuna impresa ritenga probabile un analogo orientamento da parte delle concorrenti, data la forte convenienza per tutte. Un comportamento che, se anche formalmente legittimo, produce un danno sicuro per tutti gli assicurati.

 

[**Video_box_2**]In particolare, verrebbe messo a repentaglio lo sviluppo della telematica assicurativa, la cosa migliore che il progresso tecnologico offra oggi al mondo RC auto: poter misurare con precisione gli stili di guida e la rischiosità individuale dei guidatori, con retro-effetti benefici sulla stessa probabilità di incidenti, grazie all’autocorrezione degli stessi guidatori, mossi dal movente economico di risparmiare sulla polizza. Inoltre, si scoraggerebbe l'ingresso nel mercato RC auto di altre imprese, estere o italiane specializzate in altri rami, sempre a danno del tasso di concorrenzialità del mercato, anche perché in nessun altro paese vi sono norme simili.

 

(…) E tuttavia l’esigenza che ha mosso la Camera dei deputati ad approvare questi emendamenti all’originario testo governativo è innegabile. Il fatto che un guidatore bravo e prudente, che non fa mai incidenti, che accetti di montare sul suo veicolo una scatola nera, paghi un premio assicurativo molto alto solo perché è residente in un’area che le compagnie considerano a forte rischio medio, anche a causa della presenza in quell’area di un’agguerrita minoranza di guidatori imprudenti e fraudolenti, può essere fondatamente percepito come ingiusto. Per riparare a questa situazione, più che interventi dirigisti sui prezzi, occorrerebbero degli incentivi alla diffusione nel mercato delle scatole nere.

 

Salvatore Rossi è Direttore Generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass.
Pubblichiamo stralci della sua audizione nell’ambito dell’esame del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza