La Commissione europea bussa a Renzi sull'Ilva
Roma. La Commissione europea ha formalmente avviato un’indagine approfondita per sosospetti aiuti di stato all’acciaieria Ilva di Taranto. Il sospetto del commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, l’occhiuto ex ministro danese, è che il governo italiano abbia sussidiato durante la gestione commissariale il sito siderurgico un tempo più grande e produttivo d’Europa anziché investire nelle migliori tecnologie ambientali come promesso per decreto.
L’indagine ricalca recenti esposti alla commissione da parte di Eurofer, la lobby siderurgica europea a trazione tedesca, e può mettere in difficoltà l’esecutivo dall’usare altri soldi pubblici, come previsto con 800 milioni di finanziamenti con un recente decreto. Nonostante ciò il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi fa buon viso a cattivo gioco parlando di "importanti aperture".
Il piano renziano di rilancio era appena fallito con la censura del Tribunale di Bellinzona all’architettura finanziaria che avrebbe dovuto confiscare e usare per l’azienda 1,2 miliardi sequestrati a due membri della famiglia Riva, sotto inchiesta da tre anni da parte della procura di Milano per supposti reati fiscali. E così il 5 gennaio l’esecutivo, cambiando tattica, ha annunciato sui giornali un invito a manifestare interesse per l’acquisto di sette società del gruppo, di cui sono tuttora soci la famiglia Riva e la famiglia Amenduni.
In molti si chiedono come sia possibile da parte dello stato vendere o affittare per iniziativa del governo un bene di terzi. Se lo chiedono anche gli operai di Genova mentre a Taranto si arriva a porre la domanda tabù: erano meglio i Riva del governo?