Per creare nuova crescita lo stato deve limitare la sua presenza (e anche quella dei giudici)
Da venerdì pomeriggio a domenica, pubblicheremo tutto il girotondo di idee - che trovate nel Foglio in edicola - con le proposte per una nuova agenda per l'Italia, che la rendano competitiva in tema di politiche industriali, innovazione, fisco e investimenti.
L’Italia ha poche risorse da investire, struttura statale e parastatale “debole” e costosa, poca efficienza, grande divario tra nord e sud ma è un pozzo senza fine di eccellenze (dallo stilista al dottore, dall’ingegnere, all’operaio specializzato) che le hanno consentito di essere una delle economie più sviluppate e leader mondiale in molti settori; è da qui che l’Italia deve ripartire. Lo stato per creare nuova crescita deve semplificare e limitare la sua presenza, concentrandosi nel dare regole semplici e certe; garantire la concorrenza, investire in infrastrutture efficienti, cercare di stimolare in ogni modo l’innovazione, programmare un’istruzione adeguata alle nuove specificità richieste dal mercato. Occorre coordinare i vari interventi dello stato, compresi quelli fiscali, affinché gli investitori e i nuovi talenti italiani (con la riconosciuta forte professionalità, fantasia e voglia di lavorare) tornino fortemente ad investire, rischiare e scommettere su nuove iniziative.
Investire in innovazione tecnologica è ancora più importante in un paese leader in settori come il turismo, il tempo libero , il lusso e l’alimentare e caratterizzato da aziende industriali distribuite su buona parte del territorio e, se pur eccellenti, di medio piccola dimensione. L’innovazione tecnologica permette a chiunque di poter accedere al mercato globale, di realizzare economie di scala altrimenti non raggiungibili, di fare rete e poter mettere a fattore comune informazioni e competenze. Le riforme, tentate e in parte effettuate negli ultimi anni, vanno in questa direzione ma sono timide rispetto al mercato in continua evoluzione. Ad esempio la riforma della pubblica amministrazione e l’auspicata revisione del titolo V della Costituzione, insieme con la rivoluzione digitale, devono diventare lo strumento per un profondo miglioramento dell’efficacia ed efficienza della macchina pubblica che libererebbe importanti risorse per l’intero sistema.
Tuttavia iniziative come il tetto agli stipendi per i manager pubblici e il forte incremento delle competenze della Autorità Nazionale Anticorruzione, se non temporanee, non vanno nella direzione di migliorare l’efficienza del sistema paese. Occorre poter attrarre i migliori talenti e permettere di prendere decisioni e di applicare le stesse in tempi brevi e in modo efficace. La qualità della pubblica amministrazione si migliora anche, e forse soprattutto, con chiarezza sulle leggi vigenti, grazie alla professionalità dei dirigenti a cui, deve corrispondere un moderno sistema meritocratico ed una correlata retribuzione.
Orlando Barucci è Managing Partner Vitale & Co.