Danza Kuroda
Il Giappone ha perso un decennio e ora guida le acrobazie monetarie
Milano. Haruhiko Kuroda, da buon samurai, ama l’arma della sorpresa: solo otto giorni fa, davanti al Parlamento, il governatore della Bank of Japan (BoJ, ndr) aveva dichiarato che “l’adozione di tassi negativi è altamente improbabile”. Invece ieri mattina la BoJ ha infranto l’ultimo tabù: chi prenderà soldi in prestito dalla Banca centrale nipponica, dovrà restituire il capitale meno lo 0,1 per cento. Una risposta alla “storica” inversione di rotta sui tassi di metà dicembre decisa della Fed, grande responsabile agli occhi del mercato dell’avvio orribile del 2016. Ma anche una risposta di metodo: alla grande cautela nella comunicazione con i mercati finanziari della “colomba” Janet Yellen fa da contrappeso il blitz alla banzai Kuroda san, eroe di giornata delle Borse che non hanno gradito l’ultimo messaggio della Fed, ufficialmente ancora schierata con la tesi dei “graduali e modesti rialzi” per il 2016. Una strategia forse inadeguata a giustificare il ruolo di leader della finanza americana in un mondo affamato di leadership per far fronte al disastro dei principali mercati emergenti. Sul fronte valutario, poi, l’azione della Fed non è riuscita a controllare il cambio del dollaro, a tutto danno di Apple e degli altri Big.
“Credo che sia legittimo, a questo punto, chiedersi se la Fed a dicembre abbia fatto la cosa giusta”, dichiara al Financial Times Bob Michele, ceo di JP Morgan Asset Management. Quasi una bestemmia alla luce del dogma che, soprattutto dal crollo di Lehman Brothers in poi, ha dominato il cielo dei mercati: le Banche centrali hanno sempre ragione. O quasi. Non è solo l’autorità della Fed a vacillare all’inizio del 2016. Anche la Banca centrale europea stenta a riprendersi dalla delusione del 3 dicembre, quando l’ostilità dei “falchi” (confermata dalla pubblicazione dei verbali interni) ha obbligato Mario Draghi a frenare l’allargamento degli acquisti sui mercati. Certo, herr Draghi si è preso una rivincita rilanciando l’operazione per il prossimo marzo, con grande soddisfazione delle Borse. Ma che qualcosa non fili nel verso giusto lo conferma la veemenza con cui lunedì sera, di fronte al Parlamento tedesco, il presidente della Bce ha difeso l’obiettivo del tasso di inflazione poco sotto il 2 per cento, una meta che Francoforte da quattro anni non sfiora nemmeno. “Centrare il nostro obiettivo è una questione di credibilità – ha detto Draghi – Se una Banca centrale si dà un obiettivo, non si possono spostare i paletti quando non lo centra”.
[**Video_box_2**]E ancora: “La credibilità si ha quando tutte le parti rispettano il proprio mandato. E questo è ciò che farà la Bce, come ci chiede il Trattato”, ha aggiunto. Ma i big della finanza, oltre a interrogarsi su un quadro geopolitico sempre più complicato, si chiedono se e quanto durerà l’effetto della put di Kuroda, il paracadute che ha dato ossigeno ieri ai mercati finanziari. Per qualcuno non è una mossa isolata, ma il segnale di un nuovo concerto tra i signori del denaro. “Le Banche centrali torneranno in azione – aveva profetizzato a metà settimana il gestore hedge Stephen Jen – dopo che i prezzi saranno scesi di un altro 20 per cento, scontando gli effetti della minor crescita della Cina”. Si vedrà, ma sarebbe un altro indizio che la Fed “rialzista”, per ora, stenta ad assolvere il ruolo di bussola della finanza internazionale.