Merkel ricomincia da Ventotene
Berlino. Quando si incontreranno lunedì a Ventotene, Matteo Renzi stringerà la mano a una Angela Merkel combattuta tra sentimenti contrastanti. La cancelliera tedesca, che la prossima settimana inizierà un tour de force diplomatico in vista del Consiglio dei capi di governo del 16 settembre, sa che il presidente del Consiglio italiano chiederà il suo aiuto per ottenere da Bruxelles quella flessibilità di bilancio che dopo la frenata della crescita nel secondo trimestre è diventata quasi una questione di vita o di morte politica. E in cuor suo Frau Angela sarebbe anche disposta a concedergliela. A Berlino, come nei centri finanziari internazionali, il governo Renzi, piaccia o no, è visto come un’àncora di stabilità per un paese costantemente in bilico tra crollo e risalita. E un via libera alla flessibilità di bilancio consentirebbe a Renzi di affrontare il referendum costituzionale da posizioni di maggior forza. Questo sentimento di disponibilità incontra tuttavia un vincolo. Perché a Berlino l’aria intorno alla Kanzleramt si sta facendo sempre più pesante mentre all’orizzonte si profilano delicate scadenze elettorali: a settembre si vota nella capitale tedesca e in Mecleburgo-Pomerania, in primavera in Nord Reno Westfalia e nell’ottobre del prossimo anno sarà la volta delle elezioni generali. Merkel ha dalla sua una buona congiuntura economica e una stampa che, con l’eccezione del Frankfurter Allgemeine Zeitung, il giornale vicino alle posizioni super rigoriste della Bundesbank, è complessivamente piuttosto tenera con il governo. Perfino la Bild, il tabloid popolare da 2 milioni di copie al giorno, attacca sistematicamente la burocrazia di Bruxelles e la Banca centrale europea ma non direttamente l’esecutivo.
Ciò nonostante, al suo ritorno dalle vacanze in Italia, la cancelliera ha trovato nel suo paese una situazione che la induce a muoversi con la maggiore cautela di sempre sul fronte europeo. Gli ultimi sondaggi danno Afd (Alternative fur Deutschland), il partito di destra anti euro e antimmigrazione, al 15 per cento dei consensi, dunque con la sicura possibilità di entrare al Bundestag nelle prossime elezioni, mentre la popolarità di Merkel è in calo dopo le posizioni “aperte” assunte sui rifugiati e ribadite al suo rientro nella capitale. Lentamente ma costantemente sta crescendo anche in Germania il virus del populismo antieuropeo e dell’antipolitica. Il bersaglio non è la corruzione amministrativa (che è quasi assente), piuttosto “l’opinione pubblica chiede ai politici di essere franchi e di offrire soluzioni chiare e semplici ai problemi”, spiega Jutta Rubach della società di consulenza strategica Rubach and Partners. Esattamente l’opposto di quello che offre la collaudata strategia merkeliana dei piccoli passi con qualche venatura di cerchiobottismo. I sondaggi danno ancora in maggioranza i tedeschi che vogliono restare nell’euro, ma dopo la Brexit si è formata una inedita alleanza all’italiana tra l’estrema destra di Afd e l’estrema sinistra della Linke a favore di un referendum sull’uscita della Germania dall’euro, la Dexit, che ha trovato perfino l’appoggio di qualche industriale, come l’ex presidente della Confindustria tedesca, l’eurocritico Hans Olaf Henkel.
La pressione sulla cancelliera è fortissima anche sul fronte più squisitamente economico. Gli esponenti più vicini a Wolfgang Schäuble, con un certo seguito nella Cdu, rimproverano ancora alla Merkel di non avere lasciato uscire la Grecia dall’euro come proposto dal suo ministro delle Finanze. Sia Schäuble sia la Bundesbank sono a favore di una maggiore integrazione europea che dovrebbe esprimersi attraverso politiche di bilancio nazionali gestite dal centro in un’ottica di austerità, altrimenti, come dice Jens Weidmann, “ciascuno si assuma le proprie responsabilità”. Tutto insomma tranne la politica dei piccoli e passi e delle mezze concessioni. Il mondo bancario è in subbuglio e alla Cancelliera riesce sempre più difficile difendere la strategia monetaria di Mario Draghi. Secondo il capo economista della Deutsche Bank, David Folkerts Lindau, che peraltro ha chiesto alla Ue una ricapitalizzazione da 150 miliardi per le banche europee, “la Bce dovrebbe rivedere la sua politica dei tassi d’interesse a zero prima che sia troppo tardi”. E il suo omologo della Commerzbank, Joerg Kraemer, aggiunge che “non si può andare avanti somministrando le medicine che hanno dimostrato di non funzionare”. Merkel si muove in un sentiero stretto. Troppe concessioni rischiano di indebolirla all’interno. Nessuna concessione potrebbe riprecipitare nell’instabilità un partner divenuto cruciale dopo la Brexit.