L'economia delle stelle funziona se ricerca e scienza si uniscono
Fatti e numeri sull'industria aerospaziale che ha come concorrente Elon Musk
Roma. Fare sistema, as usual. Una frase che negli anni della crisi è diventato un mantra per il sistema economico italiano spesso però depotenziato dalle greppie della burocrazie e dalle varie rivalità ministeriali. Proprio in questa trappola era finita l'industria aerospaziale italiana: conflitti di attribuzione e di competenza tra i vari poteri dello Stato, linee guida e politiche legislative di indirizzo dai tempi biblici.
Ora tutto questo sembra però acqua passata e i risultati cominciano a vedersi. Lo scorso anno l'economia dello spazio ha visto un fatturato di 1,6 miliardi di euro con un numero di 6 mila addetti impiegati. Numeri in crescita che si sommano alle partecipazioni rilevanti a programmi internazionali e l'indotto generato dalle attività industriali. Parlare di spazio oggi significa parlare di una realtà che per ogni euro investito per missioni in orbita riesce a generare dai 3 ai 5 euro di ricavi o futuri investimenti su altre attività.
Ma dove sta il vero cambio di passo per l'Italia? Come ha detto lo stesso ministro per l'istruzione, Valeria Fedeli, la chiave di volta si è avuta grazie alla capacità di collaborare con efficacia e mettendo da parte i rispettivi orticelli. Vedere "il ministero dello Sviluppo e il ministero dell'istruzione e della ricerca allo stesso tavolo per affrontare le strategie delle attività spaziali italiane è una rivoluzione epocale", sottolinea la Fedeli. "La cabina di regia ha lavorato bene", osserva il ministro Carlo Calenda riferendosi al lavoro svolto presso la presidenza del Consiglio da rappresentanti di governo e regioni, enti di ricerca e aziende pubbliche e private. Adesso esiste un disegno di legge per formalizzarla in un Comitato interministeriale sulle politiche dello spazio e i tempi per la sua eventuale approvazione sono quelli di ogni iter parlamentare. "Penso – ha osservato il responsabile del dicastero di Via Veneto – che questo possa essere il punto di partenza per una strategia italiana nell'aerospazio".
Se, come dice Calenda, le attività spaziali sono la Formula 1 dell'industria perché fucina di nuove tecnologie, c'è bisogno di benzina. A livello nazionale sul piatto sono già stati messi 360 milioni dal Cipe, più 140 dalle varie Regioni interessate, per un totale di 500 milioni. Come spendere questa iniezione di denaro pubblico nella filiera? Per gli imprenditori è fondamentale generare economie di scala e muoversi sui mercati internazionali.
"Noi come Avio competiamo e combattiamo sul mercato con visionari come Elon Musk: a volte perdiamo ma a volte vinciamo", ha detto di recente in una iniziativa presso il Centro studi americani il ceo di Avio, Giulio Ranzo, che sta commercializzando i lanci del razzo Vega, il lanciatore europeo realizzato negli stabilimenti di Colleferro e che parla molto italiano. "La quotazione in Borsa di Avio – ha riferito il ceo - è una buona notizia, ci consentirà di competere sul mercato anche con investimenti privati". Il gioco, ha riferito Ranzo, "si basa prima sul prezzo e l'affidabilità, quindi sull'accuratezza con cui si posizionano in orbita i satelliti: Google ha scelto noi, e non un razzo Usa, per portare nello spazio i suoi mini satelliti SkySat".
Il segreto, enfatizza Donato Amoroso di Thales Alenia Space Italia, è "accelerare", visto che " rispetto ai visionari come Musk e Branson che rompono gli schemi, abbiamo una certa inerzia". Correre anche sui mercati internazionali anche perché la competizione non fa sconti a nessuno e oltre ai grandi magnati visionari anche nuovi Stati come gli Emirati Arabi o l'Iran stanno investendo parecchio nell'economia delle stelle.