Giorgio Squinzi (foto LaPresse)

Il pressing del governo sui contratti aziendali agita fantasmi marchionniani in Confindustria

Marco Valerio Lo Prete
Squinzi è messo sotto pressione per aver concesso troppo ai sindacati nel nuovo contratto della chimica. E ora nell'associazione degli industriali si guarda al modello Fca

Roma. A Palazzo Chigi magnificano la progressione dell’occupazione, ma in cuor loro si crucciano per un altro dato appena comunicato dall’Istat: nel terzo trimestre del 2015, il tasso di investimento delle imprese è tornato a scendere. Come rilanciare gli investimenti? Legare retribuzione dei lavoratori e produttività è l’ultima leva utile per sostenere la competitività dell’industria. E per convincere gli imprenditori – italiani o meno – a scegliere questo paese.

 

Perciò si avvicina il momento in cui dal governo partirà la telefonata (promessa) alle parti sociali per chiedere a che punto siano con le loro proposte di ammodernamento della contrattazione. In caso di nulla di fatto, come noto, l’esecutivo ha promesso di intervenire per via legislativa. Temendo ciò, i sindacati venerdì hanno chiuso l’accordo su una piattaforma unitaria che presenteranno giovedì prossimo: l’inflazione non sarà più l’indicatore cui legare gli andamenti salariali, meglio altri “indicatori macroeconomici”. Ma oggi è Confindustria a subìre di più il pressing dell’esecutivo. Squinzi sta per lasciare la presidenza ed è criticato tra gli associati per aver concesso troppo ai sindacati nel nuovo contratto della chimica.

 

[**Video_box_2**]Federmeccanica è l’associazione di categoria più agguerrita: tra le condizioni per un nuovo contratto di categoria, suggerisce un salario minimo deciso nel contratto nazionale, da adeguare poi a livello di singole aziende in base alle esigenze. Il salario minimo (legale), come ricostruito dal Foglio, piace anche a Marchionne che nel 2012 guidò Fiat fuori da Confindustria in polemica con lo spirito concertativo di Viale dell’Astronomia. E presto proprio Marchionne potrebbe essere suggerito pubblicamente come “modello” cui ispirarsi per la successione a Squinzi, magari da un industriale della meccanica come l’attuale numero due di Confindustria, Stefano Dolcetta.