Opera degli artisti danesi 'Superflex' intitolata 'Euro' (foto LaPresse)

La bufala apocalittica dell'eurocatastrofe e dell'eterno ritorno alla lira

Alberto Brambilla

All’alba della moneta unica 007 e imprenditori annunciavano guai. Un libro da rileggere per scansare la demagogia anti euro

Roma. La nostalgia della lira è un sentimento non raro oramai da riscontrare nell’establishment economico italiano. Silvio Berlusconi è l’ultimo tra grandi imprenditori ad avere invocato un ritorno a una moneta nazionale, con una circolazione doppia e temporanea di euro e una nuova lira. Per quanto possa apparire eccentrico detto dal fondatore della principale rete televisiva italiana, Mediaset, in comproprietà con la francese Vivendi, e azionista di controllo del network televisivo spagnolo, Mediaset España Comunicación, l’idea occhieggia ai movimenti euroscettici in voga dalla Francia all’Olanda fino all’Italia con la Lega di Matteo Salvini. Prima di Berlusconi, Ernesto Preatoni, finanziere e proprietario di grossi insediamenti turistici in Egitto, da anni è un businessman in rivolta contro l’euro.

 

Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica, fresco protagonista con la francese Essilor di una delle più grandi fusioni europee, nel 2013 considerava le idee di Beppe Grillo, commediante padrone del M5s, che invoca un referendum per uscire dall’euro, non più stupide di quelle di altri politici. Un ritorno alla lira costerebbe almeno 280 miliardi di euro, crescente nel tempo, secondo un recente report di Mediobanca Securities che per la prima volta analizza la questione senza però valutare l’impatto macroeconomico generale, potenzialmente cataclismatico. Tuttavia la prospettiva non manca di affascinare popolo e classe dirigente, soprattutto negli ultimi tempi. Ma non è affatto una novità. Anzi.

  

L’euro è un esperimento unico al mondo per cui gli stati hanno ceduto sovranità monetaria alla Banca centrale europea e costituisce, agli occhi delle tecnocrazie europee, il complemento logico e naturale del mercato unico. La straordinarietà è tale che il fenomeno è stato accompagnato da profezie di sventura fin dal 2002, quando l’euro entrò fisicamente in circolazione – in realtà era in gestazione dal 1969 con l’accordo per una Unione Economica e Monetaria, in seno ai sei membri fondatori della Comunità economica europea, e già dal 2000 esisteva come moneta che svolgeva tutte le funzioni esclusa quella di mezzo di scambio circolante.

 

All’epoca si scatenarono le peggiori bufale e teorie del complotto attorno all’euro, paragonabili a quella del millennium bug, il virus che allo scoccare del Nuovo Millennio avrebbe annientato i sistemi informatici globali. Andrea Kerbaker ha analizzato le profezie, puntualmente smentite, di quel periodo nel libro-inchiesta “Bufale Apocalittiche – Le catastrofi annunciate (e mai avvenute) del terzo millennio” (Ponte alle Grazie, 2010) in una piacevole trattatazione che potrebbe fungere da manuale per gli eurocontrari, se non altro per non ripetere gli stessi errori crassi. Cesare Romiti, che ricoprì ruoli apicali in Fiat, Rcs, Impregilo, era un euroscettico ai limiti del fanatismo, al punto che veniva bonariamente canzonato per questo da Repubblica nel marzo 2000: “Ieri mattina – scriveva Giuseppe Turani – un piccione ha cacato sul mio balcone, sporcandolo.

  

Se Romiti fosse stato qui con me avrebbe sicuramente detto che è tutta colpa dell’euro”. In contrasto agli euro-entusiasti, come Romano Prodi, all’epoca presidente della Commissione europea, anche gli apparati dello stato profondo si sbracciavano per segnalare l’incombente euro-catastrofe. I servizi segreti erano in prima linea e sollevavano, come spesso accade, ipotesi di complotto. Un rapporto del Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica immaginava che con l’euro “potrebbero trovare insediamento anche frange criminali legate agli immigrati extracomunitari in grado di sfruttare flussi clandestini sia per veicolare denaro di provenienza illecita da riciclare sui mercati europei sia per smerciarvi banconote falsificate” nella nuova divisa; malaffare e coniazione anarchica à gogo. L’euro in realtà è più sofisticato, con inchiostri e ologrammi che rendono l’opera dei falsari più ardua.

  

Nel novembre 2001 il timore degli 007 era, insieme all’intramontabile invasione di falsari, un attacco informatico ai circuiti finanziari nel periodo di introduzione dell’euro – in clima da attentato alle Torri Gemelle l’ipotesi ha fatto sensazione. Come se i malviventi di mezzo mondo non aspettassero altro che una nuova moneta per fare bottino. Alla vigilia del euro-day, “dopo essere scampati al millennium bug (e rieccolo!), i commercianti credono di potere essere dispensati dagli adattamenti necessari per il passaggio alla moneta unica”. Alcuni dicono di non poter dare i resti perché le banche non hanno abbastanza contante. Confesercenti e Confcommercio dicevano di essere costretti a dover dare resti in lire, e in euro solo se riuscivano. In realtà i commercianti, scrive Kerbaker, si sono adattati in fretta e hanno fatto crescere i prezzi in maniera ingiustificata: più che di raggiri, complotti, ingorghi ai bancomat, i cittadini italiani avrebbero dovuto temere l’avidità umana. E oggi, visto che la bufala no-eurista è vecchia tanto quanto l’euro stesso, dovrebbero guardarsi dalla demagogia.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.