Fabio Panetta (foto LaPresse)

Cosa ci fa Fabio Panetta nella corsa per la guida di Bankitalia

Marco Cecchini

Il governatore uscente Ignazio Visco sembra puntare alla riconferma. Ma negli ultimi giorni anche il vicedirettore generale è entrato nella lista dei papabili

Nell’arco dei prossimi ventiquattro mesi assisteremo in rapida successione a un generale ricambio ai vertici delle banche centrali dei maggiori paesi industriali. Il mandato dell’americana Janet Yellen scadrà il prossimo febbraio, il giapponese Haruhito Kuroda lascerà due mesi dopo, il tedesco Jens Weidmann nell’aprile dell’anno successivo, Mario Draghi nell’ottobre del 2019. Ma il primo nella lista dei rinnovi sarà Ignazio Visco, il cui incarico alla testa della Banca d’Italia termina, come noto, nell’ottobre di quest’anno e che potrebbe succedere a se stesso o lasciare il posto ad altri.

 

 

Certo, non è un momento facile per gli istituti centrali. Se si eccettua la Bundesbank, tutti gli altri sono oggetto di critiche, in varia misura e a vario titolo: la Federal Reserve per la sua politica regolamentare, la Bank of Japan perché per il governo di Tokyo la moneta facile non basta mai, la Bce (secondo alcuni) per il Quantitative easing. Anche la Banca d’Italia, che si è trovata a gestire una crisi del credito scoppiata in ritardo rispetto ad altri paesi e prolungata dalla recessione, non sfugge al fuoco incrociato dei rilievi. Ed è in questo clima destinato a farsi sempre più teso che Padoan, Gentiloni e Mattarella dovranno fare le loro scelte.

 

Anche se lui smentisce, secondo molti osservatori Visco punterebbe alla riconferma potendo contare sull’apprezzamento del presidente della Repubblica e del premier. Per anni la tradizione a Via Nazionale è stata in effetti di continuità: il governatore era a vita, l’eventuale successione era per linee interne. Questa prassi tuttavia si è successivamente interrotta. Gli ultimi tre governatori sono il risultato o di uno “scavalco” (il numero tre che diventa numero uno, come nel caso di Fazio, che bruciò Dini, e lo stesso Visco che malgre’ lui ha “saltato” Saccomanni) o di un innesto esterno (Draghi). Per questo, oltre alla riconferma di Visco e alla eventuale promozione a numero uno dell’attuale direttore generale, Salvatore Rossi, altrettanto apprezzato da Mattarella e Gentiloni, si guarda ai possibili innesti esterni (per esempio Ignazio Angeloni, ex Banca d’Italia, oggi membro del board dell’Ssm, la vigilanza unica della Bce, ma qualcuno dice anche lo stesso Padoan) e, negli ultimo giorni, alle seconde linee del direttorio di Via Nazionale, come Fabio Panetta, il vicedirettore generale cui fa capo la cruciale delega sulle banche e che rappresenta Via Nazionale nel board dell’Ssm, oltre ad essere il “vice” di Visco nel Consiglio Bce.

 

Tutto questo ha una logica, perché, con l’accentramento della vigilanza sui principali istituti di credito a Francoforte, i rapporti tra la Banca d’Italia e l’Ssm sono diventati uno snodo cruciale dell’attività di supervisione bancaria. Panetta, già fedelissimo di Fazio, un fratello scomparso quando era parlamentare del Ccd, carattere piuttosto defilato ma con ottimi punti di riferimento giornalistici, è stimato da Draghi e generalmente apprezzato per la sua competenza. Nella sua qualità di membro del board Ssm ha gestito due anni fa la partita, terminata in chiaro scuro per l’Italia, degli stress test bancari. E più di recente non ha votato l’innalzamento ad 8,8 miliardi del fabbisogno di capitale di Mps deciso dal medesimo Ssm. Ma avere tenuto le redini della vigilanza, se da una parte è un plus nel nuovo quadro della unione bancaria, può essere anche un’arma a doppio taglio in questa fase politica. Chi ha portato la responsabilità della supervisione, potrebbe doverne sopportare anche i costi quando si mettono in piedi commissioni d’inchiesta alla ricerca di capri espiatori da offrire sulla pubblica piazza.