La Brexit strategy italiana
La farmaceutica traccia la strada e diventa una priorità
Il quadro è ancora molto fluido, non credo che le multinazionali decideranno in tempi rapidissimi se e dove ricollocarsi. L’Italia deve continuare nel breve termine la sulla linea di estrema attenzione per gli investimenti stranieri evidenziata negli ultimi anni soprattutto nel settore farmaceutico. Nel farmaceutico parliamo di aziende che sono per il 70 per cento sotto controllo estero con una quota di export elevata; parliamo di cifre superiori ai 15 miliardi di euro. Abbiamo tantissime aziende che hanno fatto aumenti di capacità, che hanno posizionato in Italia degli stabilimenti e che hanno trovato qui un terreno ideale sia per la manifattura, grazie a una manodopera qualificata e relativamente economica, sia per i centri di ricerca. I business che possono crescere qui non sono quelli energivori, che invece tendono a scappare, ma sono quelli hi tech che ricercano competenze e alto contenuto di capitale umano. Certo, ci sono capitali che possono avere interesse a spostarsi altrove se le agenzie relative cambiassero sede, come quella del farmaco che è ora basata a Londra. Ci sono possibilità incredibili non solo nel farmaceutico ma anche nell’industria 4.0 o in settori vocati all’esportazione come l’elettromeccanica. L’Italia è in avanguardia in questi come in altri ambiti. Le riforme finora sono state segnalate dalle agenzie di rating come uno dei fatti più rilevanti a riprova del cambio di direzione del paese. Un cambio di direzione che deve proseguire con o senza Brexit. Se dovesse incepparsi questo meccanismo di riforme italiane, infatti, sarà difficile spiegare a un investitore estero perché turismo ed energia, ad esempio, che pur essendo settori di rilevanza nazionale rimarrebbero di competenza regionale. Oppure perché dopo avere fatto tanto per eliminare il bicameralismo parlamentare improvvisamente l’Italia decide di tenerselo.
Marco Fortis è un economista di Edison
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