Banche, l'altro guaio dell'Italia
Roma diventa bersaglio della aggressività tedesca. Ora la “colpa” sono le banche zombie
Roma. Dopo la Grecia è l’Italia a essere diventata bersaglio dell’aggressività tedesca e ciò renderà la vita dura al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. I tedeschi erano fissati con il debito come “Schuld”, “colpa”. E ora la “colpa” da redimere sono alcune travagliate banche nazionali. I problemi del governo italiano con gli istituti bancari in crisi – che s’intende soccorrere con capitali pubblici, previo nulla osta delle autorità europee – vengono ingigantiti e usati a Berlino come pretesto per ribadire che Roma dovrà giocare nella Serie B dell’Unione europea. L’andamento del pil negli ultimi dieci anni dimostra che Germania (più 15,9) e Italia (meno 3,9) sono agli antipodi. Per Roma sarà difficile aspettarsi che la Francia (più 9,5 del pil) offra appoggio a una nazione debole per giunta in opposizione a Berlino; anche con una vittoria dell’europeista Emmanuel Macron alla presidenziali di domenica. In vista delle successive elezioni federali tedesche in autunno è poi probabile che le fragilità italiane saranno oggetto di campagna elettorale.
Per quanto avvezzo alle prediche verso i lazzaroni italiani, il giornalista Tobias Piller ha cominciato a suonare la grancassa dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung invitando i politici di casa sua a “riflettere su come rapportarsi con i politici italiani” che “dimostrano regolarmente di essere degni eredi di Macchiavelli, esperti in stratagemmi tattici”. Piller invita a diffidare di una nazione che “ha scelto il ruolo della vittima e predilige gli slogan anti europei” e quindi non può essere “curata” con “l’idealismo europeo di Martin Schulz”, il candidato socialdemocratico alle prossime elezioni federali contro la cancelliera Angela Merkel il quale ritiene che la Germania dovrebbe valutare i benefici che trae dall’Ue e investire di più. La faticosa soluzione alle crisi bancarie rivela che l’approccio duro a cui fa riferimento Piller viene già seguito dall’apparato burocratico tedesco senza bisogno di ulteriori incoraggiamenti.
A fine 2016 il Parlamento italiano ha autorizzato il governo a elargire 20 miliardi di euro per aiutare gli istituti più sofferenti e oberati di crediti deteriorati come il Monte dei Paschi di Siena, la quarta banca nazionale che non era riuscita a raccogliere capitali sul mercato con l’advisor JP Morgan. Sabine Lautenschläger, già vicepresidente della Bundesbank (la Banca centrale tedesca) e prima direttore generale della vigilanza bancaria in Germania, in quanto vicepresidente Single supervisory mechanism (Ssm), l’Autorità della Banca centrale europea che dal 2014 vigila su 125 banche significative dei paesi dell’euro, è intervenuta dicendo che Mps avrebbe avuto bisogno di 8,8 miliardi di euro di nuovo capitale e non più di 5 miliardi come aveva invece da poco attestato lo stesso Ssm.
Dovranno ricorrere alla stampella pubblica anche Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, due piccole banche che vorrebbero fondersi, alle quali il fondo pubblico-privato Atlante, azionista spompato di entrambe, non vuole più dare soldi. L’establishment economico tedesco è guardingo anche in questo caso. Riferendo dell’ultimo congresso dell’Associazione delle banche tedesche – un termometro per valutare l’atmosfera nel settore – il quotidiano finanziario Handelsblatt del 7 aprile scorso ha imputato all’Italia sia di minacciare l’integrità delle regole europee, che limitano gli aiuti di stato alle banche, sia la credibilità dei funzionari deputati a farle rispettare, come il vicepresidente della Commissione e commissario per la stabilità finanziaria, Valdis Dombrovskis.
“Il tira e molla sugli aiuti a tre banche italiane – scriveva la bankenkorrespondentin Yasmin Osman – mina la credibilità di affermazioni di questo tipo. L’Italia vuole, infatti, che le sue banche siano ‘preventivamente capitalizzate’, non sottoposte a risoluzione. Tale possibilità è prevista dalle leggi europee a patto che gli istituti siano solvibili; gli esperti non concordano sul fatto che questo sia il caso”. In effetti non è il caso di scommettere sulla solidità delle banche venete. La Banca centrale europea ha quantificato il fabbisogno di capitale di Popolare di Vicenza (3,3 miliardi) e di Veneto Banca (3,1) per un totale di 6,4 miliardi, che il fondo Atlante ha rinunciato a elargire, come già detto. Spetterà alla direzione generale della Concorrenza presso la Commissione europea, guidata da Margrethe Vestager, decidere se gli istituti rispettano i coefficienti minimi di capitale per operare, in quanto i contribuenti non possono pagare per ripianare perdite pregresse o prevedibili. Di recente le condizioni sono peggiorate e la Commissione è ora in attesa di studiare i conti delle banche per capire se da sole possono stare in piedi. La stessa banca di Vicenza è “incerta” sul fatto che sussistano i presupposti di continuità aziendale necessari a ricevere la ricapitalizzazione precauzionale dallo stato. Se le trattative tra governo e Bruxelles dovessero andare male l’alternativa sarebbe il bail-in che infligge perdite ad azionisti e obbligazionisti. Una procedura sgradita anche in Germania. La conglomerata cinese Hna, appena diventata primo azionista di Deutsche Bank (10 per cento), non fa mistero di volere comprare la Hsh Nirdbank di Amburgo, istituto affossato dalla crisi del trasporto marittimo che Berlino ha finora puntellato con interventi preclusi dalla procedura di bail-in.