La Commissione europea bussa a Renzi sull'Ilva

Alberto Brambilla
Aperta un'indagine approfondita per sospetti aiuti di stato. Le trame europee, i piani renziani deragliati, e quelli nuovi insidiati da Bruxelles.

Roma. La Commissione europea ha formalmente avviato un’indagine approfondita per sosospetti aiuti di stato all’acciaieria Ilva di Taranto. Il sospetto del commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, l’occhiuto ex ministro danese, è che il governo italiano abbia sussidiato durante la gestione commissariale il sito siderurgico un tempo più grande e produttivo d’Europa anziché investire nelle migliori tecnologie ambientali come promesso per decreto.

 

L’indagine ricalca recenti esposti alla commissione da parte di Eurofer, la lobby siderurgica europea a trazione tedesca,  e può mettere in difficoltà l’esecutivo dall’usare altri soldi pubblici, come previsto con 800 milioni di finanziamenti con un recente decreto. Nonostante ciò il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi fa buon viso a cattivo gioco parlando di "importanti aperture".

 

Il piano renziano di rilancio era appena fallito con la censura del Tribunale di Bellinzona all’architettura finanziaria che avrebbe dovuto confiscare e usare per l’azienda 1,2 miliardi sequestrati a due membri della famiglia Riva, sotto inchiesta da tre anni da parte della procura di Milano per supposti reati fiscali. E così il 5 gennaio l’esecutivo, cambiando tattica, ha annunciato sui giornali un invito a manifestare interesse per l’acquisto di sette società del gruppo, di cui sono tuttora soci la famiglia Riva e la famiglia Amenduni.

 

In molti si chiedono come sia possibile da parte dello stato vendere o affittare per iniziativa del governo un bene di terzi. Se lo chiedono anche gli operai di Genova mentre a Taranto si arriva a porre la domanda tabù: erano meglio i Riva del governo?

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.