Millennial vs Boomer, le divergenze generazionali in ufficio
Milano. Millennial versus over 55. Il confronto generazionale non riguarda più solo iPhone, app e X Factor. Ma si è spostato in azienda dove i due gruppi hanno in comune quasi solo la scrivania. I giovani tra i 16 e i 34 anni (nati negli anni 1982-2001), per esempio, hanno come priorità lo sviluppo e la formazione e guardano a una leadership social & digital. Agli antipodi gli over 55, i cosiddetti "boomer", che mettono al primo posto la salute e prediligono una leadership orientata agli obiettivi.
Queste due “popolazioni” di dipendenti, indica uno studio dell’associazione Valore D presentato ieri, rappresentano nella percezione delle aziende due importanti priorità nelle politiche di welfare, subito dopo il più ampio concetto di benessere dei collaboratori. Lo studio, condotto su un panel di 82 imprese, ha fotografato l’esistenza di un confronto generazionale che pone alle aziende obiettivi ed esigenze divergenti con pochi punti di contatto tra i due mondi.
I Millennial, infatti, sono attenti soprattutto al tema delle sviluppo e della formazione, alle opportunità di carriera e in terza posizione mettono la work life integration (integrazione di vita e lavoro). Al contrario, gli over 55 sono preoccupati soprattutto della salute e non sottovalutano il tema della gestione dei genitori anziani, per quanto mettano anch’essi tra le priorità la work life integration (il principale punto di contatto con i Millennial). Inoltre, per i Millennial le misure di welfare più apprezzate riguardano lo smart working, il tempo libero e i servizi finanziari. Per gli over 55 al primo posto, coerentemente alle loro priorità, ci sono previdenza e salute seguiti dai servizi per la famiglia, e solo al terzo posto lo smart working. Il tutto si traduce in stili di leadership diversi, potenzialmente conflittuali. I Millennial guardano a una leadership social & digital e innovativa, dove l’orientamento agli obiettivi è in terza posizione seguito dagli aspetti di collaborazione e inclusività. Gli over 55 mettono invece al primo posto la leadership orientata agli obiettivi, seguita da tre dimensioni potenzialmente speculari a quelle espresse dai Millennial: la leadership avversa al rischio, autoritaria e individualista.
[**Video_box_2**]Non manca un paradosso: nel concreto le aziende fanno tanto per i Millennial, che sono pochi sul totale dei dipendenti (bloccati dalle limitate assunzioni, uno su due neo assunti però è donna), mentre fanno ancora poco per gli over 55, che sono però tanti. I dati dello studio di Valore D indicano infatti che, relativamente al campione interpellato, un’azienda su due, il 50 per cento, ha percorsi dedicati ai Millennial ma questi nella maggior parte dei casi rappresentano meno del 30 per cento della popolazione aziendale. Allo stesso tempo, solo il 15,4 per cento delle aziende ha già introdotto percorsi dedicati agli over 55 che però nel 25 per cento delle aziende pesano tra il 30 e il 50 per cento della popolazione aziendale. Eppure è proprio dalla gestione degli over 55 che può passare la risoluzione di diversi nodi gestionali, come tra l’altro il ricambio generazionale e di carriera a favore anche della popolazione di età intermedia (35-54). “I Millennial sono stati al top dell’agenda aziendale per molto tempo, le aziende li hanno intercettati con diverse iniziative, ma ora la priorità è passata agli over”, ha commentato Anna Zattoni, direttore generale di Valore D.
Le aziende stanno così iniziando a introdurre iniziative innovative di “human cooperation”, come le ha definite Valore D, che attraversano le due generazioni spostandosi da un’ottica di valutazione dei comportamenti individuali a un’ottica di valutazione dei comportamenti collaborativi. Il gruppo Ferrovie dello Stato ha per esempio avviato un lavoro di bilancio delle competenze analizzando le competenze chiave delle proprie risorse per permetterne poi il trasferimento. Società come Tim, Pirelli, Enel e Bnl hanno introdotto programmi di reverse mentoring, una mentorship bidirezionale in cui non solo i giovani imparano dai senior ma anche i manager più attempati apprendono nuove competenze dai Millennial. I laboratori aziendali di welfare si riflettono anche nella nascita di nuove professioni. Così tra le pratiche d’avanguardia per la gestione degli over 55 c’è la creazione della funzione di “senior talent manager”. Non solo. Dato che la risoluzione del conflitto generazionale (così come altri aspetti della vita aziendale) non può che trarre beneficio da un clima di benessere diffuso tra tutti i dipendenti, sta prendendo piede, made in Usa, una nuova figura: il chief happiness officer, ovvero il dirigente addetto alla felicità dei dipendenti.