McDonald's si mangia la Cina, mentre Firenze osteggia i fast food in Piazza Duomo
Il colosso americano si espande nella Repubblica popolare e Pechino festeggia. Ma nella città di Renzi e Nardella la politica insorge: “Niente BigMac sotto la cupola del Brunelleschi”.
Succede che il simbolo del capitalismo americano, la catena di fast food McDonald's decida di mangiarsi la Cina. Come? Annunciando l'apertura di oltre 1.500 ristoranti nella Repubblica popolare puntando a far diventare l'ex celeste impero il suo secondo mercato globale dopo gli Stati Uniti. Una strategia per conquistare l'oriente che nei prossimi cinque anni porterà a un totale di 3.500 ristoranti aperti solo in Cina. Una notizia annunciata, senza neanche troppa enfasi, dall'amministratore delegato del gruppo Steve Easterbrook che ha trovato nel governo cinese piena collaborazione per aprire i propri ristoranti in franchising. E anche se l'hamburger non è certamente un piatto della tradizione cinese, dove la carne è un elemento secondario a favore di riso e verdure, il numero uno di McDonald's pensa di usare la partnership con Pechino per conquistare nuovi consumatori con prezzi sempre più economici e concorrenziali rispetto alle catene di fast food asiatiche. Il bacino d'utenza è di circa 200 milioni di cinesi, tre volte l'Italia tanto per fare una stima. L'invasione della catena yankee non è una novità. McDonald’s è stato un pioniere, quando aprì già nel 1990 il suo primo ristorante a Pechino, facendo concorrenza a Kentucky Fried Chicken, la catena specializzata nel pollo fritto, e a Pizza Hut che ha avuto il “merito” di far conoscere la pizza americana ai cinesi.
Se in Cina non hanno battuto ciglio, a Firenze – la città di Matteo Renzi e Dario Sardella – è scoppiato un putiferio contro la multinazionale, che ha ottenuto l'autorizzazione del comune ad aprire un ristorante a piazza Duomo sotto la cupola del Brunelleschi. Per gli americani è qualcosa di normale: hanno inserito l’Italia nella stessa divisione marketing che include anche Cina, Polonia, Corea del sud, Russia, Spagna, Svizzera e Olanda, chiamata “high growth markets” (mercati ad alta crescita). Ma se i cinesi hanno festeggiato per il cash che porterà McDonald's, in Italia hanno soffiato venti sinistri e voglia di resistenza. "Ci siamo sentiti dire più di un anno fa che non sarebbe mai accaduto. Che mai e poi mai ci sarebbe stata un'apertura di McDonald's al Duomo. E invece? La giunta Nardella sta per farlo. Con quali deroghe e motivazioni?", attacca Tommaso Grassi, capogruppo di Firenze riparte a sinistra. "Come possiamo gioire di fronte a una multinazionale che per lucrare sui beni culturali di Firenze cerca di aprire un nuovo punto vendita burlandosi dell'amministrazione?", ha proseguito Grassi.
Dario Nardella, sindaco di Firenze (foto LaPresse)
In guerra contro McDonald's si è schierata anche la destra, con Francesco Torselli di Fratelli d'Italia che ha puntato il dito addirittura contro le insegne gialle del "Mc" considerate "troppo invasive", simbolo di quell'imperialismo americano che viene accolto a braccia aperte dalla Cina comunista. E c'è chi, come ha fatto la consigliera civica Cristina Scaletti (La Firenze Viva), parla persino di "delegittimazione della tipicità identitaria del centro storico fiorentino". Insomma una vera e propria questione politico-culturale. "La Giunta Nardella - ha rincarato Scaletti - sta annacquando secoli di storia e creatività per fare di Firenze una città non più diversa e unica, ma troppo uguale a tante altre che non hanno più alcuna originale valenza identitaria". Sarà. In tutti i modi possibili l'assessore comunale allo sviluppo economico, Giovanni Bettarini, ha cercato di raffreddare gli animi: "Non esistono esclusioni ad marcam", ha chiarito, sottolineando che il colosso riuscirà ad aprire grazie a una deroga al nuovo regolamento del commercio all'interno del centro Unesco. Modifiche che la catena apporterà per rientrare nei canoni: con un "servizio al tavolo", come avviene per i ristoranti, e poi con l'introduzione di punti informativi e una libreria. Ma questo non è bastato a riportare l'ordine e già si annunciano petizioni e manifestazioni. Non a Piazza Tienanmen, ma a piazza Duomo. Resistere, resistere, resistere.
tra debito e crescita