Nuovo risiko editoriale
Ecco come nasce il piano degli Agnelli per uscire dal Corriere della Sera
Roma. Gli Agnelli sono pronti a uscire dal Corriere della Sera. La voce, che circola da qualche tempo, è confermata al Foglio da una fonte vicina alla famiglia torinese. La tempistica però si sarebbe ristretta: John Elkann avrebbe intenzione di annunciare l’uscita dal quotidiano milanese prima di un prossimo eventuale aumento di capitale. Il prossimo consiglio di amministrazione Rcs si terrà il prossimo 18 febbraio ma non si dovrebbe parlare di finanza straordinaria. Di sicuro, al di là dei tempi, pesa la situazione debitoria, e di sicuro c’è l’intenzione di Elkann di non fare nuovi sacrifici per il Corriere. Su questo ci sarebbe una rara comunione d’intenti con Sergio Marchionne: da una parte infatti Marchionne ha sempre ostentato disinteresse per la quota in Rcs, e le buone pratiche di Borsa di Wall Street rendono da tempo incongrua la partecipazione massiccia in Italia in un business considerato ormai secondario come quello editoriale. Dall’altro fronte, quello della famiglia, Elkann avrebbe nuove strategie proprio sul fronte editoriale.
Chi gli è vicino afferma che “l’ingegnere”, come viene chiamato dai collaboratori, è molto concentrato su questo versante del business, visto che oltretutto sul fronte dell’auto non ha grande margine di manovra. Così Elkann vorrebbe proseguire il percorso di affrancamento editoriale cominciato con l’Economist, in cui Exor (società d’investimento controllata dalla famiglia Agnelli) è diventato primo azionista con gran dispendio di denari (quasi mezzo miliardo di euro). Non una bizzarria o un trofeo, però, ma una scelta di campo, gestita in maniera accorta, sotto due profili. Intanto un’opa ostile da quasi 7 miliardi sul gruppo americano della riassicurazione che non era scontata, e che promette utili e cassa per il futuro. Poi, fa contenti i consanguinei tradizionalmente assetati di cedole. Una mossa insomma da capofamiglia, che suggella anche un po’ la maturità del giovane Elkann, che tra due mesi esatti compirà quarant’anni. Non per rimestare nella vasta aneddotica di famiglia, ma fu l’età in cui il nonno cessò la tutela del professor Valletta. A spingere per la fine della tutela è anche la moglie di Elkann, Lavinia Borromeo, che rivendica un ruolo più incisivo per il marito. Sistemata la famiglia, il non-giovane Elkann forse penserà ad affrancarsi da Marchionne, che ufficialmente dovrebbe andarsene tra due anni. E anche qui, corsi e ricorsi: gli Agnelli si troveranno per l’ennesima volta alle prese con un ad tanto talentuoso quanto ingombrante e “pericoloso”, come fu De Benedetti (ma non solo), nei suoi lontani cento giorni da ad Fiat, proprio quarant’anni fa, nel 1976 (altri ricorsi). In questo caso però Cdb potrebbe essere un alleato e in prospettiva esistono i presupposti per ragionare su un patto per un ingresso degli Agnelli/Elkann nel capitale dell’Espresso (magari con una quota bassa “per non spaventare nessuno”, come dice al Foglio una fonte torinese, e poi salire, come avvenuto nell’Economist). L’ipotesi di una fusione tra Rep. e Stampa potrebbe essere facilitata anche dal cambio di direttore (Mario Calabresi, direttore di Repubblica, viene dalla Stampa) e l’operazione sarebbe plausibile anche perché il gruppo Espresso gode di buona salute grazie alle cure chirurgiche di Monica Mondardini.
[**Video_box_2**]Elkann sa che coi giornali non si fanno i soldi, ma sa anche che questa pista potrebbe essere meno onerosa di quella che prevede la famiglia stabile in Rcs. Il rischio-Repubblica è calcolato: operazione a prezzi di saldo, cifre ridicole per l’enorme liquidità di cui dispone la famiglia grazie anche allo scorporo della Ferrari. Rimane da decidere con quale veicolo svolgere l’operazione: la partecipazione nell’Economist è in capo a Exor, quella nel Corriere ricade invece su Fca. Il disimpegno futuro dal Corriere, dunque, non coinciderà con un addio della famiglia al mondo dell’editoria ma sarà il preludio per una nuova fase storica. Agnellismo 2.0? Forse. L’Avvocato del resto sosteneva che se solo avesse potuto scegliere non si sarebbe certo dedicato alle carrozzerie, ma al giornalismo. Il giornalismo resterà di certo, il Corriere a quanto pare no.