Diversa “ricostruzione” su Mps e Tremonti bond
Una difesa ragionata su quanto fece il governo Berlusconi. Tra bail-in e storytelling
Al direttore - Ho letto sul suo giornale l’articolo di Renzo Rosati pubblicato il 13 dicembre scorso sotto il titolo: “Dove nasce l’agonia di Mps e quella di ciascun contribuente. Se lo stato è in Mps lo si deve ai perfidi Tremonti e Monti bond. Ricostruzione”. Posso permettermi di formulare una “ricostruzione” diversa da quella formulata nel vostro articolo?
a) Per cominciare noto che i cosiddetti “Tremonti bond” sono stati emessi nel febbraio del 2009 ed integralmente estinti da Mps nel corso del 2012. In questi termini mi risulta francamente piuttosto difficile comprendere come l’attuale “agonia” di Mps possa oggi, a quasi sette (7) anni di distanza, trovare causa proprio in un atto del 2009, ignorando tutto quanto è stato fatto e non fatto, e detto e non detto, nel lunghissimo corso degli anni successivi!
b) Si trova poi scritto nell’articolo citato che “mentre così si faceva su Mps mezza Europa (potendolo fare) soccorreva i propri big bancari”. In realtà nel biennio 2008-2009, dal Regno Unito al Benelux, dalla Francia alla Germania, dalla “dimensione baltica” all’Islanda, la geografia bancaria europea è drammaticamente e radicalmente cambiata. Ciò per il fatto che, a partire dal 2008, si è manifestata in Europa e su vastissima scala una impressionante serie di fallimenti bancari causati dall’impatto sul sistema bancario europeo dell’esplosione dei titoli “subprime” Usa. Titoli “tossici” nei quali molstissime banche europee avevano investito, cercando alti rendimenti, pur a fronte di alti corrispondenti rischi. E ciò per mascherare e/o per rinviare perdite che, negli anni precedenti, le stesse banche avevano subito o stavano ancora subendo nel perimetro della loro ordinaria attività creditizia. In queste aree e per queste ragioni una bancarotta bancaria di carattere sistemico fu allora evitata operando una lunghissima serie di nazionalizzazioni.
Nazionalizzazioni necessarie, proprio per evitare effetti di crisi “sistemici”, a fronte dei citati fallimenti. E nazionalizzazioni che furono autorizzate dalla Commissione europea, in deroga al divieto di aiuti di stato, proprio perché la condizione di quelle banche non era più di mercato, ma fuori mercato, così appunto da giustificare interventi straordinari operati con la tecnica della nazionalizzazione;
c) A quella altezza di tempo, per numerose e diverse ragioni, non ci fu in Italia la necessità di operare interventi di questa natura. Dato che nessuna banca italiana era allora in bancarotta, interventi statali forzosi sul capitale delle banche sarebbero stati impossibili, tanto in diritto quanto in fatto, tanto sulla base della Costituzione italiana quanto sulla base dei Trattati europei.
A proposito dello stato del sistema bancario italiano, come era a quell’altezza di tempo, per tutti si ricordi quanto allora quanto notato da parte del Governatore Draghi nell’intervento del 13 luglio 2011 all’assemblea dell’Abi: “Le banche italiane hanno dimostrato e continuano a dimostrare capacità di resistenza e di reazione… In maggio la crescita sui tre mesi dei prestiti bancari a famiglie e imprese è stata ben superiore a quella media dell’area dell’euro… La vivace espansione dei finanziamenti alle imprese è riconducibile alla crescita della domanda anche se tuttora ingente soprattutto per le imprese, comincia a mostrare segni di rallentamento… Non c’è stata in Italia una bolla immobiliare… Abbiamo insistito perché le banche realizzassero tempestivamente aumenti di capitale… Dall’inizio dell’anno le banche italiane hanno deciso o realizzato ingenti aumenti di capitale… Siamo sulla buona strada”;
d) In un contesto di questo tipo, un contesto radicalmente diverso da quello allora in essere in tanti altri stati europei, il governo Berlusconi offrì comunque al sistema bancario italiano, ripetutamente e pubblicamente e senza condizioni, apporti di capitale pubblico. Apporti che tuttavia, in assenza del presupposto della bancarotta, ed in assenza dei presupposti per operare nazionalizzazioni, sarebbero stati possibili solo se liberamente accettati dal sistema bancario italiano. Questo li respinse, ripetutamente e pubblicamente, prima rivendicando la sua autonomia e libertà privatistica, poi affermando da un lato che avrebbe ben potuto fare da solo, dall’altro lato assumendo comunque e in assoluto come negativa (uno “stigma”) la presenza dello Stato nel loro capitale;
e) Nel pieno rispetto di quanto sopra, ci fu comunque anche l’offerta dei cosiddetti “Tremonti bond”. Strumenti finanziari che:
– prima furono sottoposti all’autorizzazione della Commissione europea, che fissò specificamente ed “inter alia” anche l’oggettivamente elevato livello dei tassi di interesse. Diversamente, secondo la Commissione, ci sarebbe stato un vietato aiuto di Stato;
– poi furono offerti a tutto il sistema bancario e certo non solo ad Mps. Al proposito va in specie notato che molte grandi banche li rifiutarono (e con un certo non malcelato grado di sdegno), molte altre banche compresa tra queste Mps invece li accettarono e, come Mps, ne trassero utilità;
f) A proposito di responsabilità di governo in materia di crisi bancarie, mi permetto poi qui di notare che l’ordinamento italiano riserva in esclusiva alla Banca d’Italia la vigilanza specifica sulle singole banche, prevedendo che la emersione di crisi di rilevanza sistemica sia dalla stessa segnalata al “Comitato per la sicurezza finanziaria”. Questo basato su di un obbligatorio modello europeo, modello introdotto in Italia dal governo Prodi nel marzo del 2008.
“Comitato” al quale, nel durante del governo Berlusconi, non fu mai riferita l’emersione di crisi sistemiche, come risulta dai comunicati stampa emessi dal “Comitato” stesso. Comunicati perfettamente allineati con quanto pubblicamente dichiarato dalla stessa Banca d’Italia, così che ancora nel novembre del 2011 il suo governatore notava quanto segue: “Il tasso di crescita dei prestiti, pur in diminuzione, è tuttavia ancora superiore a quello dell’area dell’euro ed elevate dotazioni di capitale permettono di fronteggiare il peggioramento ciclico, che è comunque in atto”;
g) Sempre a quell’altezza di tempo, e sempre per completezza di “Ricostruzione”, si nota che non si segnalavano problemi neppure dal connesso lato del pubblico bilancio. Si ricordi al proposito che secondo il governatore Draghi (“Considerazioni finali” del 31 maggio 2011) “in Italia il disavanzo pubblico (…) è inferiore a quello medio dell’area euro (…).Appropriati sono l’obiettivo il pareggio del bilancio nel 2014 a una prudente gestione della spesa durante la crisi lo sforzo che ci è richiesto è minore che in molti altri paesi avanzati”;
h) Fatta questa complessiva “Ricostruzione”, credo che debba essere piuttosto riservata qualche considerazione critica su quanto è stato fatto e non fatto, detto e non detto dopo la caduta del governo Berlusconi (novembre 2008). Qualche considerazione a proposito della genesi politica e delle conseguenze economiche del Governo Monti. E poi ancora a proposito del cosiddetto “Bail-in”, contro cui ho prima scritto e poi votato in Senato. E poi ancora a proposito dello “story telling” fatto sistematicamente (ancora nel gennaio di quest’anno) dal governo Renzi & soci, e non solo su Mps.
Tanto cordialmente suo,
Giulio Tremonti
tra debito e crescita