Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan (LaPresse)

Perché la Commissione Ue mette l'Italia al limite estremo del Patto di stabilità

David Carretta
Previsioni economiche non brillanti, c'è il rischio di una manovrina, e per il 2017 non ci sono condizioni per altra stabilità

Bruxelles. La crescita del 2016 rivista leggermente al ribasso (da 1,5 a 1,4 per cento), il deficit che aumenta un po' più del previsto (da 2,3 a 2,5 per cento), ma il vero dato che conta per il governo di Matteo Renzi nelle previsioni economiche d'inverno pubblicate dalla Commissione è il saldo netto strutturale. E la cifra del deficit al netto del ciclo e delle una tantum non è buona: un peggioramento dello 0,7 per cento di pil – 0,2 in più rispetto alle previsioni economiche d'autunno – ben al di sopra di quanto raccomandato all'Italia dall'Ecofin la scorsa estate (un miglioramento dello 0,1 per cento), ma soprattutto più alto di quanto il governo dovrebbe fare anche tenendo conto di tutte le clausole di flessibilità richieste (un peggioramento dello 0,5 per cento). Con il margine di tolleranza (un quarto di punto di pil), l'Italia è all'estremo limite di ciò che è consentito dalle complicate regole del Patto di Stabilità. Non è escluso che – flessibilità o meno – in primavera arrivi la richiesta di una manovrina per correggere, come del resto già evocato nel giudizio preliminare della Legge di Stabilità dello scorso novembre, quando la Commissione invitò il governo a adottare “misure necessarie per garantire che il bilancio 2016 sia conforme al Patto di Stabilità”. Le previsioni economiche d'inverno rafforzano “il  rischio di una deviazione significativa dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo a medio termine”, che era stato sottolineato a novembre. Una conclusione che “non cambierebbe se si escludesse dalla valutazione l'impatto sul bilancio dell'afflusso eccezionale di rifugiati”, aveva detto allora la Commissione.

 

Questi dati spiegano perché il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, abbia chiesto una “risposta” rapida dalla Commissione Juncker sulla flessibilità. L'incertezza sulla politica di bilancio che dovrà seguire l'Italia nel 2016 e 2017 “non aiuta la crescita”, aveva detto Padoan. Ma il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, non ha fretta. “Le decisioni le prenderemo a maggio”. Nel frattempo “lo spirito di dialogo deve prevalere sullo spirito di scontro: ci vuole un po' di serenità e pazienza”, ha detto Moscovici. Alla fine sarà dato “sostegno alle riforme”, ma senza “tradire” il Patto, ha spiegato il commissario. Tuttavia l'entusiasmo per la flessibilità tecnica e politica si sta esaurendo. La Commissione non cadrà “in una politica di austerità stupida”, ma gli elementi di flessibilità già introdotti “sono sufficienti”, aveva detto mercoledì il suo presidente, Jean-Claude Juncker. L'esecutivo comunitario domani potrebbe rigettare il progetto di bilancio presentato dal governo socialista in Portogallo, a causa di uno scostamento eccessivo rispetto all'aggiustamento strutturale richiesto, dopo che l'esecutivo di Antonio Costa ha annunciato consistenti aumenti per gli stipendi del settore pubblico.

 

Per l'Italia, non c'è solo il rischio di un'eventuale manovrina quest'anno. La partita tra Roma e Bruxelles riguarda anche il 2017 e gli obiettivi del Documento di Economia e Finanza da presentare entro aprile. “La flessibilità per il 2016 sarà data a maggio, se l'Italia ricomincia a fare l'aggiustamento richiesto per gli anni successivi”, spiega al Foglio una fonte comunitaria. A politiche attuali, anche tenendo conto dell'aumento dell'Iva di inizio 2017 previsto dalla clausola di salvaguardia sottoscritta dal governo nel caso in cui non si trovino misure compensative, il miglioramento è limitato allo 0,2 per cento di pil. Inoltre, la clausola di flessibilità sulle riforme si può applicare una volta sola in attesa di raggiungere il pareggio di bilancio. Infine, per beneficiare della clausola di flessibilità sugli investimenti, l'output gap deve essere superiore a -1,5. Allo stato attuale “non ci sono le condizioni” per altra flessibilità nel 2017, dice la fonte. Dal prossimo anno, dunque, l'Italia dovrebbe realizzare un aggiustamento strutturale di almeno lo 0,5 per cento di pil.

 

Nel dettaglio, le previsioni della Commissione certificano che l'Italia nel 2016 ha “una posizione fiscale espansiva”. Il deficit nominale scenderà solo “marginalmente” rispetto al 2015 (dal 2,6 al 2,6 per cento). E' il risultato dell'impatto “espansivo della Legge di Stabilità 2016, che include 3,2 miliardi di spesa addizionale su sicurezza e cultura, che hanno aumentato gli obiettivi di deficit al 2,4 per cento dal 2,2 per cento della bozza di bilancio presentata a ottobre". Di conseguenza, l'equilibrio strutturale "dovrebbe peggiorare di circa un quarto di punto del pil" nel 2016, con la spesa primaria che crescerà "a ritmo moderato" (0,9 per cento su base annua in termini nominali). La pressione fiscale dovrebbe scendere di un quarto di punto rispetto allo scorso anno, grazie a una riduzione ulteriore del cuneo fiscale e all'abolizione delle tasse sulla prima casa. Nel 2016, il debito è destinato a scendere solo leggermente, anche a causa del peggioramento del saldo strutturale: dal 132,8 al 132,4 per cento del pil.

 

Complessivamente il pil dovrebbe crescere di 1,4 per cento quest'anno, secondo la Commissione. "L'economia dell'Italia è destinata a crescere a un ritmo più veloce nel 2016, ma ancora al di sotto della media dell'area euro. La caduta del prezzo del petrolio e una posizione fiscale espansiva dovrebbero sostenere la domanda esterna e compensare il rallentamento delle esportazioni". La ripresa rischia però di rallentare nel 2017 al 1,3 per cento, a causa dell'aumento delle importazioni che neutralizzerà la domanda esterna più forte e la caduta dei consumi privati dovuta all'aumento dell'Iva previsto dalle clausole di salvaguardia. I risultati del Jobs Act e delle altre riforme sul mercato del lavoro sono positivi, secondo la Commissione. L'occupazione dovrebbe continuare ad aumentare nel 2016 e 2017 (con un tasso di disoccupazione rispettivamente al 11,4 e 11,3 per cento), mentre il costo del lavoro rimarrebbe limitato "in parte grazie ai tagli al cuneo fiscale". L'inflazione è ferma allo 0,3 per cento nel 2016, mentre l'anno successivo dovrebbe fare un balzo del 1,8 per cento a causa dell'aumento dell'Iva di due punti percentuali sull'aliquota standard e di tre punti per quella ridotta.

 

Quanto all'Unione Europea e alla zona euro, le previsioni della Commissione sono cambiate di poco rispetto all'autunno, ma i rischi al ribasso sono aumentati soprattutto a causa dei fattori esterni. La ripresa dell'Ue rimane stabile al 1,9 per cento quest'anno e al 2 per cento il prossimo. Quella dell'area euro dovrebbe attestarsi al 1,7 per cento e al 1,9 per cento. “Dobbiamo restare all'erta”, ha avvertito il vicepresidente della Commissione responsabile per l'Euro, Valdis Dombrovskis: “La crescita moderata dell'Europa sta fronteggiando venti contrari più forti, dal rallentamento dei mercati emergenti come la Cina all'indebolimento del commercio globale e alle tensioni geopolitiche nel vicinato dell'Europa”. Nascosti nel documento ci sono anche i rischi al ribasso dovuti a fattori interni all'Ue: errori nella gestione dei flussi di migranti potrebbero danneggiare la fiducia economica, portare alla sospensione di Schengen e a altre misure che metterebbero in pericolo il mercato interno.

 

Articolo aggiornato alle ore 15.02