Gestire la crisi migratoria con il mercato? Si può
Un sistema di quote d’immigrazione commerciabili, simile a quello già elaborato per favorire la riduzione di emissioni inquinanti, potrebbe fluidificare le trattative, agevolando l’allocazione dei migranti tra i diversi paesi e, per effetto di ciò, incentivando la disponibilità ad accoglierne un maggior numero complessivo. Il meccanismo prevederebbe una suddivisione iniziale, calibrata su parametri come la popolazione e il prodotto interno lordo dei singoli stati membri. Questa ripartizione sarebbe solo un punto di partenza: a seconda dall’attitudine dell’opinione pubblica e della capacità di assorbire i costi dell’accoglienza, alcuni paesi (per esempio la Germania) si vedrebbero assegnare un quantitativo di rifugiati inferiore rispetto a quello effettivamente ospitabile, altri (per esempio, l’Ungheria) si vedrebbero richiedere uno sforzo incompatibile con le relative disponibilità. Questi ultimi potrebbero, allora, remunerare i primi perché si facessero carico di parte dei loro obblighi. Un sistema di aste assicurerebbe l’equilibrio e l’efficienza del sistema.
Una simile soluzione desterebbe resistenze ideologiche prevedibili: in primo luogo, applicare alle politiche migratorie uno strumento già utilizzato per le quote d’emissione equivarrebbe ad alimentare indirettamente un parallelo piuttosto ingeneroso tra immigrazione e inquinamento. In realtà, numerosi studi empirici rivelano che la libertà di circolazione e l’immigrazione hanno un effetto benefico sull’economia. Tuttavia, non si possono ignorare le cronache di queste settimane, che testimoniano un diffuso disagio verso la prospettiva dell’accoglienza. Persino in Germania, il 60% della popolazione ritiene non più sostenibile il flusso di migranti in arrivo nel paese. I fautori dell’opportunità di un sistema di quote commerciabili si limitano a prendere atto della situazione e a proporre un possibile correttivo.
Un’obiezione più sensata è quella secondo la quale i migranti non possono essere trattati come pacchi postali e devono avere la possibilità d’influenzare la scelta della propria destinazione. Questo, però, è un argomento che investe a maggior ragione l’attuale sistema di quote fisse, peraltro ampiamente disatteso. In alcuni recenti lavori, l’economista Jesús Fernández-Huertas Moraga ha esplorato la possibilità di affiancare alle quote commerciabili un meccanismo di abbinamento tra migrante e paese di destinazione, sulla scorta di quelli studiati da Al Roth per governare le ammissioni universitarie o le assegnazioni di organi per i trapianti e che gli sono valsi il Nobel per l’economia nel 2012. Il costo complessivo dell’accoglienza aumenterebbe leggermente, ma crescerebbero anche le probabilità di un’integrazione pacifica dei nuovi arrivati.
Ultima obiezione: perché pagare per qualcosa che si potrebbe fare gratis, se solo ci fosse la volontà politica? Perché già oggi i paesi dell’Unione stanno sacrificando risorse ingenti alla gestione dei migranti. Talora in modo più visibile: si pensi ai contributi promessi alla Turchia per spostare il problema oltre i confini del continente; talaltra in modo più nascosto, e forse non del tutto consapevole: si pensi al costo incalcolabile imposto dalle spinte ad andare oltre Schengen: una mossa che equivarrebbe al funerale dell’Europa unita e che difficilmente risparmierebbe anche il mercato unico.