Perché Snam osserva le reti austro-tedesche
Roma. Nel corso del suo ultimo cda alla guida di Snam come amministratore delegato, Carlo Malacarne ha tracciato le direttrici future della società: sguardo a paesi strategici come Francia, Austria e Germania e attenzione ai corridoi europei nord-sud ed est-ovest (Nord Stream 2, Tap ed eventualmente il progetto russo Poseidon per intenderci) nella speranza che la domanda di gas del vecchio continente - sempre più in calo - non nasconda nei prossimi mesi brutte sorprese. Prevedere cosa ne sarà del mercato del gas europeo sarà fondamentale per mantenere gli impegni di investimento che la nuova Snam a guida Marco Alverà (nominato proprio ieri nuovo ad), pupillo di Paolo Scaroni con un passato in Eni, si è dato. Anche perché le linee di espansione non sono di poco conto. L'azienda di San Donato Milanese starebbe valutando l'acquisizione dell'utility austriaca Gas Connect – attiva nel trasporto del gas e posseduta interamente dal gruppo Omv – e la rete tedesca Thyssengas. Thyssengas dovrebbe valere tra i 500 e i 550 milioni di euro ma ha un debito in pancia di 350 milioni, quindi l'equity value è di circa 150 milioni. Essendo l'asta al momento altamente competitiva – vi partecipano i fondi infrastrutturali Ardian e First State Investments, quest’ultimo affiancato da Ubs ed Evercore – si potrebbe verificare anche una corsa al rialzo. Se si comprende di più l'investimento fatto su Gas Connect, perché in linea con la direttrice di espansione e messa in sicurezza del Tag Austria, dove Snam è presente, si capisce meno la ratio dell'acquisizione della rete tedesca.
Perchè Snam la considera una preda appetibile? C'entra qualcosa un possibile futuro ingresso nel consorzio Nord Stream 2 con i russi e i tedeschi? "Al momento non è stata fatta alcuna offerta, ma stiamo monitorando e valutando se partecipare", ha detto il presidente Malacarne. In un'audizione al Senato, lo stesso Alverà, parlando della sicurezza degli approvvigionamenti di gas per l'Europa, ha implicitamente ammesso la necessità di fare i conti con i russi: "Se in Europa venisse a mancare il gas russo sarebbe possibile 'coprire' il buco negli approvvigionamenti in altro modo, ma un 4,5% resterebbe comunque scoperto", ha detto il nuovo capo azienda. Infatti, secondo la documentazione consegnata dalla Snam alla Commissione, attualmente la Russia copre la domanda di gas europea per il 22 per cento: in caso mancasse questa fornitura sarebbe possibile recuperarla attraverso altre rotte (Nord Africa, Norvegia), il gas liquefatto, l'aumento della produzione e gli stoccaggi, ma si arriverebbe al 78 per cento di quel 22 per cento. In sostanza, il 4,5 per cento del totale della domanda rimarrebbe comunque senza approvvigionamento. Un bel problema.
Per avere liquidità sufficiente a sostenere questa avanzata internazionale, Snam potrebbe presto mettere sul mercato Italgas, la società attiva distribuzione del gas urbano in Italia in passato commissariata per infiltrazioni mafiose. Le visioni su Italgas paiono divergere, se da un lato il nuovo Ad Alverà sembra propenso a dismettere quote, mantenendo una partecipazione di minoranza, Malacarne ha detto ai giornalisti che non c'è nessuna intenzione di liberarsi o vendere Italgas, ma solo di strutturarla per offrire maggiori possibilità di partecipare alle gare che partiranno a breve legate all'abolizione del mercato tutelato, prevista nel disegno di legge sulla concorrenza attualmente in discussione in Senato.
Al momento tutto però sembra rinviato alla presentazione del nuovo piano strategico previsto per giugno. Il peso sempre crescente di un azionariato diffuso fatto da fondi e altri investitori istituzionali ha fatto dire a Malacarne che "Snam può essere considerata a tutti gli effetti una public company". La trasformazione progressiva di Snam in public company pone almeno un quesito. Ovvero come questa trasformazione andrà ad intersecarsi con gli obiettivi strategici in termini di sicurezza degli approvvigionamenti che Snam deve perseguire per conto dello Stato italiano, in ultima istanza azionista di maggioranza della società. Il discorso riguarda soprattutto il progetto del gasdotto Tap. A tal riguardo, il sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonio Gentile, rispondendo ad una interrogazione parlamentare ha detto che, per l'Italia, il Tap continua ad avere una importanza strategica.
L'investimento sul Tap avviene per Snam (che detiene sul progetto una quota rilevante, il 20 per cento) in un contesto non regolato e soggetto a svariati rischi geopolitici (le pressioni russe per un progetto concorrente, il Poseidon, le difficoltà economiche dell'Azerbaijan e della Socar, la compagnia energetica azera principale partner di Snam nel Tap, il ruolo di Turchia, Grecia ed Albania che vogliono contare sempre di più sullo scenario energetico) ed è per questo motivo che Snam sarà chiamato a sostenerlo con un flusso di cassa costante. Per intenderci, è interesse di una public company con in pancia svariati interessi mantenere risalire la china dell'utile operativo a 1,8 miliardi, in calo rispetto ai circa 2 miliardi del 2015, essenziale per alimentare piani come quelli del Tap? Il tutto quando, come ha recentemente evidenziato un'analisi dell'agenzia di rating Fitch, la redditività e capacità finanziaria di Cdp (che controlla attraverso Cdp Reti la Snam) potrebbe essere messa sotto pressione nel caso i pezzi petroliferi non dovessero risalire, andando ad impattare pesantemente sulla politica dei dividendi, in primo luogo di Eni, ma anche di Terna o la stessa Snam.