C'è un “debito” di Bankitalia che torna ad allarmare Berlino. Ecco perché
Roma. L’ultimo dato sul debito netto della Banca d’Italia verso l’Eurosistema, il così detto saldo Target 2, è passato inosservato o quasi. Roba da addetti ai lavori, ma ad alto tasso di implicazioni politiche. Le fibrillazioni referendarie di fine estate e le polemiche Italia-Germania hanno oscurato il fatto che, come comunicato da Via Nazionale, il debito della nostra Banca centrale verso le altre Banche centrali dell’Eurozona ha raggiunto in agosto la cifra record di 326,9 miliardi, superando ampiamente il livello toccato al culmine della crisi dell’euro nell’agosto del 2012. Il saldo Target 2 è un indicatore per certi versi “esoterico”, ma con un importante valore segnaletico. Esso prende il nome dalla piattaforma sulla quale si regolano i pagamenti all’interno dell’Eurozona e svolge in una qualche misura la funzione che quando esistevano ancora le monete nazionali era svolta dalla variazione delle riserve ufficiali: in altri termini è l’altra faccia della medaglia, sul piano dei rapporti finanziari tra Banche centrali, degli squilibri nelle bilance dei pagamenti di ciascun paese dell’euro verso tutti gli altri.
A cose normali i saldi Target 2 dovrebbero essere prossimi allo zero, perché i paesi in surplus dovrebbero investire le loro eccedenze nei paesi in disavanzo in modo da compensare gli squilibri. Ma dallo scoppio della crisi questo non accade: oggi, anzi, le divergenze aumentano. In agosto, per esempio, il saldo della Bundesbank era attivo per 677 miliardi, quelli degli Istituti dei paesi periferici erano tutti in profondo rosso. Dobbiamo preoccuparci? Forse sì. Per due motivi. Sul piano generale, perché vuol dire che i meccanismi di correzione degli squilibri di bilancia dei pagamenti dentro l’Eurozona non funzionano a dovere. E nello specifico, per quanto riguarda l’Italia, perché il record del debito segnala che il paese torna ad avere un non trascurabile problema di fiducia sui mercati. Non a caso, se i media nazionali sembrano avere fatto spallucce alla notizia, la stampa tedesca l’ha presa in seria considerazione. In un articolo intitolato “L’Italia torna ad essere un grosso rischio per l’Europa”, Die Welt vi ha letto due indicazioni allarmanti: la prima è che le incertezze legate all’esito del referendum e all’andamento dell’economia minano la fiducia nel paese.
La seconda è che la liquidità immessa nei circuiti bancari italiani con il Quantitative easing invece di prendere la strada dell’economia fugge all’estero, un altro sintomo secondo Die Welt, sempre critico verso la politica di Mario Draghi, che il Qe non funziona. Che l’esito del referendum sia cruciale per la stabilità finanziaria del paese non è una novità. Secondo uno studio di Morgan Stanley citato dalla stessa Welt, la probabilità che il premier Renzi vinca il referendum è del 35 per cento. E il rischio di una vittoria del no è visto con preoccupazione da tutte le case di investimento internazionali. La stessa Banca d’Italia, nel commentare il dato di agosto sul saldo Target 2, ha spiegato che il nuovo record è legato “ai disinvestimenti esteri di titoli italiani, in particolare obbligazioni, e agli acquisti netti di attività estere da parte dei residenti italiani”, implicitamente confermando che sono in atto uscite di capitali anche se non ne ha specificato la causa. Quello che invece è una novità (almeno sul piano mediatico) è che il Qe alimenta la fuga dei capitali.
Su Lavoce.info l’economista Andrea Terzi spiega che c’è correlazione tra l’aumento dei saldi Target negativi dell’Italia e degli altri paesi periferici e il Quantitative easing. Dopo un minimo a 187 miliardi a fine 2014, il saldo negativo dell’Italia è tornato a crescere con l’avvio del programma della Bce nella primavera 2015. Il saldo positivo tedesco ha avuto invece un andamento speculare e simmetrico. La tendenza naturale dei capitali a muoversi dalla periferia all’area core dell’Europa sembra in altre parole esaltata dalla creazione di liquidità della Bce. L’aumento del saldo negativo Target 2 della Banca d’Italia e il più generale divaricarsi delle posizioni finanziarie nell’Eurosistema rischiano di acutizzare il conflitto tra creditori e debitori nell’Eurozona. Nel 2011, all’esplodere della crisi dell’euro, l’economista tedesco Hans Werner Sinn, presidente del think tank Ifo e consulente del ministro Wolfgang Schäuble, sostenne in un articolo che la Germania correva un grosso rischio finanziando a basso costo tramite Target 2 i disavanzi di paesi come Italia e Spagna. La Bundesbank gli rispose minimizzando, ma poco tempo dopo il suo presidente Weidmann scrisse a Draghi preoccupato per la situazione. Ora il dibattito potrebbe riaprirsi.