Penati sfoggia il volto “market friendly” del fondo salva-banche
Roma. Gli amministratori del nascituro fondo italiano salva-banche, chiamato Atlante, presentato ufficialmente ieri, hanno insistito nel sottolineare la natura privatistica del veicolo, distanziandosi dal governo, per mostrare il volto “market friendly” dell’ambiziosa opera di ristrutturazione del settore bancario. L’economista Alessandro Penati, presidente di Quaestio Sgr, gestore di Atlante, in attesa di ottenere “a breve” le autorizzazioni all’avvio del veicolo dalle autorità di vigilanza nazionali ed europee, ha spiegato che il fondo opererà con criteri competitivi e di mercato per sostenere la ricapitalizzazione delle banche italiane e favorire la cessione delle sofferenze che imballano l’industria del credito. “I nostri rapporti col governo e con Roma sono zero punto zero”, dice Penati.
In serata il governoRenzi ha varato un decreto che intende sia accelerare il recupero crediti sia rimborsare gli obbligazionisti di Banca Etruria penalizzati dal bail-in. L’annuncio dell’avvio di Atlante, l’11 aprile dopo un incontro tra banche e fondazioni al ministero dell’Economia, forte del nulla osta della Bce, ha calmato il prolungato collasso delle quotazioni dei titoli bancari italiani. Atlante è partecipato da 67 istituzioni tra banche, fondi pensione, fondazioni, con la Cassa depositi e prestiti in guisa di anchor investor, e ha raccolto 4,25 miliardi di euro che per due terzi circa serviranno a soddisfare gli aumenti di capitale di banche in difficoltà (Popolare Vicenza, Veneto Banca, Casse di Cesena e Rimini) e per il resto ad acquistare crediti deteriorati. La massa di questi ultimi, per la prima volta dal 2008, si è ridotta dal picco di 363 miliardi a settembre ai 360 di fine 2015, dice Banca d’Italia. La prima impresa di Atlante somiglia più a un doppio soccorso.
Come operazione di debutto Atlante ha fatto da “cavaliere bianco” nei confronti di Unicredit sostituendola in qualità di sottoscrittore principale della massiccia quota inoptata dell’aumento di capitale lanciato da Banca Popolare di Vicenza e conclusosi ieri, dopo una proroga, tra il disinteresse dei soci. L’aumento di capitale da 1,75 miliardi di euro della Popolare di Vicenza, problematico istituto del nord-est che paga la passata gestione localistica con la sfiducia dei piccoli azionisti, è stato un prevedibile flop: le adesioni hanno superato di poco l’8 per cento, così Atlante avrà il 90 per cento del capitale esercitando il controllo sull’istituto, peraltro consumando di già circa un quarto delle risorse finora raccolte. Inoltre, la programmata ammissione in Borsa della Popolare di Vicenza non è pacifica perché l’adesione della clientela retail può non bastare a formare il flottante necessario per la quotazione. Atlante ha evitato che Unicredit, in principio garante unico dell’aumento, si trovasse sola ad accudire il bambino infermo, ovvero a sobbarcarsi un rischio.
Penati confida di riuscire nell’impresa di ristrutturare la neo-controllata Vicenza entro 18 mesi e al contempo uscire dall’investimento (“se riesco significa che sono Warren Buffett, però ci tento”) incoraggiato dall’assenza di un “interesse particolare o locale” a condizionare l’operazione: “Dobbiamo rispondere solamente ai nostri investitori”, ha detto. Le agenzie di rating avevano già espresso dubbi. Moody’s ritiene che per Unicredit e Intesa Sanpaolo c’è il rischio di diventare, attraverso Atlante, azionisti di banche a rischio risoluzione e quindi potenzialmente incorrere in perdite con la procedura di bail-in. Per Penati Vicenza non corre più tale rischio. Le minacce alla fiducia dei risparmiatori non sono però terminate: 427 miliardi di euro di risparmi delle famiglie, più del 10 per cento della ricchezza finanziaria, sono esposti al rischio del bail-in, dice Banca d’Italia. L’azione benefica del fondo è però monca senza un intervento legislativo. Il Consiglio dei ministri si è riunito ieri sera mentre il Foglio andava in stampa per varare un atteso decreto – non inserito all’ordine del giorno ma comunque discusso – sia per riformare le norme fallimentari e agevolare il recupero crediti sia per risolvere la questione, in passato rinviata, degli indennizzi per circa 10 mila obbligazionisti penalizzati dal bail-in di Banca Etruria. Le fatiche di Atlante sono solo all’inizio.