Caro Mucchetti, la riforma delle Bcc si cambia così
Caro Direttore, conosco la profondità della competenza e la capacità progettuale di Massimo Mucchetti anche in materia finanziaria e condivido molte parti della lettera da lui firmata, insieme con 19 altri senatori – e pubblicata sul Foglio dell’11 marzo – riguardante la riforma delle Bcc. Non mi convince, invece, la critica a una delle modalità con la quale si potrebbe realizzare la “way out” dalla prevista nuova architettura societaria culminate in un gruppo cooperativo al quale le Bcc dovranno aderire. Si tratta della possibilità di “uscire” per quelle Bcc aventi un patrimonio superiore a 200 milioni che attuino il conferimento d’azienda, che cioè si scindano in cooperativa, conferente, e Spa bancaria, conferitaria, che sarebbe di esclusiva proprietà della prima.
Il controllo totalitario, ovviamente, inciderebbe sugli indirizzi della spa, pur nei limiti in cui ciò è consentito; la cooperativa potrebbe altresì promuovere direttamente iniziative di mutualità, solidarietà, sussidiarietà. Le riserve dell’originaria Bcc potrebbero essere mantenute dalla cooperativa, previo versamento di una imposta straordinaria, superiore a quella prevista dal decreto legge nel 20 per cento, in ragione della diversa configurazione comunque assunta. Si potrebbe, altresì, incidere sulle funzioni della stessa cooperativa, stabilendo limiti e vincoli. E’ lo stesso schema adottato oltre 25 anni fa per la riforma della banca pubblica, scissa in fondazione e spa bancaria. Del resto, se si vedono pericoli in questa variante della “way out”, cosa si dovrebbe, allora, dire di una obbligatoria partecipazione delle Bcc a un gruppo che sarà governato da una holding in forma di spa? Se la spa è alla testa di un architettura nuova fatta di cooperative di credito va bene, ma se è sotto il controllo totalitario di una cooperativa no?
Con i più cordiali saluti.