Una piattaforma estrattiva di petrolio (foto LaPresse)

Perché l'opera di Wenar è una lezione per gli “esperti” e per i “No a tutto”

Alberto Brambilla

“Il Re Nero” tratta la questione energetica sine ira ac studio: approfondisce le distorsioni esaltate dagli attivisti no global e insieme illumina i miracoli energetici che i critici irrazionali non vogliono vedere

Roma. A proposito dell’incapacità – a volte colpevole altre invece esagerata dai critici – degli economisti di comprendere e soprattutto di spiegare alle masse i rivolgimenti planetari di questa epoca, circola la seguente battuta tra gli analisti finanziari: “Un economista è una persona che conosce 365 modi per fare l’amore ma non conosce nessuna donna”. Gli economisti e i cosiddetti esperti non sono stati in grado di prevedere la crisi finanziaria ed economica in corso dal 2008 – o almeno chi lo sapeva non si è fatto sentire abbastanza, perfino la Regina Elisabetta II protestò per questo. Nonostante ciò le “star” dell’economia hanno avuto molto spazio mediatico. Alcuni di loro si sono concentrati sulla produzione di conferenze autoreferenziali attorno alle cose che conoscono meglio, altri invece soltanto su quello che intendono divulgare celando il resto, ovvero il discorso utile alla moltitudine. Ad esempio, il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz (Columbia University), massimo esperto delle diseguaglianze occidentali, da anni fustiga l’iniquo capitalismo americano mentre elogia il socialismo chavista venezuelano.

 

 

 

Bene, ora l’America è viva e vitale (Donald Trump presidente permettendo), mentre il Venezuela è vittima di un’iperinflazione devastante – e la povertà cresce. Stiglitz non ha fatto mea culpa, guai a chiedergliene conto. L’opera mainstream di Thomas Piketty (Ecole d’économie de Paris), pur accurata nell’analisi dei dati, ha fatto diventare il tema della diseguaglianza un’arma anticapitalistica da sfoggiare durante un aperitivo in terrazza. Kenneth Rogoff (Harvard) sogna una società senza contanti: chissà cosa pensa della sottrazione coatta di banconote decisa dal governo indiano che in questi giorni sta mettendo le popolazioni delle regioni rurali in difficoltà – troppo poveri per avere uno smartphone per transazioni digitali o un conto in banca. Per non parlare di Nouriel Roubini: una carriera costruita sulle profezie di sventura. I cosiddetti esperti non sanno o non vogliono spiegare la complessità, sembrano più interessati al successo e a loro stessi.

E’ forse per questa ragione che il saggio “Il Re Nero - petrolio, risorse naturali e le regole che governano il mondo” (Luiss University Press), di cui pubblichiamo un estratto, non poteva essere scritto in modo così stimolante, analitico, e con erudita passione da un economista con i paraocchi. L’autore Leif Wenar è infatti un filosofo politico americano che insegna al King’s College di Londra (prima a Princeton e Stanford) ed è stato allievo di John Rawls (filosofo politico), Robert Nozick (filosofo libertario, teorico dello stato minimo), T. M. Scanlon (filosofia morale). Wenar tratta la questione energetica sine ira ac studio: approfondisce le distorsioni esaltate dagli attivisti no global e insieme illumina i miracoli energetici che i critici irrazionali non vogliono vedere, offrendo esempi, cifre definitive, aneddoti e suggestivi paradossi. Banalmente sapere che il grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa a Dubai, è alto un terzo rispetto a una piattaforma petrolifera del Golfo del Messico fa capire che l’uomo ha scelto di mettere al servizio degli idrocarburi i saperi più avanzati della scienza affinché l’umanità stessa riesca a sopravvivere nel suo habitat, il mondo globalizzato.

Wenar offre una chiave per capire la complessità e il “Re Nero” risulta un manuale (divulgativo) di comprensione dell’esistente. E’ una lettura da consigliare agli attivisti dei movimenti “No a tutto” italiani che contestano con crescente insistenza – lo rileva l’11esimo Rapporto Nimby Forum pubblicato martedì scorso – impianti energetici ai quali non potremo rinunciare per molto tempo ancora. L’ostilità preconcetta non fa parte della soluzione, e nemmeno la tensione a eliminare gli idrocarburi dalla faccia della terra: sono la terra e la terra siamo noi. Wenar ha saputo spiegarci perché. 

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.