Banca d'Italia dà il “nulla osta” all'esplorazione dei Bitcoin
Roma. La Banca d’Italia ha mostrato una posizione neutrale e aperta verso gli intermediari bancari che intendono usare la tecnologia Blockchain. La nuova tecnologia che promette di cambiare il sistema con cui si possono effettuare transazioni finanziarie nel prossimo futuro è stata l’argomento del seminario “La tecnologia Blockchain: nuove prospettive per i mercati finanziari” tenutosi ieri mattina presso la sede di Roma della Banca centrale e riservato a funzionari di Palazzo Koch, operatori di mercato, accademici e banchieri.
Ignazio Visco (foto LaPresse)
Il governatore Ignazio Visco ha aperto i lavori (aveva un discorso preparato, ma sovente ha parlato a braccio) affermando che le innovazioni, in quanto tali, implicano cambiamenti, a volte repentini e a volte lunghi, ma con i quali si deve comunque fare i conti. Persone presenti alla conferenza a porte chiuse riferiscono che Visco ha parlato della Blockchain come la promessa di una rivoluzione epocale di cui però al momento non è chiara l’entità e per questo è da seguire con attenzione. Visco avrebbe detto di non essere un fan della Blockchain com’è stato riportato dalla stampa – con una battuta ha replicato di essere tifoso solo della Sampdoria.
La Banca d’Italia s’è detta comunque aperta alla discussione con gli intermediari. Domenico Gammaldi, condirettore centrale e capo del Servizio supervisione sui mercati e sul sistema dei pagamenti, chiudendo il seminario ha detto che per l’Istituto non è possibile regolamentare l’uso della tecnologia e che verranno esaminati i progetti che qualunque intermediario vorrà sottoporre. A quel punto ci si chiederà: che obiettivi si pone un ipotetico progetto? Che problemi ha? Quale forma societaria vuole darsi? Una new company o una realtà ibrida? Per Banca d’Italia entrambe le strade sarebbero percorribili, senza preconcetti. Secondo Gammaldi, l’importante è tutelare la difesa dei risparmiatori e garantire l’interoperabilità delle piattaforme di pagamento.
Le istituzioni finanziarie e i regolatori dei mercati finanziari (Esma, Iosco) e monetari (Federal reserve, Bank of England, Banca centrale europea, Bank of Canada) in tutto il mondo sembrano desiderosi di sfruttare la tecnologia Blockchain, ultimamente esaltata dai media. La Blockchain funziona come un libro mastro digitale che registra le transazioni tra due o più soggetti quando esse sono validate da una moltitudine di entità che per il loro lavoro di autentificazione delle operazioni vengono remunerate in bitcoin, la più popolare e diffusa valuta virtuale nata nel 2008. La Blockchain è affascinante perché renderebbe possibile bypassare le autorità centralizzate, dalle banche agli studi notarili. I sostenitori ritengono che la Blockchain possa abbassare di miliardi di euro i costi delle transazioni finanziarie per le banche e attenuare i ritardi burocratici nelle contrattazioni. Gli scettici, moderando l’entusiasmo, evidenziano alcuni problemi.
Ferdinando Ametrano, intervenuto a titolo accademico in qualità di professore dell’Università Bicocca di Milano (è anche Head of Blockchain and virtual currencies in Intesa Sanpaolo), è critico della Blockchain senza Bitcoin. Ametrano ritiene infatti che questa tecnologia abbia senso solo come supporto al bitcoin, la moneta privata che rappresenta l’oro digitale. Nella sua presentazione (disponibile qui) Ametrano ha ridimensionato la vulgata secondo la quale la Blockchain è un sistema di certificazione diffusa applicabile in qualsiasi contesto a prescindere dal Bitcoin. Per Ametrano la creazione di un libro mastro non può esistere senza che la comunità di soggetti che validano le transazioni sia remunerata per farlo con un asset nativo digitale presente in quantità finite, come appunto è il bitcoin. Pensare questo significa compiere lo stesso errore logico che nel 1994 commettevano gli imprenditori che volevano andare online senza andare in internet. Senza contare che un libro mastro al quale si aggiungono dei “blocchi” di transazioni non consente la correzione di eventuali errori o potenziali frodi; la Blockchain a differenza di un normale database informatico aperto non consente modifiche retroattive. Paolo Tasca, direttore del Centre for Blockchain Technologies della University College di Londra, è sembrato invece ottimista su un Blockchain funzionante a prescindere da un asset digitale sottostante per una molteplicità di operazioni che disintermediano un’autorità istituzionale – dal catasto, al trading, all’anagrafe per esempio. Al seminario erano presenti top manager di Unicredit, Intesa Sanpaolo e Banca Sella. Daniele Savarè, Head of product line cash management di Unicredit, ha spiegato che la sua banca ha cominciato a fare prove concrete sulla trasmissione di valore attraverso nuove tecnologie. Mario Costantini, Chief innovation officer di Intesa Sanpaolo, ha detto che il suo istituto valuta sia le Blockchain che operano con asset digitali nativi (pubbliche e permissionless, senza permesso, come Bitcoin) sia quelle senza asset (private e permissioned, che richiedono controllo dei regolatori). Unicredit e Intesa fanno parte con altre 40 banche del consorzio R3, società di servizi tecnologico-finanziari che studia le ricadute pratiche del Blockchain. Pietro Sella, amministratore delegato del Gruppo Sella, ha sollevato il tema dell’unità digitale di valore, toccando quindi i collegati dirompenti temi monetari.