Solo una riforma radicale del sistema risolverà i problemi del settore petrolifero venezuelano
In Venezuela non è necessario partire da zero, perché è possibile imparare dalle esperienze positive realizzate in altri stati dell'America latina e adattarle alla realtà del paese
Anticipiamo un estratto dell’articolo di Francisco Monaldi, ricercatore in Politica energetica latinoamericana presso l’Istituto Baker per le Politiche pubbliche della Rice University di Houston, nonché direttore e fondatore del Centro per l’Energia e l’Ambiente presso l’Iesa di Caracas, pubblicato nell’ultimo numero di Oil Magazine. Dal 20 giugno, in edicola con Il Foglio.
La produzione nel settore petrolifero è diminuita del 12 percento nel 2016. La compagnia petrolifera nazionale (Pdvsa) ha gravi problemi di liquidità: ha accumulato significativi arretrati con fornitori e partner e ha difficoltà a pagare gli obbligazionisti. Sebbene il crollo del prezzo del petrolio nel 2014 abbia peggiorato la situazione, il settore presenta gravi problemi da più di un decennio. La produzione è diminuita di oltre un terzo rispetto ai livelli massimi raggiunti alla fine degli anni Novanta. Il paese ha sprecato un’enorme opportunità per aumentare gli investimenti e la produzione nel corso del boom del prezzo del petrolio dello scorso decennio. Fortunatamente per il Venezuela, che fa molto affidamento sulle esportazioni di petrolio e sui ricavi fiscali, il settore ha la possibilità di recuperare.
Il paese vanta le maggiori risorse petrolifere non convenzionali del mondo, le maggiori riserve accertate di petrolio convenzionale in America latina e un ingente potenziale in termini di gas naturale. Inoltre, l’esperienza dei paesi latinoamericani limitrofi dimostra che le riforme istituzionali possono attirare nuovi e importanti investimenti. Il Brasile, la Colombia e più recentemente il Messico hanno realizzato alcune riforme del proprio settore petrolifero ottenendo notevoli risultati. Queste riforme sono state pensate per offrire regole affidabili agli investitori stranieri, rafforzare la capacità di regolamentazione dello stato e riorganizzare la Pdvsa.
Per questo in Venezuela non è necessario partire da zero, perché è possibile imparare dalle esperienze positive realizzate a livello regionale e adattarle alla realtà venezuelana, alle sue risorse abbondanti e in gran parte non convenzionali, ai suoi vincoli politici e sociali e alle diverse condizioni istituzionali che si verificheranno una volta iniziata la riforma. Dopo un ottimo inizio alla fine degli anni Novanta, quando gli investimenti stranieri avevano aggiunto più di un milione di barili al giorno alla produzione, l’industria petrolifera del Venezuela è entrata in un periodo di declino. Tra le diverse cause di questo declino, quattro sono particolarmente importanti:
1) A causa del conflitto politico tra il presidente Chávez e il team di gestione della compagnia petrolifera nazionale, nel 2003 circa la metà dei dipendenti fu licenziata, compreso un gran numero di dirigenti e personale tecnico.
2) Nel 2005-2007 il governo forzò la rinegoziazione dei contratti con le società estere, cambiò le condizioni fiscali e nazionalizzò alcuni progetti. Il modo arbitrario con cui l’espropriazione fu gestita continua ad avere effetti negativi sugli investimenti esteri del settore petrolifero.
3) Nel 2008-2009 alcune società di servizi sono state nazionalizzate e la Pdvsa ha creato una divisione servizi estremamente inefficiente e corrotta.
4) Il governo ha sistematicamente vampirizzato la compagnia petrolifera nazionale, privandola dei fondi necessari a reinvestire, persino negli anni in cui il prezzo del petrolio era elevato.
I sintomi del declino del settore petrolifero non si limitano al crollo della produzione (pari a oltre 1 milione di barili al giorno dal 2008, secondo le cifre ufficiali). La produzione gestita da Pdvsa è diminuita molto più rapidamente della produzione totale ed è stata solo parzialmente compensata dagli aumenti della produzione dovuti alle joint venture con società estere. I giacimenti gestiti esclusivamente dalla compagnia petrolifera nazionale producono oggi quasi due terzi di petrolio in meno rispetto ai livelli massimi raggiunti alla fine degli anni novanta e di conseguenza quasi la metà della produzione totale del Venezuela è attualmente gestita da joint venture. Inoltre la produzione venezuelana si è concentrata sempre di più sul petrolio pesante diventando, quindi, meno redditizia. Circa due terzi della produzione attuale di greggio è di tipo pesante ed extra-pesante. Le aree convenzionali sono in rapido declino e l’unica area in crescita è la Orinoco Belt, caratterizzata da un petrolio extra-pesante. Le esportazioni sono diminuite ancor più rapidamente della produzione fino al 2013, quando la recessione economica in atto ha generato un calo dei consumi interni.
La benzina e altri prodotti vengono sovvenzionati in modo massiccio, non coprono i costi di produzione e ancor meno i costi opportunità e, di conseguenza, Pdvsa subisce perdite pesanti in circa un quarto della sua produzione. Le esportazioni nette sono inferiori, dal momento che il Venezuela importa quasi 200 mila barili al giorno di prodotti costosi e di greggio leggero, sia per il mercato interno che come diluenti per le esportazioni di petrolio extra-pesante. Inoltre, una quota significativa del petrolio esportato è destinata a rimborsare i prestiti contratti in cambio del petrolio (la Cina e la Russia sono i creditori principali), i prestiti dei partner delle joint venture e le esportazioni sovvenzionate verso paesi alleati, come Cuba (che sono state recentemente tagliate).
Di conseguenza, la compagnia petrolifera nazionale riceve liquidità da meno di 900 mila barili di petrolio al giorno rispetto ad una produzione totale di circa 2,2 milioni di barili al giorno. La grave crisi di liquidità causata dal crollo del prezzo del petrolio ha peggiorato un percorso finanziario già insostenibile. Il debito finanziario estero di Pdvsa è passato da 3 miliardi di dollari Usa nel 2005 a 44 miliardi nel 2015. Il debito con i fornitori e i partner si è gonfiato fino a superare i 20 miliardi di dollari. Nel 2016 la compagnia ha registrato un deficit di liquidità superiore agli 8 miliardi di dollari Usa, limitando così la sua capacità di investimento. Il numero di impianti petroliferi in esercizio è diminuito del 23 percento nel corso del solo 2016. Nell’ultimo decennio sono stati realizzati pochissimi nuovi progetti petroliferi.
Dall’espansione della produzione di greggio, grazie ai nuovi progetti della Orinoco Belt, si sono ottenuti meno di 100 mila barili al giorno rispetto al milione previsto. I costi per barile dell’industria petrolifera sono notevolmente aumentati a causa di un mix di inefficienza e di supervalutazione del tasso ufficiale di cambio. Il numero di dipendenti della compagnia petrolifera nazionale si è quasi triplicato in un decennio, mentre la produzione è diminuita di un terzo, peggiorando notevolmente il livello di produzione per lavoratore, che è sceso a meno di un quarto dei suoi valori massimi. Anche i rigidi controlli sul tasso di cambio, che hanno prodotto enormi distorsioni nell’economia venezuelana, hanno rappresentato un pesante onere per il settore petrolifero. Negli ultimi anni il crollo drammatico del settore ha portato il governo a essere più pragmatico. Alcuni partner di joint venture convenzionali hanno negoziato nuovi contratti con Pdvsa, offrendo finanziamenti in cambio di un maggiore controllo sui flussi di cassa del progetto. Sono state apportate leggere modifiche al regime di cambio e una maggiore flessibilità dell’imposta sugli utili in eccesso che hanno migliorato le condizioni di alcune joint venture. I partner di alcuni progetti hanno ricevuto un più ampio controllo operativo (...)
Il futuro compromesso
Tuttavia, più che trattarsi di una nuova strategia coerente per attirare gli investimenti, queste iniziative spesso testimoniano di una disperata necessità di liquidità. Di conseguenza, è stato realizzato ben poco in termini effettivi di nuovi investimenti e di produzione. Al contrario, alcune decisioni hanno compromesso il futuro dell’industria petrolifera, come ad esempio l’utilizzo di tutte le quote di CitGo, la società di raffinazione statunitense controllata da Pdvsa, come garanzia per uno swap bond e un prestito sottoscritti con Rosneft. I problemi del settore petrolifero non possono essere risolti con modifiche di facciata alle politiche attuali ma richiedono una trasformazione radicale del settore petrolifero venezuelano.
L’obiettivo principale di queste riforme deve essere quello di aumentare gli investimenti nel settore upstream per stabilizzare la produzione petrolifera, invertire il suo declino e, alla fine, ottenere un aumento sostanziale della produzione nel corso dei prossimi due decenni. Tale obiettivo deve essere compatibile con le esigenze fiscali dello stato venezuelano; di conseguenza, una parte significativa dell’investimento deve essere effettuata da società petrolifere private e, quando possibile, integrata da fondi raccolti attraverso la finanza di progetto e il mercato azionario. Inoltre, lo stato dovrebbe limitare i rischi che è necessario assumersi: condividendo un numero maggiore dei suoi progetti più rischiosi con partner qualificati, che sono più preparati a gestire tali rischi e possono offrire tecnologia e know-how. Al fine di attrarre tali investimenti, il quadro istituzionale, contrattuale e fiscale deve essere flessibile, competitivo e allo stesso tempo capace di garantire allo Stato i profitti di congiuntura. Si dovrebbe favorire l’utilizzo di un’offerta competitiva al fine di determinare la quota del governo. Inoltre la compagnia petrolifera nazionale dovrebbe concentrarsi sulla sua attività principale e far convergere la sua limitata capacità di investimento nelle aree a basso rischio/alto rendimento dove non sono necessari partner operativi e gli appaltatori di servizi sono in grado di fornire la tecnologia e l’assistenza necessarie. Pdvsa dovrebbe aumentare la propria professionalità, investendo nel capitale umano, e depoliticizzarsi. Non può continuare a essere una macchina in balìa del partito al potere.