Perché saranno i contribuenti a pagare il pasticcio sulle banche popolari
Purtroppo quella che era destinata a essere l’ennesima storia di malgoverno bancario e di clienti e soci gabbati, ha assunto i colori della tragedia a causa del povero pensionato di Civitavecchia che si è tolto la vita, umiliato per sentirsi tradito dalla “sua” Banca Popolare dell’Etruria che gli aveva venduto obbligazioni rivelatesi carta straccia. In questi casi le notizie si sovrappongono con le dichiarazioni, da quelle roboanti delle solite associazioni dei consumatori a quelle di politici ed esponenti di governo, le audizioni si infittiscono e alla fine rimangono le foto sui giornali del risparmiatore che innalza il cartello contro le banche predatrici. Anche questa volta, si potrebbe concludere, è colpa del liberismo. Cerchiamo di riassumere la situazione. Come è noto, 4 banche sull’orlo del collasso (Etruria, Carife, Marche e Carichieti) vengono salvate attraverso un decreto del governo di fine novembre. I crediti inesigibili o in sofferenza, 8,5 miliardi svalutati dell’83 per cento, vengono trasferiti a una bad bank che dovrà cederli a qualche professionista del ramo e il resto verrà amministrato da 4 good bank con un unico presidente, l’ex Unicredit Nicastro. A fare le spese del salvataggio saranno azionisti ed obbligazionisti “subordinati” (con nessuna garanzia) delle Quattro e il sistema bancario che verserà, attraverso il Fondo di Risoluzione alimentato dalle altre banche, 3,6 miliardi per capitalizzare quelle fallite. Naturalmente gli istituti sperano di recuperare almeno in parte il loro investimento e nel frattempo la UE ha dato l’ok al piano non ravvisando aiuti di Stato. In altre parole, si è azionato in anticipo, secondo la “narrazione” prevalente, il meccanismo di “bail-in”, in vigore in tutta Europa a partire dal 2016, che fa ricadere il peso delle crisi bancarie sugli azionisti, creditori e depositanti “ricchi”. Tuttavia, poiché gli obbligazionisti subordinati rappresentano 800 milioni di euro in titoli, il governo ha preannunciato un “aiuto umanitario” per i più disagiati. Tutto bene quindi? Andiamo con ordine.
Prima di tutto non è vero che, come declamato dal governo, la soluzione sia a costo zero per il contribuente. Le banche riceveranno agevolazioni fiscali sull’Ires e Irap valutate approssimativamente in un miliardo di euro. Soldi in meno che verranno recuperati o con nuove tasse, o tagli alle spese (come no, mi par di vederlo il governo) o ulteriore debito. Inoltre, la Cdp garantirà fino a 400 milioni di euro in caso di mancato recupero dai crediti incagliati delle somme previste.
Secondo punto. Come è successo in ogni altra crisi bancaria italiana recente, il problema dei crac risiede nella cattiva governance degli istituti. E, non sorprendentemente, anche in questo caso si tratta di banchette popolari (del territorio, cioè degli ammanicati del territorio) o casse di risparmio in mano a fondazioni autoreferenziali, vale a dire quelle entità che esercitano il credito con un sistema di governo contrario a quanto i dannati mercatisti, fan di soci capitalisti veri che si scambiano le azioni in borsa ed esercitano controlli, vanno predicando.
Terzo. L’Abi (come Bankitalia) ha ragione a lamentarsi della rigidità europea a non voler attivare il Fondo Interbancario per ristrutturare le Quattro, ma dovrà rapidamente capire che poiché d’ora innanzi sono i denari degli associati e dei loro azionisti a rischio, sarà opportuno esercitare una forte moral suasion e diffondere best practice con molta convinzione, arrivando a sanzionare al proprio interno chi si comporta in modo bizzarro ed opaco.
[**Video_box_2**]Quarto: non si capisce perché, come sostiene Banca d’Italia, i piccoli risparmiatori siano altrettanto meritevoli di protezione dei contribuenti. In cosa gli obbligazionisti di una banca differiscono da quelli di una società industriale? Peraltro, abbiamo sommerso il mondo della finanza di regolamentazione: la normativa Mifid prevede la compilazione di moduli, spiegazioni alla clientela, la sua classificazione in diversi profili di rischio. O si ammette, come dicono i più selvaggi liberisti, che tutta questa fuffa non serve a niente e bastano il diritto privato e quello penale severamente applicati, oppure, chi dopo tutti gli scandali passati continuava a comprare titoli ad alto rendimento e firmava senza leggere tutto ciò che gli veniva messo sotto il naso, può meritare comprensione, compatimento, ma non risarcimento. Con quali criteri poi? L’Isee (l’indicatore di ricchezza)? A che livello? Al momento dell’acquisto o della perdita? Fino a che ammontare? E’ indifferente se nei bond è stato investito tutto il patrimonio o solo il 10 per cento? E nel futuro come si potrà rifiutare un simile trattamento a chiunque abbia perso i soldi in quanto azionista o obbligazionista di una società industriale o commerciale fallita, o sia stato truffato da un Madoff all’amatriciana o perché il valore del suo immobile è calato? Infine, le associazioni dei consumatori, dopo aver protestato contro la nuova legge del bail-in (a loro evidentemente sta bene che per i fallimenti paghino tutti i cittadini, con tipica privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite), ora si indignano per i compensi dei nuovi amministratori delle Quattro e minacciano di andare alla Corte dei Conti. Scoraggiante esempio di pauperismo inefficiente, anelante a pagare poco dei professionisti che si assumono rischi e mettono al servizio le loro competenze che il mercato pagherebbe altrettanto o di più, senza contare che questa volta ci sono degli azionisti veri i quali sono liberi di determinare la retribuzione senza interferenze. Se vuoi risparmiare puoi sempre mettere degli incapaci senza prospettive o reputazione alla guida delle imprese (e a volte, soprattutto nel passato per le imprese pubbliche, si mettevano degli inetti pagandoli molto), ma, come dicono in America, if you pay nuts you get monkeys. Se paghi noccioline, ottieni solo scimmie.