Una difesa nazionale s'impone
Siamo in un contesto assai fragile e pericoloso che potrebbe portare a un rallentamento della globalizzazione e ciò potrebbe significare avere difficoltà a reperire merci dall’estero
L’intervista di Calenda mi è piaciuta moltissimo. A mia memoria è la prima volta che un ministro dello Sviluppo parla in termini di interesse nazionale e di tutela delle aziende strategiche da parte dell’Italia – cosa che ritengo sa-cro-san-ta. Non possiamo certo permetterci di perdere certe aziende: Telecom Italia, Finmeccanica, Assicurazioni Generali, Ilva – cioè telecomunicazioni, difesa-avionica, finanza, siderurgia – e le dobbiamo tenere finché il processo di integrazione europea non sarà completato e diventato irreversibile. Al momento non siamo affatto a quel punto. Che l’Ilva vada agli indiani un domani, ovvero quando l’integrazione europea sarà irreversibile, non sarebbe così rilevante. Ma adesso lo è eccome. Se non c’è nessuno che investe nell’Ilva allora la si rinazionalizzi. Siamo un paese manifatturiero e trasformatore che non si può permettersi per nulla di essere alla mercé di altri per le materie prime, più di quanto non lo si sia già – vedi petrolio e gas. Un discorso come quello di Calenda doveva essere anche fatto prima, pensiamo a Fiat-Avio che è andata in anni recenti all’americana General Electric. Sono settori che sono necessari a un paese perché sia autonomo e perché possa definirsi tale. L’Italia è sempre stata sotto scacco dal punto di vista industriale: il flusso degli investimenti esteri verso i nostro paese non si è mai arrestato, è un falso argomento di cui si spesso discute sui giornali. Invece qui gli investimenti continuano ad affluire e direi anche fin troppo abbondantemente. Lo dico per quello che vedo ogni giorno nel mio lavoro e per quello di cui si ha avuto notizia negli ultimi quattro anni almeno. Un paese degno di questo nome si sarebbe organizzato meglio per evitare questo genere di cose. Adesso siamo in un contesto assai fragile e pericoloso che potrebbe portare a un rallentamento della globalizzazione – che peraltro andrà disciplinata – e quindi ciò potrebbe significare avere difficoltà a reperire merci dall’estero. Se non riuscissimo a produrle noi da soli probabilmente non le avremo nemmeno. Non parlo affatto di autarchia o di simili tendenze, sono liberista ma sono altrettanto consapevole di quello che si può o non si può fare. In tempi di pace potevamo anche permetterci un certo lassismo, ora non più.
Guido Roberto Vitale – banchiere d’affari, presidente della società di consulenza finanziaria Vitale e Associati