Alitalia fluttua tra il tracollo e una partnership con Lufthansa
Fonti del Foglio non escludono più l'amministrazione controllata, Unicredit spinge per un'alleanza tedesca. Settimana decisiva
Roma. Se l’impasse permane il governo non esclude più l’opzione di aprire la procedura di amministrazione controllata per Alitalia la prossima settimana, dicono al Foglio due fonti molto vicine al dossier. Ovvero affidare l’azienda in estrema sofferenza alle curatele di un commissario pubblico titolato ad aggredire le sostanze di creditori e azionisti per farla operare nei prossimi due anni. “La situazione è molto complessa, anche l’amministrazione controllata alle lunghe sarebbe costosa per lo stato e vogliamo usare meno soldi pubblici possibile”, dice una fonte.
Nell’ultima decade il rilancio della compagnia è stato tentato due volte, nel 2008 dai “capitani coraggiosi”, una coalizione italiana di imprenditori e istituti di credito, e nel 2014, dalla compagnia de Etihad di Abu Dhabi con una partecipazione di Poste Italiane come presidio pubblico. Tuttavia l’azienda è di nuovo prossima al collasso e quasi non ha più liquidità per volare con regolarità. I soci italiani, in particolare le banche sia azioniste sia creditrici, Intesa Sanpaolo (20,5 per cento) e Unicredit (11 per cento), sono refrattarie a partecipare a una nuova ricapitalizzazione – che in totale supererebbe il miliardo di euro – in assenza di garanzie granitiche sulla sostenibilità economica futura di Alitalia che negli ultimi tre anni ha perso almeno un miliardo di euro a causa dell’assenza di una strategia operativa.
“Alitalia è troppo inefficiente rispetto ai vettori low cost e troppo piccola rispetto ai grandi competitor tradizionali”, dice Andrea Giuricin, docente di economia dei trasporti all’Università Milano Bicocca. Il nuovo piano industriale prevede 2.037 esuberi tra il personale di terra, su 12 mila dipendenti totali, e una riduzione degli stipendi di piloti e assistenti di volo fino al 32 per cento. Mercoledì scorso il personale ha scioperato – e il 60 per cento dei voli è stato cancellato – per fare pressione sull’azienda in vista del nuovo confronto sindacale programmato il 13 aprile. Nel periodo della privatizzazione del 2008 Alitalia passò per l’amministrazione straordinaria per cui l’allora commissario vendette il ramo d’azienda a una compagine di azionisti italiani che però fallirono nel tentativo di migliorarne la performance. La quota di mercato in Italia è passata dal 50 al 25 per cento e oggi – aggredita dai vettori low cost come Ryanair e Easyjet – è arrivata al minimo storico del 18 per cento. Il risultato è che il 55 per cento delle rotte di Alitalia si sovrappone con Ryanair e il 38 con Easyjet, secondo fonti aziendali.
Nel 2014 la condizione era ancora una volta ideale per tentare il rilancio. Mentre altre compagnie europee, come AirFrance, ex partner storico di Alitalia, si attrezzavano per superare la crisi, Etihad ha acquisì il 49 per cento del capitale del vettore italiano, il massimo possibile secondo le regole comunitarie che non consentono a un operatore extraeuropeo di possedere la maggioranza di uno continentale. Doveva essere l’ultima volta, dicono in coro manager e politici coinvolti all’epoca. Invece la promessa svolta del ceo di Etihad James Hogan – dato in uscita a metà 2017 – per far rifiorire Alitalia all’interno del network globale del vettore emiratino è ormai in grande discussione. Etihad ha acquisito altre aziende europee periclitanti nel tentativo di risollevarle grazie alla liquidità potenzialmente illimitata dell’emirato petrolifero. Ma l’esperienza pregressa dell’Etihad di Hogan con la tedesca AirBerlin in questo senso è preoccupante perché ha perso 1,2 miliardi di euro dal 2012. Alcuni protagonisti, in particolare Unicredit, secondo fonti del Foglio, valutano future alleanze nel tentativo di escogitare una via d’uscita: gli sguardi sono rivolti al colosso tedesco Lufthansa che a febbraio ha firmato con Etihad un accordo di condivisione del servizio di catering e di manutenzione degli aerei; una base per future collaborazioni di natura commerciale. Più fonti apicali della banca guidata dal ceo Jean Pierre Mustier, forte in Germania, replicano tuttavia che in ogni caso prima di pensare a delle alleanze è “essenziale” procedere con la ristrutturazione aziendale. Alitalia vola tra due estremi: il tracollo e nuove partnership.