Si celano magagne tedesche dietro la polemica anti Draghi
Berlino. E se fosse tutto un bluff? Se gli strali di Wolfgang Schäuble, politici della Csu ed economisti tedeschi contro i tassi a zero di Mario Draghi servissero solo a nascondere le magagne del sistema bancario tedesco? Ad avanzare dubbi sul movente del fuoco di fila anti Banca centrale europea, concentratosi alla vigilia della riunione di oggi del Consiglio direttivo, è un titolato economista tedesco. Reint Gropp è il presidente del Leibniz-Institut für Wirtschaftsforschung (Iwh) di Halle, uno dei più importanti centri per la ricerca economica in Germania. Due volte l’anno l’Iwh pubblica un rapporto sulle prospettive dell’economia tedesca; un lavoro elaborato insieme ad altri cinque istituti di ricerca, fra i quali il più noto è l’Ifo di Monaco.
Fino a fine marzo, alla guida dell’Ifo c’era Hans-Werner Sinn, predicatore del rigore monetario e sostenitore come Schäuble dell’austerità per il sud dell’Eurozona. Dal primo di aprile alla guida del think tank di Monaco c’è il professor Clemens Fuest, “che imita il suo predecessore”, dice Gropp al Foglio. Eppure la partenza di Sinn ha già prodotto un primo effetto. Nel rapporto congiunto di metà aprile “abbiamo scritto che l’attuale orientamento della politica monetaria nell’Eurozona ‘appare adeguato’. Non credo che con Sinn avremmo mai potuto farlo”, dice Gropp sorridendo.
Reint Gropp
Intanto l’ascoltato professor Sinn continua a scrivere: di recente, dalle colonne del quotidiano tedesco Faz, ha proposto di iniziare ad alzare i tassi di interesse di un quarto di punto ogni sei mesi. In questo modo i governi smetterebbero di indebitarsi e accelererebbero sulle riforme: “Se Draghi lo ascoltasse, l’Eurozona cadrebbe nella deflazione e nella recessione, la disoccupazione si impennerebbe e la Bce violerebbe il suo mandato a mantenere la stabilità dei prezzi”. Nel sud dell’Eurozona – continua l’economista Gropp – una stretta monetaria avrebbe effetti deleteri, “e ottenere le riforme sulla pelle della gente a me sembra inumano”. Eppure l’idea di tassi in risalita titilla Schäuble, che contro Draghi ha giocato ogni carta. “Un ministro che si erge a capo della lobby delle banche è fuori luogo”. Gropp respinge la tesi secondo cui il tasso a zero danneggia gli istituti finanziari in Germania: “Al momento i margini delle banche tedesche sono ancora positivi e il sistema non è in sofferenza”. Allo stesso tempo, riconosce il capo dell’Iwh, in un contesto di tassi bassi il sistema bancario nazionale “è più vulnerabile”: ci sono troppe banche piccole con un sistema di intermediazione tradizionale, concepito per tassi alti.
La soluzione di Gropp è un rovesciamento del paradigma: invece che protestare contro una politica monetaria corretta, colpevole di mettere a nudo l’inadeguatezza del sistema finanziario della Germania, Schäuble dovrebbe finalmente fare ordine fra le banche di casa. “Un terzo delle banche tedesche è controllato dal governo: è ora di sciogliere l’alleanza scellerata fra politici locali e dirigenti bancari che si fanno favori reciproci”. Gropp cita ricerche dell’Iwh che dimostrano l’aumento del credito concesso da questi istituti in anni elettorali. Poi punta il dito contro “l’altro terzo” del sistema: un migliaio di minuscole banche cooperative a cabotaggio locale, abituate a concedere poco ai correntisti anche in presenza di tassi alti. “Con tassi bassi o a zero, il loro business model è in via di estinzione. Perché un paese grande come la Germania ha una sola banca attiva sul mercato internazionale?”. In soldoni: non si deve chiedere a Draghi di tradire il proprio mandato solo perché le banche tedesche hanno problemi arcinoti, “già messi all’indice dall’Ocse, dal Fondo monetario internazionale e dagli esperti del sistema”. L’economista ne ha per tutti. C’è chi sostiene che tassi bassi danneggino un’industria abituata ad assemblare la componentistica acquistata all’estero: l’euro debole aggraverebbe le spese per l’import. “La Germania ha il surplus commerciale più alto di tutti: l’argomento non sta in piedi”. Giorni fa il vicecapogruppo della Csu ha chiesto che il prossimo presidente della Bce sia tedesco: “La personificazione della politica monetaria è un esercizio sterile”. Oggi Draghi tornerà a parlare da Francoforte. Alcune settimane fa il numero uno della Bce aveva accennato alla possibilità di lasciar correre l’inflazione sopra al 2 per cento per compensare sul medio periodo le recenti tendenze deflattive: “L’idea è sensata ma se la realizzasse in Germania si scatenerebbe il putiferio”.