La conversione dei liberisti al salvataggio di stato è paradossale? Nient'affatto.
Non c’è nessun paradosso nel fatto che economisti liberali come Alberto Alesina, Francesco Giavazzi e Luigi Zingales siano oggi in prima linea nel chiedere un intervento dello stato nelle banche italiane. E’ dal 2009 che suggerisco, pubblicamente, una nazionalizzazione del sistema bancario europeo. Di crisi in crisi, tutto il mondo si è accorto tardivamente di avere sistemi bancari di fatto insostenibili: è toccato prima agli americani, con la crisi dei subprime, poi ai tedeschi le cui banche erano legate a quelle americane, quindi agli spagnoli che nemmeno avevano finito di vantarsi di una loro supposta resilienza che hanno dovuto accettare gli aiuti europei. Gli italiani sono stati silenti e fieri di un certo provincialismo delle proprie banche, ma dieci anni di crescita anemica hanno fatto emergere il problema dei crediti in sofferenza.
Il punto è che, non essendo gli errori dei regolatori un problema solo italiano, la risposta non può essere il semplice bail-in, cioè il fatto che a sostenere le perdite siano azionisti e obbligazionisti e non i contribuenti, principio che pure troverei del tutto ragionevole se partissimo da una situazione normale. Prima bisogna uscire da una situazione squilibrata in cui, grossomodo, il capitale sul totale degli asset bancari, in occidente, è pari al 5 per cento; risultato: quando accadono eventi negativi ciclicamente normali le banche si rivelano insolventi e diventa difficile fare aumenti di capitale. Con un buffer solo del 5 per cento, frutto di errori madornali della regolamentazione, su cui ancora non si è riflettuto a sufficienza, è impossibile chiedere alle banche di fare prestiti rischiosi da una parte, e di avere dall’altra passivi a prova di bomba per tutelare i risparmi. Un intervento dello stato è la condizione minima e meno distorsiva da cui ripartire, per poi cercare soluzioni soprattutto in forme diverse di intermediazione finanziaria. Altrimenti non se ne esce, come negli ultimi 8 anni.
Antonio Foglia, Economista e banchiere
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