Al Salone del Risparmio le banche non ridono
Chef, star e Elio omaggiano i gestori, non educano i risparmiatori, ma nemmeno sollevano il morale dei banchieri
Milano. È qui la festa? Difficile crederci, ma è proprio così: il risparmio fa festa, anche prima dell’assemblea di Monte Paschi, ancora congelata. Nel pieno della passione per gli azionisti delle banche venete, da Vicenza a Montebelluna mentre non sono ancora cicatrizzate le ferite dei portatori di bond aretini o di Ferrara. Eppure, in Bocconi il Salone del Risparmio è arrivato all'ottava edizione che, anno dopo anno, sta assumendo il sapore della manifestazione popolare, stile festa dell’Unità degli anni ruggenti: 160 marchi presenti, 240 relatori, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ad aprire Martin Wolf, chief economist del Financial Times a dare un tocco internazionale. E una folla di partecipanti, almeno diecimila persone previste nei tre giorni fino a giovedì 13 aprile.
Una massa di popolo che, tra una conferenza e l’altra, farà raccolta di gadget presso gli stand che regolano un po’ d tutto, dalle palle da golf alle posate. In attesa di trovare posto nelle sale dove Elio (sì, quello delle Storie Tese) ha raccontato le “Storie del Reddito fisso” messe a punto da Aberdeen asset management. O a seguire il menu finanziario messo a punto da Carlo Cracco, seguire le trasformazioni dell'attore Arturo Brachetti, farsi due risate col la Gialappa’s Band piuttosto che chiedere un autografo a Marco Augé, pilota di Formula Uno o alla campionessa paraolimpica Bebe Vio. Insomma, una grande festa laddove le banche e hanno ben poco da festeggiare.
Ma i Big del risparmio gestito, al contrario, celebrano i risultati di un anno d’oro che promette di essere oscurato da un 2017 ancora migliore, complice la fuga dai Bot (sempre più avari), dalle obbligazioni bancarie (travolte dal rischio bail-in) e alla disaffezione per le banche. Per carità, gli istituti di credito hanno un ruolo rilevante nel settore, anche se Unicredit ha dovuto sacrificare Pioneer, con i suoi 70 miliardi di titoli di stato amministrati, passato nell’orbita della francese Amundi. “Ma da nessuna parte in Europa trovi un mercato meno bancarizzato di quello italiano”, commenta Lorenzo Gazzoletti ex bocconiano in forza a Parigi per il gruppo franco tedesco Oddo-Bhf. Ovvero, in Italia il successo delle reti (vedi Fineco, banca Mediolanum o la stessa Banca Generali) ha creato lo spazio ideale per i prodotti creati dai colossi Usa, modello BlackRock che, anche grazie an quattrini raccolti in Italia, governano buona parte di Piazza Affari. Bene così, visti gli attentati che si sono consumati contro il risparmio degli italiani, peraltro colpevoli vista la drammatica carenza di educazione finanziaria che colloca gli italiani dietro il Kenya e l’Uganda nelle classifiche internazionali.
Alla carenza non hanno posto rimedio i 166 (sì, centosessantasei) corsi che più meno tutti, dalla Banca d’Italia all’Abi alla Consob hanno messo a punto per affrontare il problema. Sforzi finora caduti nel vuoto, probabilmente per l’assenza di una regia pubblica paragonabile a quella attiva in altri paesi della Ue. La lacuna dovrebbe essere colmata entro giugno, come prevede un comma del decreto salva banche che assegna un fondo di un milione (poca roba) alla bisogna. Nel frattempo le reti si promotori sono lanciati al collocamento dei Pir, i Piani individuali di risparmio che prevedono un rilevante sconto fiscale per i sottoscrittori che, aderiranno ai nuovi fondi che, per legge, saranno in buona parte destinati alle piccole e medie imprese. Le prospettive sono più che promettenti. “Sarei deluso – ha detto Ennio Doris, fondatore e residente di Mediolanum – se la mostra raccolta dei Pir fosse inferiori ai due miliardi”. Stime ottimistiche arrivano anche dagli gruppi leader anche se, scrive Intermonte, “lungaggini normative e di interpretazioni fiscali stanno rallentando la vera partenza dei fondi”. Ma questi non ha impedito, aggiunge il broker, che “l’effetto Pir stia gonfiando le mid-small caps con l’indice di riferimento Star che ha guadagnato il 10 per cento nel mese”. Insomma, se non crescerà l’offerta di titoli sul listino si rischia l’effetto bolla. Si spera che le imprese sappiano cogliere l’occasione. Magari una lezione di Elio in Confindustria non farebbe male.
tra debito e crescita