Matteo Renzi e Sergio Marchionne (foto LaPresse)

Oltre le polemiche in fabbrica

Lo sbarco di Ferrari in Borsa è l'apogeo della Fiat made in Marchionne

Ugo Bertone
Il filo rosso tra contratti della discordia e quotazione. Ora Fiat cerca partner. Renzi rinnova l’intesa col manager

Milano. Grazie per essere venuto qui. “Ma soprattutto – sottolinea Sergio Marchionne rivolto a Matteo Renzi – anche un grazie per quello che sta facendo per il paese”. E il premier risponde così dal palco di Palazzo Mezzanotte, la sede storica della Borsa in cui mette piede per la seconda volta (un record storico per un presidente del Consiglio) per festeggiare lo sbarco sul listino del Cavallino rosso che sembrava destinato a un futuro solo americano. “Grazie per aver mantenuto la promessa di quotare Ferrari anche a Milano, come mi avevi promesso durante la visita allo stabilimento di Melfi”, dice Renzi ricordando che in quell’occasione Marchionne si era impegnato, come poi ha fatto, a “sfruttare fino in fondo il Jobs Act” e di “non abbandonare l’Ilva e il suo acciaio”.

 

Il tempo dirà se Marchionne, oltre ad azzerare i debiti di Fiat-Chrysler entro il 2018 e a riportare il titolo mondiale a Maranello, riuscirà a compiere l’ennesima missione impossibile, stavolta in terra di Puglia a pochi chilometri da Melfi e Pomigliano, impianti che marciano a pieno regime con produttività giapponese. Alla faccia del leader Fiom, Maurizio Landini, e di Laura Boldrini, il presidente della Camera che, nel luglio del 2013, declinò l’invito alla presentazione della 500 L allo stabilimento di Val di Sangro per “precedenti impegni” ma anche “per non partecipare alla gara al ribasso sui diritti”, presunto delitto del manager. La data è importante perché è proprio in quei giorni che tra Marchionne e Renzi, dopo le scintille iniziali, nasce un asse che va al di là della semplice simpatia. “La politica deve accettare che è finito il tempo del rinviismo – tuonò il rottamatore al teatro Comunale di Firenze in occasione dell’Assemblea di Confindustria – cioè prendere un problema e spostarlo un po’ più in là”. Marchionne applaudì convinto: “Se fra un paio d’anni saremo ancora qui a lamentarci delle inefficienze e dei problemi di competitività del paese non dovremo che vergognarci di noi stessi”. Oggi tra i due corre un’alleanza politica che va oltre la convenienza e oltre il debutto in Borsa del titolo Ferrari, unico a chiudere in positivo lunedì (più 0,53 per cento a 43,67 euro) in una seduta negativa a Piazza Affari (meno 3 per cento), colpita come altre Borse occidentali dal crollo di quella cinese (meno 7). Marchionne non ha passato gli ultimi anni a battagliare con Landini, come le cronache italiche suggeriscono, ma dal 2011 ha rivoluzionato l’universo della vecchia Fiat: prima la separazione tra la casa madre e Cnh, poi l’acquisto a tappe (e a prezzo di saldo) di Chrysler e successiva fusione. Ora la quotazione di Ferrari, passata sotto il controllo diretto di Exor e Piero Ferrari, e valorizzata in Borsa agli stessi multipli di Hermès e delle altre griffe di alta moda. Non resta, almeno per ora, che accasare Fiat-Chrysler con un partner forte, con cui poter giocare un ruolo di leader.

 

[**Video_box_2**]Un’ennesima partita a poker, da giocare con grande prudenza e senza fretta. Le nozze con Gm possono attendere perché con Mary Barra, numero uno del colosso di Detroit, “mi sono visto un mese fa e non credo ci sarà un secondo incontro”, ha detto Marchionne. Ma, nel frattempo, non si starà con le mani in mano: Fiat-Chrysler, nonostante la crisi del Brasile, la minore domanda della Cina (su cui faceva affidamento il piano 2014) e il rischio che la domanda americana prima o poi rallenti, rispetterà gli obiettivi finanziari promessi per il 2018. Attenzione, solo quelli finanziari. Perché i tempi dei “nuovi modelli” (il ritornello della Fiom e della sinistra per cui conta produrre più che vendere) si dovranno adeguare alla domanda. Con il pieno appoggio di Exor, l’azionista che ha sempre garantito piena fiducia al manager. Con profitto perché, senza troppi clamori, John Philip Elkann ha realizzato una rivoluzione analoga al piano superiore: il mese prossimo entrerà in portafoglio Partner Re, compagnia di riassicurazione, che andrà ad aggiungersi a Ferrari, Fiat-Chrysler Cnh e al controllo dell’Economist: 11 miliardi contro i 3,9 miliardi del 2009. 

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