L'Italia sta meglio, ce lo dicono le nostre tavole
Una recente ricerca del Censis ha rilevato che la spesa alimentare, che era stata segnata drasticamente dalla crisi, ha ripreso a crescere negli ultimi anni
I dati dell'economia "molte volte ingannano e provocano equivoci. E' per questo che mi guardo bene dal leggerli, perché mi annoiano. Per capire guardo e guardo i piatti degli italiani. E' osservando la tavola che si comprende l'Italia, perché l'Italia è un paese dove si mangia". Achille Campanile sull'Europeo nel 1974 si lamentava così dell'ossessivo interesse dei programmi televisivi per i dati sull'andamento economico del paese. Guardando la tavola degli italiani la situazione appare più positiva di come ce la descrive il mercato del malumore che, come ha scritto il direttore Claudio Cerasa, ci vuole convincere che "siamo davvero un paese irrimediabilmente corrotto, fatalmente depresso, tendenzialmente allo stremo, povero, senza speranza, senza prospettiva, senza futuro, condannato alla paralisi eterna".
Una recente ricerca del Censis, commissionata dalla Nestlé italiana, ha rilevato che la spesa alimentare, che era sta segnata drasticamente dalla crisi, ha ripreso a crescere negli ultimi anni, segnando a fine 2016 un più 1,1 per cento, dopo anni di decremento (tra il 2007 e il 2016 i consumi sono calati del 10,9 per cento). Lo scorso anno la spesa per il cibo ha così raggiunto il 14,3 per cento dei consumi delle famiglie, un dato superiore a quello della media europea (12,3 per cento) e positivo nonostante l'aumento del costo degli alimenti (secondo gli ultimi dati dell'Istat i beni alimentari sono aumentati nell'ultimo anno dello 0,4 per cento).
Il miglioramento della situazione economica del paese, evidenziata anche dalla crescita del pil, e la maggiore attenzione che la gente riserva alla scelta del cibo hanno modificato le abitudini di scelta degli italiani. Al momento dell'acquisto dei cibi il Censis ha rilevato che per il 69,9 per cento degli italiani a determinare le scelte sono fattori diversi dal prezzo, mentre solo per l’1,3 è il prezzo a determinare la scelta. Un atteggiamento completamente diverso da quanto rilevato nel resto dell'Unione europea dove i prezzi sono la variabile principale (32 per cento).
La minore attenzione al prezzo e la maggiore riservata alla qualità deriva anche dal mutato sistema di informazione e di acquisto. Secondo la ricerca l’85,7 per cento degli italiani (e l’87,4 per cento dei millennials) si informano in internet prima di scegliere e acquistare i prodotti. E nell'informarsi molto spesso comprano. Nel 2016 sono stati 790mila gli italiani, di cui 260mila millennials, che hanno comprato prodotti alimentari sul web nei tre mesi precedenti l’intervista. Erano 590mila, secondo le rilevazioni Istat del 2015. Un aumento che però secondo il Censis non ha penalizzato i tradizionali canali di vendita, che "resistono e modificano la loro funzione: niente cannibalizzazione quanto piuttosto multicanalità".
"La ricerca Censis fotografa in maniera chiara la complessità di quello che sta accadendo oggi, in un mercato che risponde ancora a logiche consolidate ma vede affermarsi contemporaneamente fenomeni del tutto nuovi - ha spiegato in una nota Massimo Ferro, direttore del Corporate Strategy di Nestlé in Italia. "Nuovi modelli organizzativi, ad esempio, a servizio della multicanalità, dove il ruolo della marca è inevitabilmente destinato a cambiare. Ma anche nuovi prodotti, in linea con l¹evoluzione del gusto e delle necessità, e nuove tecnologie produttive. Stiamo assistendo a cambiamenti molto veloci e la sfida sarà saper rispondere in modo adeguato alle mutevoli richieste dei consumatori".
Buone notizie arrivano anche dalle esportazioni di beni alimentari e di bevande: tra il 2010 e il 2016 sono cresciute del 41,5 per cento, con un incremento del 3,6 per cento nell'ultimo anno, raggiungendo un valore annuale nel 2016 di 31,3 miliardi di euro.