Il piano di Bolloré per la conquista di tlc e media entro il 2022
Le manovre del finanziere bretone attorno a Mediaset, un sistema già sperimentato altre volte
Milano. L’avventura nei media di Vincent Bolloré comincia nel 2004, con una telefonata ad Alain de Pouzilhac, all’epoca presidente di Havas, uno dei più potenti gruppi pubblicitari e della comunicazione. “Alain – dice il finanziere – credo che il tuo titolo sia sottovalutato: perciò ne comprerò un po’, beninteso sotto il cinque per cento”. Davvero una bella notizia per monsieur Alain e per Havas che non navigava nell’oro. Bolloré assicurava di non voler mettere il naso nella gestione. E non batte ciglio quando il pdg di Havas gli confida l’intenzione di procedere all’acquisto dell’americana Grey. Oggi Havas è guidata da Yannick, uno dei figli di monsieur Vincent, intenzionato a inglobare la società nell’impero mediatico in via di costruzione attorno a Vivendi.
Questo e tanti altri episodi sintomatici dello stesso tenore si possono leggere nella gustosa biografia (“Vincent Bolloré. Il nuovo re dei media europei”, edizioni GoWare key4biz) che Fiorina Capozzi, giovane ma già esperta nelle cose di Francia, dedica al finanziere che sta sfidando il gruppo Berlusconi (sulla copertina ci sono Renzi e Bollò al telefono). Con una tecnica simile, sperimentata (non sempre con successo) in tante altre avventure: basti dire che la scalata a Vivendi è partita da un minuscolo 1 per cento, poi cresciuto con acquisti prudenti e mirati fino al blitz contro il presidente Jean-René Fourtou. E una strategia simile è stata applicata nella battaglia con Martin Bouygues: “In dieci giorni – racconta Capozzi – Bolloré passa dall’8,7 al 12,5 per cento del capitale e invita Martin a sottoscrivere un patto di governo societario in cui è previsto che Bolloré abbia un posto nel consiglio di amministrazione. L’alleanza ha però vita breve: a fine marzo, l’uomo d’affari bretone contesta la strategia di Bouygues. Si dice molto preoccupato dalle ingenti perdite delle settore telecomunicazioni e si rifiuta di firmare il bilancio perché ritiene non rispecchi la reale situazione di difficoltà innescata dagli investimenti nella telefonia. La tensione in consiglio sale alle stelle e il patto fra i due soci finisce in tribunale”. Ricorda da vicino le prime puntate del rapporto tra il Biscione e il patron di Vivendi. Ma stavolta un cavaliere bianco, nientemeno che François Pinault (proprietario, tra l’altro, di Gucci) salverà Bouygues dalla morsa rilevando la quota di Bolloré che uscirà dalla partita con una plusvalenza di 228 milioni.
E adesso? “L’operazione su Mediaset si sviluppa con la stessa tecnica, tipica di Bolloré – dice François Golard, analista di Enders Analysis – una manovra audace, ma non un’offerta chiara e diretta. Mi sembra evidente che confidi in qualche crepa nella Fininvest, o tra i membri della famiglia Berlusconi”. Ipotesi improbabile ma a scanso di equivoci Silvio ha radunato i suoi figli per un vertice. E Fedele Confalonieri non si fa illusioni: “Ci difenderemo – dice – ma non sarà facile”. Non è questione di cash, anche se Vivendi può contare su una grande liquidità (2,5 miliardi) da destinare alla scalata. Semmai pesa il controllo di Telecom Italia, una pedina preziosa in vista di un consolidamento delle tlc del sud Europa (in cui coinvolgere anche Telefonica) parallelo alla creazione di una multinazionale dei media cui Bolloré guarda da tempo, con l’obiettivo del 2022, anniversario dei 200 anni di attività della ditta Bolloré, già premiata cartiera di Bretagna, ma anche dell’uscita trionfale di scena del tycoon deciso ad andare in pensione da player numero uno di tlc e media. L’analista Jerome Bodin di Natixis, più di un anno fa, ha immaginato la mappa del nuovo impero al 2022: una piramide alla cui cima c’è lui, grazie a un sapiente sistema di scatole cinesi, che regnerà su Vivendi col supporto dello stato francese, che avrà apportato all’impero il controllo di Orange da aggiungere a quelle di Telecom Italia e di Telefonica. Oltre a Mediaset, Canal+ e i giochi di Ubisoft e Gameloft. Senza dimenticare Havas. Un sogno che si realizzerà solo con l’assenso dei governi di Italia, Francia e Spagna. Purché Silvio, vecchio e invitto guerriero, non affondi Paloma, lo yacht di Bolloré frequentato dai potenti della politica francese (e non solo, forse).