L'Ilva in ostaggio di guerre politiche e scissioni a "tutto gas"
Emiliano propoganda l'acciaieria pulita, ma se si vuole ripetere l'errore di una nazionalizzazione si giochi a carte scoperte
Roma. La vicenda Ilva è sempre più grave ma sempre meno seria. Il futuro industriale e la sostenibilità dell’impianto siderurgico più grande d’Europa solo nel nostro paese può diventare una clava da utilizzare tra i motivi per cui chiedere un congresso di partito e giocarsi le proprie chances personali. Il protagonismo delle istituzioni locali è un valore ma lo è anche la capacità di fare la propria parte per le soluzioni, a partire dalla sorveglianza sanitaria su cui la regione Puglia in questi anni è stata particolarmente carenti, fino ad arrivare alle promesse di realizzazione di una task force che avrebbe dovuto analizzare le crisi delle singole aziende dell’appalto e indotto Ilva svanite nel nulla dopo il loro annuncio.
Il 3 marzo si presenteranno le offerte vincolanti, dopo anni di rinvii. Offerte che contempleranno il piano di ambientalizzazione. A cosa serve dare giudizi preventivi su decarbonizzazione, impianti misti o utilizzo dell’Afo5? Abbiamo spiegato a più riprese che sotto 8 milioni di tonnellate Taranto non solo perderebbe occupazione ma sarebbe a rischio dal punto di vista produttivo. Certo non far ripartire l’Afo5, l'altoforno più grande, va in questa direzione, purtroppo ci sono anche altre strade per ridurre la sostenibilità industriale di Taranto.
Se il gioco è far saltare la gara, perché si sogna ancora la nazionalizzazione, bisognerebbe dirlo con chiarezza. Non si può giocare a carte coperte. Noi non lo abbiamo mai fatto, siamo stati gli unici a sostenere il lavoro del commissario Enrico Bondi e di Edo Ronchi e il suo piano industriale. L’unico che centrava sostenibilità industriale, ambientale e occupazionale allo stesso tempo. Ci sono soluzioni tecnologiche che consentono produzioni sostenibili. La decarbonizzazione è una delle strade. Ma va valutata con serietà: serve molto gas a costi competitivi e non si può sostenere questa soluzione e contemporaneamente non risolvere o addirittura ostacolare l’approvvigionamento del gas.
Si può avere a distanza impianti di riduzione diretta del ferro e realizzare, così il preridotto. Si può produrlo a Taranto ma serve anche qui il gas e il piano Bondi-Ronchi affrontava seriamente questo aspetto senza utilizzare carbone e agglomerato di minerale o comunque riducendone sostanzialmente la quantità e acquistandone una parte, come fa Voestalpine a Linz in Austria che lo produce in Texas.
E’ pensiero comune che chiunque presenti offerte vincolanti debba rispondere alla necessità di ambientalizzazione, rilancio industriale e difesa dell’occupazione di Taranto. Non mi faccio spiegare i piani industriali sui giornali e in Fim-Cisl giudicheremo le offerte vincolanti dopo il 3 marzo. Se qualcuno ha già scelto tra le cordate e vuole fare ritirare gli altri se ne assumi le responsabilità. Se, ancor peggio, si vuol far saltare la gara pensando che sullo sfondo c’è la nuova "Ilva Pubblica" si fa un tragico errore, già compiuto dal precedente governo. La strada – per niente originale – è sbarrata dai trattati europei e ci è costata un anno e mezzo di ritardi. L’eredità dell’Ilva pubblica a me invece ricorda: ripiegamento industriale, corruzione e tanto tanto inquinamento. A Bagnoli, chiusa nel 1998, i lavori di bonifica iniziano in questi mesi.
Lunedì, con molto probabilità anche gli ammortizzatori sociali saranno terreno di campagna elettorale: sul tavolo la richiesta di cassa integrazione. Noi condividiamo un utilizzo che prevedeva la massima rotazione possibile tra i lavoratori che produca, pertanto, lo stesso livello di coinvolgimento previsto dai contratti di solidarietà. Col quadro normativo esistente (D.l. 148/2015), a meno di deroghe, tra diciotto mesi i lavoratori con i contratti di solidarietà – su cui peraltro la Regione Puglia di Michele Emiliano che parla di "decarbonizzazione" e "Ilva a tutto gas", a differenza della Liguria, non ha offerto alcuna integrazione salariale – resterebbero scoperti da qualsiasi ammortizzatore sociale, mentre con la Cigs avremmo tutti i mesi di copertura reddituale necessari a concludere l’amministrazione straordinaria.
Non conoscere le normative europee sulla concorrenza e quelle nazionali sugli ammortizzatori sociali, può aiutare a dividere il sindacato e a fare fumo precongressuale nel Partito democratico, ma espone i lavoratori e l’ambiente a un ulteriore periodo di incertezza che a mio avviso vale di più di qualsiasi campagna elettorale. Non lo consentiremo a nessuno.
Marco Bentivogli è Segretario generale metalmeccanici Fim-Cisl