Perché la Bank of England aspetterà fino alla Brexit per prendere qualsiasi mossa sui tassi
Roma. Le principali banche centrali del mondo sono in modalità "wait and see", guarda e aspetta, dopo la decisione della Federal Reserve di dicembre di cominciare gradualmente ad aumentare i tassi d'interesse, un percorso probabilmente al ralenti. Anche la Bank of England (Boe) ha buone ragioni per restare in attesa soprattutto perché pende sul Regno Unito un referendum sull'uscita della nazione dall'Unione europea (la cosiddetta Brexit).
Il 45 per cento degli elettori vuole l'uscita dal Regno Unito. E un altro 19 per cento è indeciso. Oggi il Times ha pubblicato il primo sondaggio dopo la presentazione delle proposte di Bruxelles per convincere la Gran Bretagna a rimanere in Europa. Che evidentemente non ha convinto i britannici interpellati da YouGov: se togliamo li indecisi i dati rilevano un aumento di chi dice no all'Europa.
Anche i mercati valutari potrebbero aver già iniziato a "prezzare" il rischio. Ritenuto ancora non probabile ma "possibile". Per gli esperti di Goldman Sachs il mercato starebbe iniziando a riflettere nella valutazione della sterlina i timori che la Gran Bretagna dica "bye bye" al Vecchio Continente. E questo perché il pound di Sua Maestà si è indebolito sia sul dollaro sia sull'euro più di quanto il differenziale tra i tassi di interesse delle Banche centrali giustifichino. Se la Brexit si verificasse veramente, infatti, nell'ipotesi estrema che si verifichi un'interruzione improvvisa e totale dei flussi di capitale dall'Europa a Londra, la sterlina potrebbe accusare un calo del proprio valore fino al 15-20 per cento. Gli analisti precisano: "Il nostro scenario base non prevede che il Regno Unito lasci l'Unione europea. In ogni caso, data l'attenzione del mercato alla possibilità di una 'Brexit', vale la pena chiedersi quale potrebbe essere l'impatto sulla sterlina".
La debolezza della sterlina riflette allo stesso tempo anche una politica monetaria che negli ultimi tempi si è fatta più accomodante delle attese proprio per l'incertezza legata al rischio Brexit. Solo qualche mese fa l'aspettativa era che la Bank of England iniziasse ad alzare i tassi di interesse nel secondo trimestre del 2016. Il calcio di inizio era stato dato dalla decisione della Fed di dicembre. La Boe avrebbe seguito. In un articolo di qualche tempo fa, l'Economist notava che, prendendo le decisioni sui tassi di interesse fino agli anni 70, si nota come la Boe segua la scia dei cugini americani: i dati mostrano che ogni volta che la Fed interviene sui tassi, c'è una probabilità del 23 per cento che la Boe faccia lo stesso (nella stessa direzione) nelle successive tre settimane.
Invece, questa volta l'incertezza sulla Brexit, abbinata a qualche preoccupazione in più sulla salute economica di Londra, sta costringendo il governatore Mark Carney alla finestra (sebbene anche oltreoceano inizino invece a vacillare le convinzioni sul ritmo e velocità del rialzo dei tassi avviato a dicembre).
[**Video_box_2**]Da dicembre la Boe ha adottato un tono "dovish", da colomba, ossia accomodante che ha indotto il mercato a spostare in modo considerevole le attese per un aumento del costo del denaro. A inizio gennaio Goldman Sachs per esempio ha fatto slittare il rialzo dei tassi di due trimestri, al quarto trimestre 2016. Così ieri non ha sorpreso nessuno la decisione, presa all'unanimità, della BoE di mantenere i tassi allo 0,5 per cento, livello che non si muove da marzo 2009.A oggi la Bank of England sta tenendo i tassi ai minimi storici (0,5 per cento) per 83 mesi consecutivi, come da grafico del Financial Times qui sotto.
La Boe teme i rischi di turbolenza sui mercati legati al voto sulla Brexit. Per alcuni analisti, aumentare i tassi di interesse prima di un voto che può avere degli impatti negativi sull'economia sarebbe per la BoE un rischio molto maggiore che fermarsi ed aspettare cosa succede. Allo stesso tempo, è vero che un violento indebolimento della sterlina potrebbe convincere la BoE ha effettuare una stretta. Ma la mossa anche in questo caso dovrebbe arrivare dopo il referendum: se aumentasse i tassi prima in soccorso della valuta, fanno notare alcuni esperti, e alla fine i britannici votassero a favore della Ue, il pound balzerebbe violentemente, spingendo al ribasso l'inflazione (osservato speciale per Carney). Il che, insieme all'aumento del costo del denaro (che sono una misura restrittiva dell'economia, significherebbe un doppio shock negativo per l'economia di Sua Maestà.
La buona notizia è che l'incertezza potrebbe durare ancora poco. Qualche giorno fa, per la prima volta il premier Cameron ha indiato una possibile data per il referendum che, se verrà finalizzato l'accordo con l'Ue entro il vertice del 18-19 febbraio, potrebbe tenersi il 23 giugno.