In America il gap salariale uomo-donna è ai minimi storici. Senza quote
Roma. Presto il gender gap potrebbe diventare, per le millennial, un ricordo così lontano da intenerirle come oggi fa la sagacia elegantemente sessista delle sceneggiature di Hitchcock (“vecchio mio, ormai le donne non solo si lamentano, ma discutono pure, perbacco”). Il giorno della parità salariale sembra, infatti, prossimo alla sua venuta, non su tutta la terra, dove per adesso ciò di cui uomini e donne possono godere in egual misura è ancora soltanto il plenilunio, ma negli Stati Uniti sì. Il Wall Street Journal ha appena dato notizia dell’ultimo rapporto del Census Bureau, l’ufficio del censimento del paese, da cui è emerso che lo scorso anno, in media, una lavoratrice ha guadagnato ottanta centesimi per ogni dollaro incassato da un lavoratore: il divario non era mai stato meno profondo.
Negli anni Ottanta, per ogni dollaro che veniva accreditato a un uomo, una sua collega donna, a parità di mansioni e meriti, prendeva non più di sessanta centesimi. Impossibile rintracciare il ritmo della progressione, poiché nei trent’anni trascorsi da allora, gli assetti economici statunitense e mondiale sono stati sconvolti diverse volte da fenomeni più o meno imprevisti (la crisi recessiva iniziata nel 2007 è indubbiamente il più drammatico) e, pertanto, impossibile anche azzardare una previsione circa i tempi in cui l’allineamento si sarà compiuto, ma ciò che conta è che i dati hanno già in essere la sua concretizzazione. Il Wall Street Journal, però, si azzarda a escludere che i numeri del prossimo anno non riconfermeranno la tendenza positiva, soprattutto perché uno dei temi cardine della campagna elettorale della democratica Hillary Clinton è stato l’abbattimento del gender gap salariale (all’interno di un più ampio quadro di misure a sostegno della famiglia e del diritto all’aborto) e la famiglia del repubblicano Trump si è mostrata più che sensibile alla questione (Ivanka Trump, figlia di Donald, alla convention nazionale repubblicana, per esempio, ha persino allargato i confini, facendo specifico riferimento all’importanza di garantire gli stessi stipendi alle donne single e a quelle con figli).
Numeri più specifici: le libraie americane guadagnano il 93 per cento dei loro colleghi; le giudici, il 67 per cento dei magistrati; le fisioterapiste, l’87 per cento dei fisioterapisti.
Secondo alcuni ricercatori della Cornell University, la discriminazione è certamente una delle cause del gender gap, ma, oltre a non essere quella scatenante, è tra le meno inquadrabili, quindi verificabili. Un significativo fattore di ostacolo al raggiungimento dell’equal pay, per esempio, deriva dal fatto che gli uomini battono le donne in termini di anzianità lavorativa. Da uno studio del dipartimento del Lavoro è emerso, infatti, che la differenza salariale tra uomini e donne giovani dai 20 ai 24 anni è assai più stretta di quella che si registra, invece, tra uomini e donne vicini ai sessant’anni.
A beneficiare della riduzione della disparità salariale tra i sessi sono state le lavoratrici meno qualificate (in particolare, quelle non laureate), in larga parte ascrivibile alla diminuzione delle mansioni prettamente maschili nelle fabbriche. Per le laureate, la forbice si è spostata, dal 1980 al 2014, di meno di dieci punti percentuali.
Più in generale, lo scorso anno, un uomo medio ha guadagnato, negli Stati Uniti, 51.212 dollari e una donna 40.742, determinando l’innalzamento di un punto percentuale nel rapporto tra gli stipendi maschili e femminili (79,6 per cento), rispetto al 2014. Un punto all’anno non è niente male, soprattutto se a produrre questo assestamento verso la parità è un mercato del lavoro alle cui più alte cariche le signore non accedono tramite quote rosa. Stando al Gender Gap Report del 2016, in Italia gli uomini guadagnano il 12,2 per cento in più delle loro colleghe e, soprattutto, rispetto al 2014, gli stipendi dei signori sono aumentati dello 0,6 per cento, mentre quelli delle donne sono calati dello 0,7. Ecco perché negli Stati Uniti vengono pubblicati libri (ridicoli) in cui si esortano le donne a capire e intravvedere il sessismo dentro di loro, essendo, quello sociale, almeno nei conti che contano, in via d’estinzione, ma non volendo, tuttavia, rinunciare al suo fantasma antropologico. Nell’attesa che magari il welfare spazzi via anche quello.