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La commedia tutta italiana di chi incolpa la Troika per i guai di Mps

Renzo Rosati

Mentre il M5s vuole la Troika ricacciata via per “riportare Mps, che era una banca florida, nelle mani dei cittadini”, che cosa può pensare un cittadino tedesco?

Roma. Proviamo un esercizio poco popolare di questi tempi alle nostre latitudini: guardare alla vicenda del Monte dei Paschi con gli occhi di un contribuente tedesco, una persona mediamente informata sulle questioni italiane. Un contribuente che per inciso fra nove mesi voterà per il rinnovo della Cancelleria. E il suo voto, per la presenza sulla scena – ma non solo – degli anti-euro di Alternative für Deutschland, sarà preceduto da una campagna elettorale poco incline alle scorciatoie stataliste tornate di moda in Italia, e che se confermerà Angela Merkel le consegnerà un mandato ben preciso: basta buonismi e flessibilità mediterranee.

Dunque, mentre il nostro ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan attacca (non del tutto a torto) la Vigilanza della Banca centrale europea per la richiesta repentina di 4 miliardi di ricapitalizzazione in più per non far fallire Mps, e dal mondo politico e mediatico si alza il solito coro antigermanico (“Berlino si ricordi dei miliardi messi nella Commerzbank e dei trattamenti di favore per la Deutsche”), e mentre i 5 stelle vogliono la Troika ricacciata al Brennero per “poter finalmente riportare Mps, che era una banca florida, meravigliosa, nelle mani dei cittadini”, cioè del bilancio pubblico, magari europeo, che cosa può pensare un cittadino di Amburgo o della Baviera?

 

Innanzi tutto i dati. Che non cambiano a seconda delle latitudini. Mps, sempre descritta come la terza banca italiana, quindi contagiosa per tutti, è tecnicamente sull’orlo del baratro. Ha liquidità al 21 dicembre per 4 mesi; erano 11 a novembre. Da gennaio a settembre ha subìto una fuga di depositi di 14 miliardi. Ne ha poi 47 di crediti deteriorati lordi, 28 netti, cioè non coperti da riserve, in aumento del 10 per cento nel 2016. I Non performing loans (Npl) sono il male maggiore e comune delle banche italiane, così come l’esposizione ai derivati tossici è il grande vizio della Deutsche Bank, che il Fondo monetario internazionale ha definito “il peggior fattore di rischio di credito globale”. Però Db non ha chiesto fondi pubblici né ha attivato procedure europee. Tutte queste cifre non se l’è inventate la Bild: sono di fonti istituzionali italiane. Consob, Banca d’Italia, Tesoro. Eppure a Roma il ministro dell’Economia definisce Mps “in ottime condizioni”. La Banca d’Italia, almeno fino a ieri, tace su tutta la linea, e chi scorre le ultime Considerazioni finali del governatore Ignazio Visco non vi trova traccia di particolari premure. Naturalmente il tedesco medio che non sia un assiduo lettore del quotidiano economico Handelsblatt, o un appassionato delle acuminate inchieste dello Spiegel, non ha tutti queste informazioni. Ma anche da un’infarinatura generica viene a sapere:

1) che la terza banca italiana non ha più soldi in cassa;

2) che la situazione era nota in Italia e per questo è stato lanciato un aumento di capitale privato, fallito; e successivamente il salvataggio pubblico;

3) che il governo dà la colpa all’Europa;

4) che il Corriere della Sera, per dire, titola in prima pagina “Attacco tedesco al piano Mps”.

Aggiungiamo lo stato d’animo di default con il quale il nostro concittadino germanico guarda alle vicende di casa nostra. Anche lui ce l’ha con la Bce ma per motivi opposti. I tassi a zero di Mario Draghi, ragiona, hanno azzerato gli interessi sui suoi risparmi e sulle sue polizze assicurative. E poco conta che gli acquisti dell’Eurotower si siano diretti più sulla Germania che sull’Italia: che cosa ne ha fatto il suo paese? Ha ridotto il debito pubblico: dall’83 per cento del Pil del 2010 a meno del 70. E l’Italia? Lo ha aumentato dal 118 al 135. E ora ne stampa ancora per finanziare una banca decotta. Non solo. Il nostro corrispettivo tedesco riflette sul fatto che ogni anno Roma chiede deroghe alle regole sul deficit, regole sottoscritte anche da ministri e premier italiani. Stavolta per l’emergenza migranti, per il terremoto, per le “condizioni eccezionali” (bassa crescita). Però Roma invoca sanzioni per l’export di Berlino. Almeno l’Italia fa le riforme? Si, qualcosa – il Jobs Act è stato citato ad esempio anche da tv e tabloid, certo non come il “Grazie” in prima pagina della Bild per la cattura di Anis Amri – ma poi che succede? Che ora quaggiù si vuole disfare anche quel poco di buono. Che da quando la Merkel è cancelliera (2005) in Italia si sono visti otto governi. Ecco, questo è nella testa di un tedesco. Il quale poi avrà anche appreso che con quei soldi pubblici, in parte frutto di bilanci europei condivisi, si promette di rimborsare al 100 per cento titolari di obbligazioni a rischio e alto rendimento, persone con capitali di 150 mila euro, più del doppio del risparmio medio in Germania. Semplificazioni? Forse. Ma non c’è bisogno di essere un Tobias Piller, l’arcigno corrispondente della Frankfurter Allgemeine Zeitung, per capire che dar la colpa alla Troika e Berlino per una vicenda tutta nostra, da quella parte è vista come una commedia. Una commedia all’italiana.

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