Norcia, la cattedrale di San Benedetto dopo il sisma (LaPresse)

La scossa oltre le scosse

Negli ultimi 40 anni la mancanza di prevenzione è costata all’Italia 140 miliardi di euro, un prezzo altissimo che viene pagato soprattutto in termini di risorse non investite per lo sviluppo economico, per promuovere interventi di prevenzione del dissesto, e azioni di formazione e sensibilizzazione dei cittadini.

Roma. Negli ultimi 40 anni la mancanza di prevenzione è costata all’Italia 140 miliardi di euro, un prezzo altissimo che viene pagato soprattutto in termini di risorse non investite per lo sviluppo economico, per promuovere interventi di prevenzione del dissesto, e azioni di formazione e sensibilizzazione dei cittadini.

 

Se a questo si aggiungono i costi di gestione delle emergenze, si comprende bene come il tema della pianificazione e della organizzazione sia strategico per gli enti locali italiani, che continuano a difettare nella programmazione di corrette strategie di prevenzione. La mancanza di organizzazione, infatti, si riflette in Italia anche sulle azioni di comunicazione e di informazione, che peccano ancora per l’assenza di una cabina di regia ordinata, e per una generale riluttanza a investire sulla cultura del rischio, che invece ha originato un patrimonio straordinario di resilienza nell’Europa del Nord (si veda il caso di Rotterdam che ha avviato a partire dal 2008 la propria strategia sui cambiamenti climatici) e nella stessa New York, dopo l’attentato dell’11 settembre 2001.

 

Se poi si pensa che, come afferma Legambiente in un recente Rapporto, solo tre Comuni su cento informano in Italia i cittadini su come prevenire e arginare i rischi, il quadro diventa ancora più preoccupante, perché è una ulteriore evidenza di quanta strada ci sia ancora da fare nel nostro paese sul tema della cultura del rischio. Il crisis management e la gestione delle situazioni di crisi in Italia, infatti, restano confinate ancora nel campo della probabilità. Lo imparano a proprie spese le molte imprese che subiscono danni a seguito di un evento naturale, e che hanno sottovalutato l’importanza di una copertura assicurativa.

 

Come è stato illustrato al convegno Emergenze e Crisis Management: istruzioni per l’uso, organizzato nel 2014 da Anra, l’Associazione italiana dei risk managers e responsabili assicurativi aziendali, le soluzioni per prevedere e contenere i danni da terremoto ci sono e potrebbero essere applicate nell’ambito di un disegno complessivo di presa d’atto e azione. Nel 2013, fu detto in quella occasione, 1/3 dei danni causati a livello mondiale dalle catastrofi naturali era assicurato. Limitatamente all’Europa la percentuale saliva al 50 per cento dei danni; in Italia invece ancora oggi è pari al 10 per cento del totale.

 

L’informazione sembra stridere con i danni conseguenti al terremoto della Nuova Zelanda – area notoriamente sismica – assicurati al 78 per cento: in Italia, concludeva uno dei relatori, il problema della percezione del rischio è quindi fondamentale se si vuole aumentare la consapevolezza dei cittadini e la loro capacità di reazione a un evento naturale drammatico. Il rischio è costituito dalle sue possibili conseguenze, cioè dal danno che ci si può attendere e dagli effetti che ne conseguono sotto tanti punti di vista: da quelli materiali a quelli emotivi e psicologici fino a quelli economici, che includono i costi di ripristino della situazione preesistente.

 

E la solidità finanziaria di una organizzazione è immune da questo genere di problemi o può risentirne in egual misura? L’argomento è stato approfondito in un lavoro di Standard & Poor’s, secondo il quale l’esposizione ai rischi ambientali acquisterà peso crescente nella valutazione delle aziende. Senza trascurare il fatto che già nell’ultimo decennio il fattore calamità naturali ha pesato sul profilo di credito delle imprese. L’agenzia, infatti, segnala di avere identificato dal 2005 le catastrofi naturali come il fattore determinante in almeno 60 rating negativi. Il peso della questione catastrofi diventa crescente e quindi tocca alle imprese attrezzarsi. Finora, segnala il rapporto, gli effetti delle catastrofi naturali sono stati contenuti attraverso la gestione della liquidità, la protezione assicurativa, e le misure di recupero post-evento.

 

Uno studio diffuso dall’Ania a febbraio 2015 fa il punto dell’aumento degli eventi estremi, focalizzando l’attenzione anche sull’Italia. Già nel decennio 1990-2000 rispetto ai decenni precedenti gli eventi estremi erano più che raddoppiati. Una situazione, quindi, con pesanti effetti a livello globale, ma con riflessi ancora più rilevanti per l’Italia, segnata già a livello geologico da rischio sismico, ma anche da un aumento delle catastrofi legate al clima, per un concentrarsi delle precipitazioni in un numero più ridotto di giorni. Quale dunque l’effetto sul rating delle imprese di questo accresciuto rischio ambientale? Standard & Poor’s spiega che gli eventi climatici sempre più frequenti ed estremi secondo molti scienziati potrebbero influire negativamente sul profilo di credito delle imprese in futuro. Anzi lo studio chiude segnalando che in futuro il peso degli eventi naturali avversi potrà portare a un più esteso indebolimento del profilo di credito delle società e quindi a un numero maggiore di downgrade rispetto ai numeri del passato.

 

I sindaci dovrebbero cominciare a prestare attenzione a questi temi, che per la loro intangibilità non creano le condizioni immediate e di breve periodo per avere consenso politico ed elettorale, ma che invece hanno un peso specifico rilevante per contribuire a salvaguardare le vite umane, mantenere in uso i costumi delle comunità locali ed elevare la coscienza civica dei propri cittadini.

 

All’atto del suo insediamento nel 2008 Obama rinnovò i vertici della Fema (la Protezione Civile americana) potenziandola per evitare di incorrere in situazioni di difficoltà come era accaduto con Bush durante l’Uragano Katrina, che aveva messo in ginocchio New Orleans. La Fema intervenne in modo magistrale per gestire efficacemente la crisi determinata dall’Uragano Sandy a New York, e a pochi giorni dalle elezioni il Governatore Repubblicano Christie elogiò la qualità del modello organizzativo proposto da Obama che, anche per quell’endorsement, fece breccia nel cuore dei conservatori e riuscì a battere Romney, molto vicino nei sondaggi.