La conversione di Renzi sulla via di Frankfurt allontana lo stato da Mps
Roma. Con un’inversione di marcia nell’arco di tre settimane il governo italiano è passato dall’invocare la necessità di un intervento dello stato nel capitale del Monte dei Paschi di Siena, l’istituto più bistrattato in Borsa post Brexit, per concentrarsi su una soluzione sostenuta soprattutto dal settore privato. Il governo sta cercando di arrivare a un risultato prima dell’esito degli stress test della European banking authority del 29 luglio dai quali emergerà il fabbisogno stimato di capitali freschi per Mps che lo stesso giorno riunirà il cda. Yoram Gutgeld, commissario alla revisione della spesa e consigliere di Renzi, ha confermato ieri che l’esecutivo ritiene un “obiettivo credibile” il sostegno di investitori privati e ha ipotizzato un’azione combinata di alleggerimento dei crediti deteriorati cui seguirà il terzo aumento di capitale in tre anni. Mps aveva raccolto 8 miliardi di euro nel 2014 e 2015. Ieri Mps ha presentato alla Banca centrale europea il piano che prevede una ricapitalizzazione da 5 miliardi, importo massimo che il consorzio di garanzia guidato da JpMorgan e Mediobanca può sottoscrivere. Un successo eviterebbe l’iniezione di soldi pubblici. I colloqui si sono però concentrati su Atlante, fondo voluto dall’esecutivo in aprile per contenere la crisi del credito, con finanziamenti ulteriori dalla Cassa depositi e prestiti e dalle casse previdenziali. L’obiettivo è acquistare, cartolarizzare e vendere 10 miliardi di crediti deteriorati, come chiesto in una lettera inviata a Mps dalla Bce due settimane fa. I crediti deteriorati lordi ammontano nel complesso a 50 miliardi, pari a un terzo del portafoglio. L’acquisto di Antonveneta da parte di Ubi Banca potrebbe alleggerire il fardello.
Sulla piazza milanese si specula di un interessamento di Corrado Passera, insieme a fondi anglosassoni, per entrare nella compravendita dei crediti cattivi di Mps. L’ex consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, uscito nel 2011 per entrare nel governo Monti, interpellato non commenta e dice di non voler parlare di argomenti bancari. Per il governo arrivare a una soluzione che non comporti l’avvio di una risoluzione con il bail-in è comprensibile sia per proteggere gli investitori retail, risparmiatori comuni, che vedrebbero azzerato il valore delle obbligazioni subordinate (stimato in 2,2 miliardi) – e protesterebbero in piazza – sia per non penalizzare nemmeno gli investitori istituzionali che perderebbero fiducia nel credito italiano. La società di ricerche Epfr Global mostra che i fondi con mandato a investire nell’azionario italiano hanno disinvestito circa 3 miliardi da inizio anno alla luce della pessima performance del settore bancario che ha zavorrato la Borsa.
Era dall’esigenza di risolvere una volta per tutte la crisi del Monte dei Paschi risparmiando gli obbligazionisti che nasceva l’ipotesi, a lungo discussa dai media nelle scorse settimane, di procedere con l’intervento pubblico. Il governo aveva malgestito la comunicazione sulle proprie intenzioni, spiazzando gli addetti ai lavori. Si parlava di un intervento diretto dello stato nel capitale per cifre multi-miliardarie. Indiscrezioni enfatizzavano la battaglia tra Roma e la Commissione europea per ottenere l’avallo a esercitare una deroga al bail-in prevista in caso di situazioni eccezionali dal preambolo della direttiva stessa che da quest’anno in poi pone i salvataggi bancari in capo ai privati invece che ai contribuenti. Allora cos’è cambiato nella postura di Roma? Probabile che abbiano influito i colloqui riservati del ministro Pier Carlo Padoan con Jack Lew, Segretario al Tesoro americano, lo scorso weekend al G20 in Cina, dove ha partecipato anche il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco. Altrettanto la linea esposta da Mario Draghi dopo il consiglio direttivo di giovedì scorso non è secondaria. E’ stato riportato sia dalla stampa nazionale sia anglosassone che il presidente della Bce non vedeva ostacoli a intervento pubblico per Mps usando l’eccezione al bail-in. Ed è vero, ma non corrisponde a un avallo implicito a farlo. In realtà Draghi prima di parlare di eccezioni al bail-in ha elencato una serie di soluzioni e obiettivi da raggiungere: innanzitutto sviluppare un mercato funzionante dei crediti deteriorati e anche interventi legislativi per velocizzarne la riscossione. Soldi pubblici in Mps, a sentire bene Draghi, sarebbero dunque l’ultima istanza.