La copertina dell'Economist di questa settimana

Il Credito come programma

Se intervento pubblico per le banche fa rima con stabilità di governo

Alberto Brambilla
Bankitalia “non esclude” soccorsi. Il modello Economist e quello Rajoy per non dare carburante ai populismi – di Alberto Brambilla

Roma. Il premier Matteo Renzi non dovrà occuparsi di una sola crisi nei prossimi mesi. Ma quella bancaria è l’unica che non potrà eliminare dall’agenda neanche per ipotesi. Le conseguenze dell’avverarsi della Brexit hanno provocato vendite pesanti in Borsa sui titoli del credito e motivato l’esigenza di un intervento pubblico per il settore bancario che ieri il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha detto che “non può essere escluso” parlando dall’assemblea annuale dell’Associazione bancaria italiana (Abi). Le trattative conflittuali  tra Roma e Bruxelles nelle passate settimane potrebbero sfociare in un compromesso: non sovvertire le regole del bail-in, a soli sei mesi dall’entrata in vigore, ma utilizzare un’eccezione indicata nel preambolo della stessa direttiva sul bail-in che consente un’iniezione temporanea di capitali pubblici in banche solventi a titolo precauzionale contro scenari avversi. Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha obiettato che il bail-in andrà comunque rivisto perché contrasta con l’articolo 47 della Costituzione dove si incoraggia e si tutela il risparmio.

 

Smussare le rigidità del nuovo euro-paradigma dei salvataggi bancari – che ora gravano su azionisti e obbligazionisti e non più sui contribuenti – è un’esigenza indicata ieri anche dal Fondo monetario internazionale nel rapporto conclusivo della missione annuale nell’Eurozona nel quale invoca un’applicazione “flessibile delle regole europee” aprendo a interventi dello stato in casi sistemici. L’Italia a differenza di altri 13 paesi dell’Eurozona non ha dispiegato finanziameti statali o comunitari alle banche. Il Monte dei Paschi, bersagliato dalle vendite, è il principale candidato a ricevere il primo soccorso pubblico in Italia dall’inizio della crisi.

 

Sull’onda del panico post Brexit è stata grande la confusione circa il piano renziano per aiutare il credito. La chiarezza dipende da come Roma modulerà l’intervento pubblico a favore in particolare di Mps, banca solvente (nel 2015 in utile per la prima volta in 5 anni) in attesa dei risultati degli stress test il 29 luglio, o verso altre banche piccole e vurnerabili. L’esigenza politica è evitare un bail-in pieno a latere di un’iniezione di capitali pubblici, magari con l’acquisto di obbligazioni convertibili in azioni.

 

Il problema è duplice: scongiurare una penalizzazione degli investitori istituzionali di obbligazioni per difendere la capacità del sistema bancario di finanziarsi sul mercato e cercare una compensazione per i risparmiatori che possiedono obbligazioni subordinate così da schivare proteste popolari in stile Banca Etruria nei mesi più critici per la premiership di Renzi, legata all’esito del referendum costituzionale. Da come avverrà il salvataggio dipenderà un’eruzione della crisi o un’opportunità, dice l’Economist che ieri metteva in copertina un carrozzone tricolore chiamato “Banca - La società di autopreservazione” sull’orlo del precipizio.

 

“Il primo ministro italiano ha ragione – dice l’Economist – La pressione del mercato sulle banche italiane non si allenterà finché non sarà ristabilita un po’ di fiducia, e questo non succederà senza fondi pubblici. Se le regole del bail-in saranno applicate rigidamente in Italia, il lamento dei risparmiatori danneggerà la fiducia e spalancherà la porta per il potere al Movimento 5 stelle, un raggruppamento che riconduce i problemi economici dell’Italia alla moneta unica”. L’Economist vede una risposta in un finanziamento pubblico di entità tale (i media riferivano di 40 miliardi) da quietare i mercati ma condizionato a “una revisione del sistema bancario che costringe i piccoli a fondersi e a chiudere filiali”. Ci sono altri modelli? In passato i salvataggi pubblici sono avvenuti in giurisdizioni dove il bail-in non esiste o in epoca pre-bail-in. Il piano americano (Tarp) nel 2008 subordinava l’emissione di azioni a favore del Tesoro alla pulizia dei bilanci dalla morchia dei subprime. In Grecia, nell’ambito del commissariamento di Atene, s’era provveduto ricapitalizzare 4 banche col fondo statale Hellenic financial stability fund e il fondo europeo European stabilty mechanism (Esm). Ma la crisi creditizia persiste. La Spagna ha avuto 40 miliardi dall’Esm per il Fondo de reestructuración ordenada bancaria, deputato a smaltire i crediti problematici. Dal 2014, le sofferenze sono in lieve calo perché l’economia cresce e crea lavoro, ma problemi restano: Caixa Catalunya e Caixa Madrid bruciano capitale, Banco Popular soffre. Il governo Rajoy ha tuttavia guadagnato la clemenza di Bruxelles sugli obiettivi di consolidamento fiscale e dopo due elezioni consecutive resiste a Podemos. Anche in Italia a fronte di un’ iniziezione di capitali pubblici non è da escludere una stretta del vincolo europeo su banche o esecutivo.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.