Consigli (interessati) per fermare lo scempio dei trasporti à la Atac & Co.
Riduzione del 26 per cento dei sussidi pubblici per i servizi messi a gara, incremento vicino al 30 per cento dei servizi offerti (treni-km), crescita del 43 per cento dei passeggeri, miglioramento della qualità dei servizi e della customer satisfaction, recupero di efficienza dell’operatore nazionale intorno al 40 per cento: dieci anni fa, nella fase di avvio della liberalizzazione dei servizi ferroviari regionali in Germania, pochi avrebbero scommesso su questi risultati e anzi era opinione diffusa tra il management e i dipendenti dell’allora monopolista nazionale Deutsche Bahn (Db) che i nuovi competitor non avrebbero saputo gestire i servizi, troppo complessi e legati alle specificità di contesto. In sostanza non era la sfiducia nel mercato a prevalere, ma la convinzione di aver raggiunto una capacità ottimale di gestione dei servizi. Il confronto competitivo ha poi evidenziato che esistono sempre margini di miglioramento e spazi per rispondere in modo ottimale al contesto che cambia.
Oggi il mercato tedesco è aperto alla concorrenza, circa il 35 per cento dei servizi è gestito da “new entrants” vincitori delle gare, Db ha perso quote di mercato ma ha progressivamente incrementato i livelli di redditività dei servizi. Ma allora perché nel nostro paese il dibattito su questo tema è ancora dominato da posizioni ideologiche, comprensibili, ma che dovrebbero essere bilanciate da un’analisi critica e trasparente di risultati e da una politica dei trasporti mirata allo sviluppo dei servizi di trasporto pubblico, alla loro qualità, economicità e compatibilità con la riduzione progressiva delle risorse pubbliche? La liberalizzazione dei servizi ferroviari, che non è un obiettivo ma uno strumento funzionale al miglioramento dei servizi, è un’opportunità da non perdere per sviluppare un mercato, un settore industriale vitale e redditizio, con positive ricadute anche sull’occupazione e sull’indotto, come dimostrano le esperienze più avanzate in Europa.
In questa prospettiva, non è facile capire la propensione di alcune regioni verso una prosecuzione delle attuali condizioni di gestione dei servizi, vale a dire l’applicazione di affidamenti diretti all’attuale operatore nazionale, senza gara o senza un dialogo competitivo. Questa soluzione, già attuata nel recente passato con i contratti di servizio “sei+sei”, poteva essere giustificata dalla fase di riassetto e risanamento del Gruppo Fs, cosa che è avvenuta; ma oggi le condizioni sono cambiate e l’obiettivo di miglioramento del sistema di mobilità del nostro paese, richiamato da numerosi interventi legislativi e dai disegni di legge di riforma dei servizi pubblici, dovrebbe prevalere.
Queste mie considerazioni non sono disinteressate. Ma da sempre evidenziamo che prima di tutto bisogna costruire il campo di gioco e definire e applicare regole uguali per tutti; poi i risultati premieranno chi avrà più fiato, più gambe e più testa. Chi di sicuro vincerà sarà il cittadino, sia come cliente sia come contribuente. Arriva Italia, che da anni manifesta l’interesse a partecipare alla liberalizzazione dei servizi ferroviari e per questo ha costituito una società ad hoc (Arriva Italia Rail), ha effettuato numerose analisi industriali che dimostrano come la messa a gara dei servizi, con formule di gara che prevedano una adeguata progettualità sui programmi di esercizio/orari da parte dei competitors e l’equo accesso alle infrastrutture essenziali, garantirebbe una riduzione di contributi pubblici e il possibile rinnovo della flotta in autofinanziamento, vale a dire senza ulteriori interventi finanziari in conto capitale da parte dello stato e delle regioni.
Esistono quindi opzioni alternative alla prosecuzione dei monopoli regionali ed esse possono garantire risultati positivi nell’arco di qualche anno, che giustificano, di fronte agli elettori, scelte innovative. Una politica coraggiosa traguarderà risultati di rilievo e ricadute positive per i cittadini, la finanza pubblica e i gestori dei servizi. Un altro tema all’ordine del giorno, che può favorire la liberalizzazione dei servizi ferroviari regionali, è la costituzione della “Rolling Stock company” nazionale, la cosiddetta Rosco. Le Rosco, da tempo operative nel Regno Unito e altri paesi europei, sono società finanziarie proprietarie del materiale rotabile (la flotta ferroviaria), il quale viene dato in locazione a titolo oneroso ai vincitori delle gare, riducendo il fabbisogno di investimenti dei concorrenti e soprattutto eliminando la barriera all’entrata che deriva dalla proprietà della flotta da parte dell’operatore “incumbent” e dalle correlate difficoltà di trasferimento a un eventuale nuovo operatore assegnatario dei servizi.
Il governo italiano ha programmato la costituzione della Rosco nazionale, iniziativa molto lodevole e che incontra un diffuso consenso: gli obiettivi sono chiari, lo strumento è definito e ampiamente sperimentato in Europa. Questa indubbia opportunità richiede pertanto una modalità di sviluppo che sia coerente con le finalità generali: una Rosco indipendente dagli operatori, di profilo prevalentemente finanziario e non operativo (salvo le competenze di gestione dei rapporti con i costruttori di treni e con i servizi di manutenzione), che sia leggera dal punto di vista organizzativo.
In conclusione, il mercato italiano del trasporto pubblico ferroviario e automobilistico è tra i più grandi e interessanti in Europa; i gruppi che da tempo operano sui mercati liberalizzati sono pronti a partecipare alla competizione e a investire, come è dimostrato dai casi della gara Toscana, le gare in corso e le acquisizioni societarie passate e recenti; la gare hanno già dimostrato di essere un valido strumento per il raggiungimento di obiettivi di qualità ed economicità dei servizi. Gli indirizzi e le iniziative legislative e normative in atto e la fruttuosa attività dell’Autorità di regolazione dei trasporti hanno creato le condizioni per l’avvio di un convinto processo di liberalizzazione dei servizi ferroviari. Rimandare l’avvio delle gare significa perdere un’occasione e reiterare le attuali condizioni di monopolio, che faticano a dare risposte concrete alle esigenze di mobilità dei cittadini e al calo delle risorse di finanza pubblica dedicate ai servizi: il momento è ora!
Leopoldo Montanari è amministratore delegato di Arriva Italia