Il G20 s'attorciglia sui super-stimoli e crescono “pazze idee”
Roma. I ministri dell’Economia e i banchieri centrali intervenuti al vertice del G20 a Shanghai (26-27 febbraio) hanno dimostrato ampie divergenze di opinioni sull’idea di nuovi e copiosi stimoli finanziari e monetari per sostenere direttamente la ripresa dell’economia reale, mentre i guai di dell’Europa, minacciata da Brexit e da un flusso migratorio inedito, hanno motivato l’affioramento di istanze nazionali al forum delle venti maggiori economie globali. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) hanno suggerito al G20 di considerare gli investimenti pubblici e la riduzione della pressione fiscale come misure da sfoderare in caso la ripresa globale dovesse indebolirsi. Il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, ha citato rischi incombenti dalla geopolitica al ciclo del credito, dai capitali in fuga dalle economie emergenti alla caduta dei prezzi delle materie prime.
“Consideriamo in aumento la probabilità della materializzazione di questi rischi, ma ancora vediamo crescita”, ha detto. Il Fmi, scrive la Stampa, ha offerto al G20 un documento ricco di consigli espansivi. Tipo: “Investimenti per infrastrutture in Germania”, “rapida attuazione o espansione” del piano Juncker, “pieno uso della flessibilità” delle regole per i paesi che compiono riforme strutturali. E’ un equilibrismo tra espansione e rigore quello del Fmi che dal 2008 in poi ha avuto un ripensamento dacché sosteneva l’Austerity di matrice tedesca. Dal comunicato finale uscirà un’indicazione vaga sull’agire “se necessario” se l’economia dovesse “marcatamente deteriorarsi”. La sensazione di futuri stimoli pubblici o monetari ha irrigidito il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble: “Il modello di crescita finanziata a debito ha raggiunto i suoi limiti […] quindi noi non siamo d’accordo con un pacchetto di stimoli del G20 come qualcuno dice… non ci sono altre scorciatoie fuorché le riforme”. Michel Sapin, ministro delle Finanze francese, ha escluso azioni coordinate di stimolo della domanda. Tuttavia suggestioni in questo senso che, in linea teorica, porterebbero acqua al mulino dell’Italia, vista la richiesta di più flessibilità di bilancio alla commissione Ue, ne stanno emergendo in quantità. Sui quotidiani internazionali si discute di un uso più ampio dei “soldi gettati dall’elicottero”, “helicopter money”, espressione figurativa dell’economista Milton Fridman per indicare l’idea di una libera distribuzione di denaro fresco alla popolazione, come fosse gettato da un elicottero. L’ltimo a invocare tale politica iper-espansiva è Ray Dalio, fondatore di uno dei maggiori fondi di investimento mondiali, Bridgewater Associates. Dice Dalio in una lettera ai clienti filtrata ai giornali che siccome gli stimoli tentati – tassi d’interesse a zero e acquisto di asset pubblici e privati dalle Banche centrali (Quantitative easing) – sono falliti non resta che iniettare soldi direttamente nelle vene dell’economia reale per stimolare la spesa privata. Ad esempio – pazza idea – iniettare mille euro o più nei conti corrente dei cittadini o, in alternativa, per finanziare le spese statali, come chiede Jeremy Corbin del partito Laburista.
[**Video_box_2**]Gli analisti sono guardinghi. Martin Wolf sul Financial Times contempla una soluzione irrituale, fallite tutte le altre, ma vede solo palliativi. Jeremy Warner del Telegraph inorridisce alla vista dell’elicottero perché non c’è correlazione tra maggiori deficit e maggiori spese per consumi e perché non è detto che ciò serva come panacea dei malesseri dell’economia dopo i corposi stimoli già prodotti. Sullo sfondo, la Brexit è stata oggetto di discussione al forum con il cancelliere dello Scacchiere George Osborne che ha parlato di “profondo choc economico in caso di uscita” in risposta ai recenti appelli pro-Brexit del sindaco di Londra, Boris Johnson, che gli contende la leadership del partito conservatore. Il G20 di Shanghai ha portato irritualmente la contesa per la guida del partito inglese fondato da Benjamin Disraeli sul palcoscenico mondiale.