Sulla Concorrenza meglio una pausa che un favore alle lobby
Roma. Tra una settimana compirà un anno esatto il percorso parlamentare del disegno di legge sulla Concorrenza voluto dal governo Renzi. Dalla Camera dei deputati il testo è passato al Senato dove, nelle prossime ore, dovrebbero essere votati in Commissione Industria gli emendamenti definitivi prima dell’approvazione. Come rivendicato più volte da parte del ministero dello Sviluppo di Federica Guidi, con l’approvazione di una legge annuale per il mercato e la concorrenza si attuerebbe per la prima volta un impegno che il Parlamento prese nel 2009, quello di fare tesoro ogni anno delle indicazioni dell’Antitrust. Tuttavia ieri l’economista Francesco Giavazzi, sulla prima pagina del Corriere della Sera, ha scritto che in Parlamento “abbiamo assistito a un assalto alla diligenza condotto da tutte le lobby che rischiavano di perdere un po’ di rendita. E così quella buona proposta di legge è stata via via svuotata”. Conclusione: salvare il salvabile, perché “lasciar perdere e far decadere la legge sarebbe tuttavia un errore”.
Più radicale, invece, il giudizio della senatrice Linda Lanzillotta che, in una conversazione con il Foglio, dice: “Resto ottimista per gli sforzi migliorativi delle prossime ore. Ma se questa riforma così importante dev’essere frenata ancora da fattori esogeni di tipo politico, allora meglio rimandare a tempi migliori”. Il suo è un ragionamento tutt’altro che estremista, prende il via da considerazioni di buon senso economico: “L’Italia ha un enorme problema di competitività e crescita. Le liberalizzazioni, aprendo alla concorrenza, favorendo imprenditorialità e quindi occupazione, diventano vitali. Specie in una fase in cui all’Unione europea si chiede maggiore flessibilità sui conti pubblici. Pochi decimali di sconto sul deficit pubblico diventano rilevanti soltanto se il denominatore del rapporto fra deficit e pil cresce. Oltre che politicamente più difendibili a Bruxelles”. Ecco un campanello che potrebbe far ragionare Palazzo Chigi. Dov’è il freno nascosto? “Ci sono le lobby degli interessi costituiti, è fisiologico”, dice Lanzillotta. Giavazzi fa l’esempio della norma “anti Booking.com” che consente agli hotel, a differenza di quanto accade oggi, di fare free riding sull’investimento pubblicitario di Booking e piattaforme simili, lasciando che i clienti possano confrontare i prezzi online e poi acquistare sul sito dell’albergo. “E’ evidente che siti come Booking.com in Italia sparirebbero – ha scritto l’economista della Bocconi – Questa norma è sostenuta dal ministro Franceschini su richiesta di Federalberghi, il cui presidente, Bernabò Bocca, è un senatore di Forza Italia”.
Lanzillotta fa un altro esempio: “Con il ddl Concorrenza finisce il regime di tutela nel campo dell’energia elettrica. Ma occorre organizzare il mercato per quel che verrà dopo, altrimenti i clienti rimarranno di fatto con Enel”, partecipata dal Tesoro. “Il problema aggiuntivo che rilevo in commissione – dice la senatrice – è che anche l’esecutivo sembra procedere con il freno a mano tirato. Dal ministero dello Sviluppo, nonostante il ministro Guidi venga dal mondo dell’impresa, non si percepisce un passo di carica. Ma io faccio un ragionamento realistico. Capisco che dopo la riforma del mercato del lavoro, che ha dato ottimi risultati, quella della scuola, che li sta dando, e quella della Pubblica amministrazione ancora in itinere, il governo ritenga che l’opinione pubblica debba metabolizzare meglio alcune tensioni sociali che ne discendono. E il dibattito sulle liberalizzazioni ha il solito problema: dà voce a chi viene penalizzato oggi ma non a chi ne sarà potenzialmente avvantaggiato già domani. Eppure un mercato più aperto sarebbe ‘una cosa di sinistra’, redistribuirebbe più equamente la ricchezza a danno delle rendite. Aggiungiamoci pure le elezioni amministrative che incombono. Resto ottimista: in settimana potremo trovare un accordo migliorativo su energia, trasporti (cioè Uber) e piattaforme web per gli hotel. In caso contrario, meglio occuparsi di concorrenza in un altro momento, quando ci saranno meno fattori esogeni di tipo politico”.
tra debito e crescita